Nel 1914, primo inverno di guerra, il re del Belgio Alberto I resiste ai tedeschi. Tra i doni meno utili, ma forse confortanti, riceve una panoplia di musiche di diversi compositori, tra cui questa bifronte operina di Claude Debussy, che nei mesi successivi realizza la trascrizione per orchestra dell'originale per pianoforte, destinata ad una qualche fortuna esecutiva. Debussy patriota, lui che detestava ogni retorica, ogni aspetto "pompier" del lavoro artistico? Un secondo, e ultimo, lavoro viene dedicato da Debussy a quegli anni di guerra, Noël des enfants qui n'ont plus de maìson.
Le opposte, eppure coesistenti, intenzioni del breve lavoro emergono sin dal titolo, che associa l'idea del riposo e del compianto alla volontà di resistenza. Nelle poche battute, si delinea un percorso che transita dal passo dolente dell'avvio, tenuto su sonorità velate, all'affermazione del doppio intervento, prima forte, poi più accennato, della tromba, che schiude la sezione centrale; dove un crescendo dell'intensità orchestrale conduce alla citazione dell'inno nazionale belga, la Brabanconne, e consente una semplice modulazione dal mi bemolle minore al do maggiore. Si afferma un breve passo marziale: condannati dal cortocircuito delle associazioni, attribuiamo immediatamente a Mahler e tromba e marcia. Ma la mano di Debussy ritorna subito lieve, di nuovo si dispiega il velo delle sonorità, la citazione si fa anch'essa eco, la tromba svanisce piano, la berceuse consola gli eroi. Nel pezzo di circostanza (ultima, in ordine cornologico, sua orchestrazione) riconosciamo allora la firma rara dell'autore.
Sandro Cappelletto