Nocturnes

trittico sinfonico per coro femminile e orchestra, L 98

Musica: Claude Debussy (1862 - 1918)
  1. Nuages - Modéré (si minore)
    Organico: 2 flauti, 2 oboi, corno inglese, 2 clarinetti, 3 fagotti, 4 cors, timpani, arpa, archi
  2. Fètes - Animé et très rythmé (fa minore)
    Organico: 3 flauti, 2 oboi, corno inglese, 2 clarinetti, 3 fagotti, 4 corni, 3 trombe, 3 tromboni, basso tuba, 2 arpe, timpani, piatti, tamburo militare, archi
  3. Sirènes - Modérément animé (si maggiore)
    Organico: 3 flauti, oboe, corno inglese, clarinetto, 3 fagotti, 4 corni, 3 trombe, 2 arpe, archi
Composizione: dicembre 1897 - dicembre 1899
Prima esecuzione: Parigi, Concerts Lamoureux, 27 ottobre 1901
Edizione: Fromont, Parigi, 1900
Dedica: Georges Hartmann
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Sui Nocturnes Debussy scrisse questo testo di presentazione: «Il titolo Nocturnes vuole assumere qui un significato più generale e soprattutto più decorativo. Non si tratta dunque della forma abituale del Notturno, ma di tutto ciò che la parola contiene di impressioni e di luci particolari. Nuages: è l'aspetto immutabile del cielo con la lenta e malinconica processione delle nuvole, che termina in una grigia agonia dolcemente tinta di bianco. Fétes: è il movimento, il ritmo danzante dell'atmosfera con bagliori di luce improvvisa, è anche l'episodio di un corteo (visione abbagliante e chimerica) che passa attraverso la festa e vi si confonde; ma il fondo rimane, ostinato, ed è sempre la festa con la sua mescolanza di musica, di polvere luminosa, che partecipa a un ritmo totale. Sirènes: è il mare e il suo ritmo innumerevole, poi, tra le onde argentate di luna, si ode, ride e passa il canto misterioso delle sirene». Il titolo dunque ha un significato non tradizionale, e vuoi evocare «impressioni e luci particolari»: non si allude più ad alcuna «azione», nemmeno a quella incerta, sospesa fra sogno e realtà, delle voluttuose fantasie del fauno. All'ascoltatore non viene proposto né un «programma» né un riferimento formale noto: si suggerisce una dimensione senza luogo e senza tempo, in una luce incerta come quella del crepuscolo. Si può capire l'irritazione di Vincent D'Indy quando lamentava l'impossibilità di inserire i Nocturnes in una categoria tradizionale: «Sonata. Niente affatto... Suite. Neppure. Poema sinfonico. Nonostante i titoli..., nomi assai vaghi, nessun programma letterario, nessuna spiegazione di ordine drammatico può autorizzare i mutamenti improvvisi di tonalità e le escursioni tematiche piacevoli, ma non coordinate di questi tre pezzi...».

In Nuages non c'è davvero più traccia di percorsi che conducano da un punto a un altro secondo una logica discorsiva, che «tendano» a un punto d'arrivo o a un culmine. In un tempo musicale che si definisce con un significato nuovo la forma appare costruita, per così dire, con il movimento di superfici sonore dai colori cangianti, dalle mutevoli sfumature timbrico-armoniche. La tripartizione che si coglie anche a un semplice primo ascolto non ha nulla a che vedere né con uno schema esposizione-sviluppo-ripresa né con altri tipi di forme legate alla successione ABA'. Nuages inizia con un andamento quieto e uniforme (singolarmente affine a quello delle prime battute di una lirica di Mussorgskij, la terza del ciclo Senza sole): sonorità grigie e vuote sono evocate da clarinetti e fagotti con un andamento ostinato che si interrompe quando per la prima volta il corno inglese intona il tema principale, che non conoscerà mai sviluppo, e riapparirà ogni volta quasi identico a se stesso, oggetto solo di piccole, ma raffinatissime varianti.

