Chansons de Bilitis, L 97

Canti per voce e pianoforte

Musica: Claude Debussy (1862 - 1918)
Testo: Pierre Louÿs
  1. La flûte de Pan - Lent et sans rigueur de rythme (si maggiore)
  2. La chevelure - Assez lent, très expressif et passionnément concentré (sol bemolle maggiore)
  3. Le tombeau des Naìades - Très lent (fa diesis minore)
Organico: voce, pianoforte
Composizione: giugno 1897 - agosto 1898
Prima esecuzione: Parigi, Salle Pleyel, 17 marzo 1900
Edizione: Fromont, 1899
Guida all'ascolto (nota 1)

Le «Trois chansons de Bilitis» costituiscono l'unica conseguenza artistica dell'amicizia fra Debussy e Pierre Louys. Composte, per la parte musicale, fra 1892 e il 1898, furono, per la verità, precedute da tutta una serie di esperimenti, sollecitati dall'intesa intellettuale prodottasi tra un letterato colto e raffinato ed un musicista come pochi altri sensibile a quei linguaggi artistici nei confronti dei quali non era «professionalmente» impegnato. A tanta immediatezza nel comprendersi reciprocamente non corrispose, fra Louys e Debussy, quell'intesa, più volte inutilmente programmata, per arrivare ad una qualsiasi forma di collaborazione (esclusion fatta, come si è detto, per le «Trois chansons de Bilitis»). Nonostante i rapporti personali quasi quotidiani in atto fra i due artisti - e di questi rapporti dà incontestabile testimonianza il ricco epistolario parallelo alla viva amicizia fra scrittore e musicista - Louys e Debussy non realizzarono mai un rapporto che avrebbero voluto trasferire dal settore delle conversazioni e delle lettere a quello della produzione artistica; «fallimento» del quale la maggiore responsabilità va attribuita al musicista, difficile come pochi altri ad accettare soluzioni poetico-musicali di calibratura non perfetta. Lo dimostra l'atteggiamento di Pierre Louys che, nel periodo relativo al progetto di «Cendrelune», letteralmente paralizzato dalle continue obiezioni e richieste di modifiche avanzate dall'amico, chiuse la partita scrivendogli testualmente: «Ecris toi-mème Cendrelune; tu en es parfaitement capable».

La realizzazione del testo poetico delle «Chansons de Bilitis» offrì a Pierre Louys l'occasione di mettere in atto, forte della sua notoria conoscenza delle lingue classiche, un'abile truffa letteraria. Dichiarò pubblicamente di aver trovato occasionalmente un antico testo greco, precisando che delle «Chansons» in questione egli aveva assunto soltanto l'impegno della traduzione in francese. La beffa non riuscì per l'intervento - feroce quanto inesorabile nell'operazione di smascheratura - di un filologo tedesco, il Willamowitz. Dopo di che Debussy, sempre pronto a contestare anche i testi poetici di provenienza non dubbia, si risolse a mettere in musica tre sole di quelle «Chansons» che non pochi studiosi francesi erano indecisi se attribuire a Saffo o a Louys. E infatti la sua raffinata ricerca di un rapporto fra musica e testo, concepito come al solito con quella sensibilità vocale che di lì a poco avrebbe reso possibile un capolavoro come Pélleas et Mèlisande, limitò l'opera del musicista a tre soli dei Canti di Saffo-Louys; e precisamente «La Flùte de Pan», «La Chevelure» e «Le Tombeau de Naiades».

Testo (nota 2)

La Flûte de Pan

Pour le jour des Hyacinthies,
il m'a donné une syrinx faite
de roseaux bien taillés,
unis avec la blanche cire
qui est douce à mes lèvres comme le miel.

Il m'apprend à jouer, assise sur ses genoux;
mais je suis un peu tremblante.
il en joue après moi,
si doucement que je l'entends à peine.

Nous n'avons rien à nous dire,
tant nous sommes près l'un de l'autre;
mais nos chansons veulent se répondre,
et tour à tour nos bouches
s'unissent sur la flûte.

