Nel 1915 Debussy intraprese la composizione delle «Six sonates pour divers instruments» ed aggiunse sul frontespizio «composées par Claude Debussy, musicien francais». La sua salute già declinava e giungerà a portarne a termine soltanto tre. Il nazionalismo dell'intestazione, se da un lato rimanda al clima della guerra, dall'altro indica i punti di riferimento del tardo Debussy, affascinato dalla tradizione francese del «grand siecle», da Lulli, Couperin a Rameau. Composta nel 1915 fra Parigi e Pourville, la «Sonata per flauto viola e arpa» è la più eccezionale delle tre sin dalla scelta timbrica. Evidente la mossa antiromantica rispetto al trio classico: pianoforte, violino, violoncello. Al posto del cantabile liricamente esplicito del violino, Debussy adopera l'elegiaco flauto, del quale viene prediletto l'untuoso registro basso. Il canto nasale della viola contrasta colla vocalità tenorile del violoncello; il tinnire arcadico dell'arpa soppianta l'eloquenza del pianoforte romantico. Il descrittivismo della natura romantica, che aveva lasciato la sua traccia fin nel Debussy impressionista, cede il posto ad una scrittura mobile, ad un mosaico elegiaco o pastorale, cui l'armonia conferisce lo straniamento dell'esotico.
L'utopia di un ritorno a Watteau si precisa un attimo nel «Tempo di Minuetto», denominato «Interlude»; poi il «Finale» raduna l'estro di una scrittura pressocché atematica nella istantaneità delle immagini musicali, nel cui equilibrio la dialettica dell'arte classica par si dissolva per sempre.
Gioacchino Lanza Tomasi