Lo svolgimento della prima parte di Nuages dovrebbe essere descritto seguendo momento per momento il succedersi delle intuizioni timbriche, delle combinazioni strumentali, delle armonie, il trascolorare delle superfici sonore, il mutare della luce. Solo con molta approssimazione si potrebbe paragonare a uno sviluppo la sezione che inizia alla battuta 32. Dopo 63 battute il flauto e l'arpa all'unisono introducono un nuovo tema. Il tempo diviene «un peu animé», ma l'andamento fondamentale resta lo stesso e l'effetto non è quello del contrasto segnato dalla sezione centrale di un pezzo tripartito: ci troviamo di fronte semplicemente a un nuovo episodio, a nuovi colori, ad altre luci. E così quando riascoltiamo il tema del corno inglese, questo ritorno non produce l'effetto di una ripresa (che sarebbe comunque troppo breve e frammentata). Il frammentario ritorno di diversi elementi, quasi disfatti in un lento trascolorare, evoca il riapparire dell'ombra, il dissolversi in un tempo sospeso, così che il movimento circolare del pezzo sembra aprirsi a suggerire una prosecuzione infinita.

Fétes presenta una tripartizione nettamente riconoscibile, fondata su una molteplicità di elementi, su una mobilità e una varietà lontane dalla sospesa stupefazione di Nuages. In un flusso continuo, in un ritmo incalzante, in un discorso mobilmente frammentato si collegano elementi tematici diversi, suggerendo uno spazio musicale segnato quasi da continui mutamenti di direzione, uno svolgimento non lineare. Tutto appare irreale e la visione suscita l'impressione di essere ora vicinissima, ora lontana, in un arcano gioco di subitanei mutamenti (di tempo, di dinamica, di situazioni timbriche). Ne potremo indicare soltanto alcuni aspetti.

Su un nervoso ostinato ritmico corno inglese e clarinetti presentano il tema principale della prima parte, con carattere di farandola; ma subito le trombe anticipano per un istante, in ritmo diverso, la fanfara della sezione centrale. Poco oltre un appello degli ottoni segna una prima cesura.

Si profila un nuovo ostinato ritmico «un poco più animato» (con l'alternanza di 15/8 e 9/8); ritorna il tema di farandola; poi si profila un secondo tema all'oboe e la sua prosecuzione sopra un intenso controcanto degli archi dà vita a una complessa sovrapposizione di ritmi e metri. Questa sezione si conclude bruscamente al culmine di un crescendo. Nella parte centrale la «visione abbagliante e chimerica» del corteo è introdotta da una fanfara che man mano sembra avvicinarsi (mentre cresce anche la densità, con la sovrapposizione del tema di fanfara a quello di farandola) per giungere al culmine e dissolversi d'un tratto nella «ripresa», profondamente trasformata, che inizia con il tema di farandola. Una coda dai colori più tenui si immerge nel silenzio tra brevi, frammentati echi, sempre più lontani.

In Sirènes è di nuovo presente una forma tripartita, ma tanto modificata da riuscire più difficilmente riconoscibile. C'è un coro femminile, che evoca, senza testo, la seduzione del canto delle sirene, la seduzione stessa del mare.

Fin dalla prima battuta dell'introduzione i corni propongono una brevissima cellula in ritmo giambico, che funge da elemento unificatore. Il primo tema appare al corno inglese, genera un ostinato mentre le voci cantano una delle loro idee più intense (una seducente melopea, legata al primo tema da rapporti di affinità) e in seguito si trasforma in chiave danzante. Nella sezione centrale, «un poco più lento» le voci intonano una languida trasformazione rallentata del primo tema (mentre la melopea vocale che già conosciamo passa agli strumenti): il clima espressivo diviene quindi più caldo e appassionato, e si placa sul ritorno della melopea vocale.

Gradualmente si ritorna al tempo iniziale e senza cesure nette inizia la terza sezione, una sorta di ripresa. Le voci proseguono il loro seducente «canto di sirene», poi ritorna il languido disegno della sezione centrale e solo dopo una ventina di battute riappare il primo tema, per avviare lo spegnersi del pezzo in echi lontani.