Il est tard,
voici le chant des grenouilles vertes
qui commence avec la nuit.
Ma mère ne croira jamais
que je suis restée si longtemps
à chercher ma ceinture perdue.
Il flauto di Pan

Per il giorno di Giacinto,
egli mi ha donato
un flauto di canne ben tagliate,
unite con cera bianca
dolce alle mie labbra come il miele.

In ginocchio davanti a me, mi insegna a suonare;
ma tremo un poco.
Poi inizia a suonare, così dolcemente
che io lo sento appena.

Non abbiamo bisogno di parole,
tanto siamo vicini;
ma si parlano i nostri canti,
e sul flauto a poco a poco
si toccano le nostre labbra.

Si è fatto tardi;
ecco, già cominciano a cantare
le rane smeraldine nella notte.
Difficilmente mia madre crederà
che sia rimasta per tanto tempo
a cercare la cintura perduta.
La chevelure

Il m'a dit: « Cette nuit, j'ai rêvé.
J'avais ta chevelure autour de mon cou.
J'avais tes cheveux comme un collier noir
autour de ma nuque et sur ma poitrine.

« Je les caressais, et c'étaient les miens ;
et nous étions liés pour toujours ainsi,
par la même chevelure, la bouche sur la bouche,
ainsi que deux lauriers n'ont souvent qu'une racine.

« Et peu à peu, il m'a semblé,
tant nos membres étaient confondus,
que je devenais toi-même,
ou que tu entrais en moi comme mon songe. »

Quand il eut achevé,
il mit doucement ses mains sur mes épaules,
et il me regarda d'un regard si tendre,
que je baissai les yeux avec un frisson.
La chioma

"L'altra notte" mi ha detto "ho sognato,
di avere la tua chioma attorno al collo.
I tuoi capelli come una nera collana
a cingermi la nuca e il petto.

Li sfioravo; e mi sembravano i miei;
e noi eravamo uniti per sempre,
con la stessa chioma, labbra su labbra,
come due piante di alloro con una radice sola.

E a poco a poco sentivo,
tanto erano intrecciate le nostre membra,
che io diventavo te
e che tu entravi in me come il mio sogno."

Non appena ebbe finito di parlare,
mi posò dolcemente le mani sulle spalle,
con uno sguardo così tenero,
che abbassai gli occhi con un brivido.
Le tombeau des Naïades

Le long du bois couvert de givre, je marchais;
Mes cheveux devant ma bouche
Se fleurissaient de petits glaçons,
Et mes sandales étaient lourdes
De neige fangeuse et tassée.

Il me dit: "Que cherches-tu?"
Je suis la trace du satyre.
Ses petits pas fourchus alternent
Comme des trous dans un manteau blanc.
Il me dit: "Les satyres sont morts.

"Les satyres et les nymphes aussi.
Depuis trente ans, il n'a pas fait un hiver aussi terrible.
La trace que tu vois est celle d'un bouc.
Mais restons ici, où est leur tombeau."

Et avec le fer de sa houe il cassa la glace
De la source ou jadis riaient les naïades.
Il prenait de grands morceaux froids,
Et les soulevant vers le ciel pâle,
Il regardait au travers.
La tomba delle naiadi

Attraversavo il bosco coperto di brina;
Piccoli ghiaccioli fiorivano
fra i miei capelli sul viso,
e i miei sandali erano inzuppati
di neve fangosa e compatta.

"Cosa cerchi?" Egli mi chiese
"Seguo le tracce del satiro.
I suoi piccoli passi biforcuti
simili a fori in un bianco mantello."
Mi rispose: "I satiri sono morti."

"I satiri e anche le ninfe.
Da trenta anni non c'era mai stato un così rigido inverno.
Le orme che vedi sono quelle di un capro.
Ma fermiamoci qui, dove sta la loro tomba."

E con il ferro del suo bastone ruppe il ghiaccio
della fonte dove una volta ridevano le naiadi.
Prese alcuni freddi frammenti,
e sollevandoli verso il pallido cielo,
vi guardò attraverso.

(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Sala Accademica di via dei Greci, 8 dicembre 1968
(2) Testo tratto dal sito The Lied, Art Song, and Choral Texts Archive al quale rimandiamo per la consultazione di altri testi


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Ultimo aggiornamento 22 ottobre 2014