Trois chansons de Charles d'Orléans

per coro misto a cappella, L 99

Musica: Claude Debussy (1862 - 1918)
Testo: Charles d'Orléans
  1. Dieu qu'il la fait bon regarder - Très modéré, soutenu et expressif (sol maggiore)
    Composizione: aprile 1898
    Dedica: Lucien Fontaine
  2. Quand j'ai ouy le tambourin - Modéré (fa diesis minore)
    Composizione: 1908
  3. Yver, vous n'estes qu'un villain - Alerte et gai (mi minore)
    Composizione: aprile 1898
    Dedica: Lucien Fontaine
Organico: coro misto senza accompagnamento
Composizione: 1898 - 1908
Prima esecuzione: Parigi, Salle de l'Université des arts, 25 marzo 1909
Edizione: Durand, Parigi, 1908
Guida all'ascolto (nota 1)

Questa composizione per coro a cappella di Debussy risale al 1908 e fu presentata per la prima volta ai concerti Colonne di Parigi il 9 aprile del 1909 sotto la direzione dello stesso autore: suscitò interesse, curiosità ed anche qualche rabbuffo critico che dispiacque al musicista. Infatti il ritorno allo stile polifonico semplice e arcaico del XVI° secolo, quale si ritrova in queste «Chansons», non fu capito da alcuni critici che rimproverarono al creatore del Pelléas di aver scritto un pastiche all'antica in cui l'artista aveva preso la mano sul geniale inventore di nuove armonie. In realtà le «Trois chansons», oltre a richiamarsi al mondo letterario e poetico della vecchia Francia, confermano quel gusto di miniaturista e di cesellatore del suono che resta l'elemento base dell'arte debussiana, così carica di un lirismo penetrante e raffinato, anche quando la declamazione è appena accennata e sembra scivolare nel silenzio.

Queste fresche «Chansons» si articolano in tre brani: il primo di intonazione amorosa (Dieu! qu'il la fait bon regarder!), il secondo di carattere descrittivo (Quant j'ai ouy le tabourin), il terzo ha una linea più patetica e sentimentale (Yver, vous n'estes qu'un villain). Per la prima volta Debussy affronta una forma insolita per il suo estro e il suo temperamento cioè il coro a quattro voci senza alcun accompagnamento strumentale, e bisogna dire che egli ha rispettato il madrigalismo della poesia di Charles d'Orléans, padre di Luigi XIII e più amante delle lettere che della guerra, senza tradire se stesso e il proprio personale linguaggio armonico e contrappuntistico. Secondo gli studiosi di Debussy, la terza è la migliore delle tre chansons per la freschezza melodica e l'abilità dell'artificio corale, ma non si può negare che tutta la composizione rispecchia una modernità di concezione contrappuntistica che unisce alla semplicità del discorso un'attenta ricerca timbrica nelle cangianti inflessioni della declamazione vocale. E' una caratteristica che si mantiene costante nella produzione vocale debussiana, anche quando il musicista si servirà di testi più congeniali alla sua sensiblerie, come quelli di Baudelaire, di Mallarmé e di Verlaine.


Testi

DIEU, QU'IL LA FAIT BON REGARDER!

Dieu! qu'il fait bon regarder la gracieuse bonne et belle; pour les grans biens que sont en elle chacun est prest de la loër qui se pourrait d'elle lasser? toujours sa beauté renouvelle. Dieu, qu'il la fait bon regarder, la gracieuse bonne et belle! par de ça, ne de là, la mer, ne scay dame ne damoiselle qui soit en tous bien parfais telle. C'est ung songe que d'i penser: Dieu! qu'il la fait bon regarder. Dieu! qu'il la fait bon regarder!
DIO, QUANT'È BELLO GUARDARLA

Dio, quant'è bello guardarla, la graziosa buona e bella. Per i grandi doni che sono in lei, ognuno vorrebbe lodarla. Chi potrebbe stancarsi di lei?
La sua bellezza sempre si rinnova.
Dio, quant'è bello guardarla, la graziosa buona e bella.
Di qua, di là dai mari, io non so né di dama o damigella, che sia piena di doni come lei.
E' un sogno pensarci. Dio quant'è bello guardarla! Dio quant'è bello guardarla!
QUANT J'AI OUY LE TABOURIN

Quant j'ai ouy le tabourin sonner pour s'en aller au may, en mon lit n'en ay fait et fray ne levé mon chief du coissin en disant il est trop matin Ung peu je me rendormiray: quant j'ai ouy le tabourin sonner pour s'en aller au may. Jeunes gens partent leur butin de son chaloir m'accointeray a lui je m'abutineray. Trouvé l'ay plus prouchain voisin; quant j'ai ouy le tabourin sonner pour s'en aller au may. En mon lit n'en ay fait affray ne levé mon chief du coissin.
QUANDO HO UDITO IL TAMBURINO

Quando ho udito il tamburino suonare per festeggiare il Maggio, non mi sono mossa nel mio letto, né ho levato il capo dal cuscino. Ho pensato: mi riaddormenterò un poco. Quando ho udito il tamburino suonare per festeggiare il Maggio.
I ragazzi stanno spartendosi il bottino. Io mi contenterò del suo calore. Sarà lui il mio bottino. L'ho trovato vicino vicino, quando ho udito il tamburino suonare per festeggiare il Maggio.
Non mi sono mossa nel mio letto ne ho levato il capo dal cuscino.
YVER, VOUS N'ESTES QU'UN VILAIN

Yver, vous n'estes qu'un vilain. Esté est plaisant et gentil. Esté est plaisant et gentil en témoing de may et d'avril qui l'accompaignent soir et main. Esté revêt champs, bois et fleurs de sa livrée de verdure et de maintes autres couleurs par l'ordonnance de nature. Yver, mais vous, Yver, trop estes plein de nège, de nège, vent, pluye et grézil. On vous deust banir en exil. Point flater je parle plein. Yver, vous n'estes qu'un vilain.
INVERNO, SEI CATTIVO

Inverno sei cattivo. Estate è piacevole e gentile. Lo testimoniano Maggio e Aprile che l'accompagnano sera e mattino.
Estate riveste i campi, boschi e fiori del suo abito di verde e tanti altri colori, secondo l'ordine di natura. Inverno, ma tu Inverno, sei troppo pieno di neve, di neve, vento, pioggia e nevischio. Bisognerebbe mandarti in esilio. Non ti lodo - io parlo chiaro - Inverno sei cattivo.

(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Sala Accademica di via dei Greci, 1 marzo 1974


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Ultimo aggiornamento 27 febbraio 2014