Paolo Petazzi

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

In una lettera al principe Andre Poniatowski del settembre 1892 Debussy parla di una nuova composizione intitolata Trois scènes au crepuscule, che secondo Leon Vallas avrebbe dovuto comprendere tre brani per violino e orchestra, dedicati al famoso violinista belga Eugène Ysaye. Questi pezzi prevedevano un violino solista accompagnato prima dai soli archi, poi da un piccolo complesso di fiati e due arpe, infine dai due complessi riuniti insieme. L'intenzione di Debussy, come è spiegato in una lettera allo stesso Ysaye, era di compiere «una ricerca tra le diverse possibilità che offre un solo colore; quello che sarebbe in pittura uno studio di grigi». Il lavoro non fu portato a compimento; il materiale venne però utilizzato, a partire dal dicembre del 1897, per la stesura dei tre Nocturnes, completati nel dicembre del 1899. I primi due brani dei Nocturnes vennero presentati in prima esecuzione il 9 dicembre 1900 ai "Concerts Lamoureux" sotto la direzione di Camille Chevillard, mentre l'esecuzione integrale avvenne nella stessa sede il 27 ottobre 1901.

Contrariamente alle sue abitudini, Debussy scrisse, in occasione della prima esecuzione dei Nocturnes, una nota esplicativa per sottolineare le sue intenzioni nel comporre questo trittico. «Il titolo Nocturne - dice l'autore - assume qui un significato più generale e soprattutto più evocativo. Non si tratta dunque dell'abituale forma di Notturno, ma di tutto ciò che questa parola suscita come impressioni e come effetti luminosi. Nuages: è l'aspettto immutabile del cielo, con il trascorrere lento e malinconico delle nuvole, che finisce in un'agonia di grigi, dolcemente sfumati di bianco. Fètes: è il movimento, il ritmo danzante dell'atmosfera con dei bruschi lampeggiamenti di luce; è anche l'episodio di un corteo (visione abbagliante e chimerica) che passa attraverso la festa, confondendosi in essa; ma lo sfondo persiste, ostinato, ed è sempre la festa con la sua mescolanza di musica, di pulviscolo luminoso, che partecipa ad un ritmo totale. Sirènes: è il mare e il suo ritmo incessante; poi, tra le onde inargentate dalla luna, si ode, vive e passa il canto misterioso delle sirene».

Nuages (Modéré - Un peu anime) ha l'andamento di un preludio dai colori morbidi e incerti, senza un vero e proprio sviluppo tematico. L'atmosfera piuttosto monotona dominata dalle nubi spazzate dal vento di temporale è lievemente mossa dal suono della sirena di un battello sulla Senna, indicato nella partitura dal breve inciso cromatico del corno inglese, più volte variato e ripreso poi da altri compositori.

Fètes (Anime et très rythmé - Modéré mais toujours rythmé - De plus en plus sonore et en serrant le mouvement) ha la forma tipica dello scherzo, con un trio costituito dalla fanfara annunciata in distanza dalle trombe in sordina, evocanti la guardia repubblicana che suona la ritirata durante le feste popolari nel Bois de Boulogne. Tutto il pezzo ha un ritmo sostenuto e vigoroso fino al martellante incedere del tamburo legato alle luminose sonorità dei fiati.

Sirènes (Módérément animé) è contrassegnata da una tessitura armonica mutevole e cangiante di straordinario effetto impressionistico, anche per l'intervento del coro femminile con i suoi vocalizzi. È una pagina di notevole freschezza emotiva, sostenuta da una invenzione musicale semplice e lineare, ricca di una penetrante forza di suggestione.

Guida all'ascolto 3 (nota 3)

Questi «Notturni» che non hanno niente a che fare con quelli di Chopin, né di altri autori del tempo, sono, secondo il parere di uno dei primi e più autorevoli esegeti di Debussy, uno dei capolavori dell'impressionismo, mentre — è sempre lo stesso critico che parla, si tratta del Laloy — il «Pélleas» sarebbe il capolavoro del simbolismo. Questo avvicinamento dì due movimenti che già si erano ampiamente manifestati nella letteratura e ancor più nell'arte figurativa dimostra che il musicista praticamente, anche secondo il suo parere — di cui il Laloy non era che un portavoce — si sentiva vicino sia all'uno che all'altro, per assumere una sua indipendenza creativa. E come il «Pelléas» ha suscitato interi volumi di commento e di spiegazione, così anche su questi «Notturni», come sul successivo trittico orchestrale «La mer» (Il mare) ci sarebbero da riempire parecchie pagine, se non un intero volume.

