Con la suite Pour le piano, pubblicata nel 1901, giungiamo a un'opera di transizione nel linguaggio pianistico di Debussy: da una parte le influenze dei clavicembalisti francesi (evidenti soprattutto nel Prélude e nella Toccata), e l'influsso del pianismo di Satie (Sarabande), dall'altra la ricerca di una cifra compositiva originale. Il primo brano, Prélude (Assez animé et très rythmé) mostra per la prima volta in Debussy quegli aspetti di virtuosismo pianistico che ritroveremo nella sua produzione successiva: lo slancio ritmico è evidente già nella presentazione del tema principale, subito seguito da una brumosa melodia che sale dal basso e soprattutto nella ripresa dello stesso tema, esposto ora in fortissimo con accordi a due mani alternati a feroci glissando a tutta tastiera. La sezione centrale, tutta giocata sul registro acuto del pianoforte, è più pacata e precede la ripresa dei temi iniziali. Nel finale Debussy rende omaggio alle cadenze toccatistiche di settecentesca memoria.
La Sarabande fu composta qualche anno prima degli altri due pezzi, verso la fine del 1894, ed è una pagina delicata e suggestiva, elegante nel regolare incedere ritmico e affascinante nelle morbide e sfumate armonie. Alla prima parte, nella quale udiamo il motivo principale, fa seguito una sorta di nostalgica trenodia che permea della propria malinconia anche la ripresa del tema principale con la quale si conclude la pagina.
La suite viene conclusa da una Toccata di grande brillantezza sonora, nella quale sentiamo viva la reminiscenza dei clavicembalisti settecenteschi, Scarlatti in testa. La prima parte è una sorta di velocissimo moto perpetuo, mentre la sezione centrale, pur nell'incessante gioco di veloci arpeggi della mano destra, presenta uno struggente motivo nel registro medio-grave del pianoforte. Un episodio di elaborazione dell'incipit del moto perpetuo iniziale conduce poi alla ripresa della prima parte e al finale, virtuosistico e di grande effetto.
Alessandro De Bei
La semplicità del titolo, Pour le piano, contrassegna questa pagina, inconsueta nel repertorio pianistico di Debussy, composta nel 1896 durante gli anni di lavoro al Pelléas et Melisande. Nessuna indicazione letteraria o naturalistica, non il fascino di quei titoli debussiani che introducono, ad esempio, Preludes, in forma di incipit poetico in prosa; ma sotto il velo della semplicità, traspare il riferimento alla musica antica per strumento a tastiera o per liuto, non senza quel tocco nazionalistico che corregge spesso l'ostentato anticonformismo di Monsieur Croche.
La parte centrale della suite, Sarabanda, venne composta in prima versione nel 1894, con questo commento dell'autore: «In tempo di sarabanda, cioè con eleganza grave e lenta, in stile vecchio ritratto, tipo ricordo del Louvre». Il modello più vicino e più suggestivo, rispetto a quelli di Couperin e di Rameau, era stata però la Sarabanda composta da Erik Satie nel 1887, poco prima che l'autore di Parade e animatore del cabaret «Chat noir» contasse fra gli ascoltatori abituali il giovane Claude degli «années de bohème». La suite, nata intorno alla Sarabanda con altri due movimenti, Preludio e Toccata, non è un calco sul modello antico, e tanto meno un esempio di musica al quadrato, inconcepibile per Debussy; è soltanto una rievocazione, dove esistono tracce evidenti del linguaggio nato dai trionfi pianistici dell'Ottocento, sovrapposto alle gracili ed antiquate grazie liutistiche della suite. La scrittura virtuosistica, di stampo ancora lisztiano, e i richiami grafici e timbrici ai modelli antichi si fondono in una pagina che è anche il precedente ad esperienze debussiane della maturità come gli Études e soprattutto come la conclusiva Suite en blanc et noir, in cui il compositore tornò al puro strumentalismo pianistico, senza sottintesi.
Claudio Casini