Sei cori di Michelangelo Buonarroti il giovane


Testo (nota 1)

PRIMA SERIE

CORO DELLE MALMARITATE

All'altrui spese, donzelle imparate,
All'altrui spese, imparate donzelle,
Per non aver a dir piangendo poi:
Triste, mal maritate!
Quant'era me' per noi
Chiuderci per le celle
Scavezzarci le chiome,
Mutarci abito e nome,
Vestir nero, bigio o bianco,
Arrandellarci il fianco
Di cordigli e di cuoi,
Quant'era me' per noi
Levarci a' mattutini,
Dar mano a' lumicini
Prima che canti 'l gallo!
Cacciarci in un Bigallo,
Entrare in un Rosano,
Metterci in un Majano,
Al Portico, al Boldrone
Darci, o 'n Pian di Mugnone
Farci vestir a Lapo,
O ver ficcare 'l capo
'N un Monticel di buoi
Quant'era me' per noi! Però imparate
E pensateci ben ben ben ben prima,
Che' non vi s'abbia a dir poi, lima, lima.

CORO DEI MALAMMOGLIATI

Chi imparar vuole a tòr moglie
Mastri esperti eccoci qui;
E diciam che chi la toglie
Dato aver vedrà in duo dì
'N una diavola infernale,
'N una zucca senza sale.

Me ne stetti al detto altrui:
Un buon uom mi disse: « Fa »;
Oh minchion, minchion ch'io fui!
Inciampai (e ben mi sta)
'N una diavola infernale,
'N una zucca senza sale.

Ohimè! che per bellezza
Ch'era tutta frondi e fior
Colsi poi frutti d'asprezza,
M'incontrai, ebbro d'amor,
'N una diavola infernale,
'N una zucca senza sale.

Zie, sorelle, madri e nonne
Lo staranno a inzipillar,
E dieci altre mone Cionne
Per finirlo d'affogar
'N una zucca senza sale.
'N una zucca senza sale.

SECONDA SERIE

I BALCONI DELLA ROSA (Invenzione)

Cinque fratelli siam, ch'alla sorella
Facciam serraglio intorno,
Ch'uscendo fuora all'apparir del giorno
Non men d'ogni altra sposa è vaga e bella.

IL PAPAVERO (Capriccio)

Ditemi, per mia fé',
Donne, qual'è quel re
Che non porta corona in giovinezza,
Ma la porta in vecchiezza?

(Dagli «Enimmi»)

TERZA SERIE

IL CORO DEGLI ZITTI

Avvezzi a non veder né sol né cielo,
Usi a non uscir fuor, se non notturni
E feltrati i coturni,
Il crin cinto d'un velo,
In questa sbernia imbacuccati e fitti,
Servimmo un tempo a Plauto ed a Terenzio.
Noi siam, noi siam gli Zitti,
Paggi, messaggi, ostaggi del Silenzio.

Zitti, silenzio, zitti, cheti cheti:
Zitti, silenzio, zitti, uomini e donne:
Zitti come colonne,
Come pali pe' greti,
In fila in fila, diritti diritti,
Vuoi d'Arno o di Mugnon, Sieve o Bisenzio.
Noi siam, noi siam gli Zitti,
Paggi, messaggi, ostaggi del Silenzio.

Zitti, silenzio, zitti, palchi e mura.
Zitti, silenzio, zitti, usci e finestre.
Qua son venti balestre,
Mala di quei ventura
Ch'a scurar l'altrui vista staran ritti,
Per chi apre bocca qua si stilla assenzio,
Noi siam, noi siam gli Zitti,
Paggi, messaggi, ostaggi del Silenzio.

IL CORO DEI LANZI BRUCHI

Addio, bische, addio osterie,
Sì difficili a lasciar:
Addio, patrielastre mie,
Sì soavi a calpestar.
Alla guerra: andar, andar.
Per me qui
Stanza non è
Né per me:
Tu che di'?
Via, pur via, via tutti e tre,
Ohimè! ché dadi e carte,
Strentunar, massar, toppar,
Alle vacche essere in parte
Pentolini rinforzar,
M'hanno fatto gheppio far
Andar giù,
Messo a diacer
'N un forzier
Per mai più
Non potermi riaver.
Lieti, svelti, alto ! alla via:
Diam nel corno a cavalcar.
Stammi allegra, spada mia,
Spera averti a imbriacar
Affettar, sbranar, spallar
Tutto di,
Fia tuo mestier
JE piacer:
Si si si:
Spada mia, quant'hai tu a ber!
(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 16 dicembre 1962


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Ultimo aggiornamento 5 agosto 2013