Il Laloy osserva che qui, intanto, per la prima volta Debussy impone alle sue composizioni un titolo. Ma si sa che questo voleva essere una indicazione orientativa, non una specie di «programma». Il tema del primo «Notturno» (Nuages) sembra suggerito dai tocchi leggeri, dalle sfumature delicate di una tela di pittore impressionista. Non c'è in tutto il pezzo un solo accento forte, drammatico. Tutto scivola via con una labilità degna appunto di una nuvola. Ma proprio a proposito di questo pezzo converrà ricordare all'ascoltatore un episodio, non molto noto: trovandosi una volta, quando era già un compositore celebre, all'estero, ad essere magnificato in una specie di "toast", a un certo punto Debussy si fece tradurre da un interprete quel che stava dicendo l'oratore ufficiale; questi lo magnificava come «colui che aveva finalmente annientato la melodia». Debussy sbuffò: «Ma se non ho fatto altro in vita mia!». Certo egli non presentava una costruzione architettonica, ammirevole per altra parte, come quella dei grandi musicisti tedeschi. Nelle sue composizioni, particolarmente in queste, non si può parlare di «svolgimento», di «variazione», di ripetizione continua di un tema. La melodia diviene piuttosto frammento melodico, ma ogni «idea», chiamiamola ancora così, si salda perfettamente all'altra in maniera da costituire alla fine una «frase» di una evidenza grandissima. Si badi alla melodia accennata all'inizio dai clarinetti e dai fagotti, dopo cui interviene quasi in un «a solo», il corno inglese, con un «frammento» formato da una terzina e da tre note discendenti ritardate. E si badi a come le melodie si succedano sempre senza la terza che darebbe un troppo chiaro significato di maggiore o minore all'accordo. In altra tonalità, sempre un po' incolore, viene un'altra melodia intonata all'unisono dal flauto e dall'arpa. Poi tutto si perde in una indistinta nebbia sonora, da cui emergono a tratti, in sordina, frammenti delle melodie già accennate.

Senza dubbio «Nuages» è un capolavoro nel suo genere, non meno che «Fètes», nella forma dello Scherzo, del giuoco strumentale, uno dei rari esempi del buonumore del musicista. Terzine e terzine si succedono in una girandola di ritmi in cui però si possono individuare almeno tre temi principali, sinché non si arriva a una inaspettata e improvvisa interruzione annunciata da pizzicati e dalle arpe, su cui si disegna il motivo solenne esposto prima in sordina dalle trombe, poi da tutti gli ottoni, in uno sfoggio di sonorità veramente grandioso. Poi c'è un lento ed efficacissimo diminuendo, sinché tutta la esuberante gioia della festa non si attenua, non senza che echi lontani appaiano di tanto in tanto con un richiamo evidente, ma non «programmatico» ai temi precedenti. È insieme al «Prelude à l'après-midi d'un Faune» il pezzo orchestrale più di frequente eseguito del maestro francese, perché di una efficacia e potenza suggestiva veramente unica. Più di rado viene eseguito «Sirènes», prima di tutto perché occorre oltre all'orchestra un coro di 8 soprani e 8 mezzosoprani, poi perché un intervento vocale «senza parole» in una tonalità difficile era una specie di provocazione per il pubblico del 1901 (si pensi alla data). In realtà Debussy, sempre attentissimo ai testi, riteneva che, se non si doveva intendere neanche una parola, tanto valeva far intonare ai coristi un «a». E aveva ragione. Anche qui si può rilevare la stessa accuratezza e raffinatezza di notazione come negli altri due «Notturni», in più c'è da osservare come il tema intonato dalle Sirene è costituito da due note ripetute in figurazione ritmica differente che poi salgono, cioè procedono in forma ascendente sino à formare solo quattro o cinque note. Pare impossibile che un tema simile abbia tanta forza di suggestione, come avviene invece in questo «Notturno». La somiglianza con forme della melodia gregoriana è risultata evidente appena si è considerato il canto e a parte, lo sfondo orchestrale, colorito e vivace, con tremoli adatti a figurare il mare da cui sorgono le sirene. Anche se eseguito più di rado questo pezzo costituisce un degno coronamento di questo trittico orchestrale, che, quando viene eseguito integralmente, può considerarsi come una sinfonia in tre tempi diversi di carattere, di spirito, di colore ma unificati dall'arte somma del musicista.

Rodolfo Paoli


(1) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 47 della rivista Amadeus
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia;
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 3 novembre 1985
(3) Testo tratto dal programma di sala del Concerto del Maggio Musicale Fiorentino;
Firenze, Teatro Comunale, 8 marzo 1975


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Ultimo aggiornamento 22 novembre 2019