Kammersymphonie n. 1, op. 9

Trascrizione per quintetto con pianoforte

Musica: Anton Webern (1883 - 1945)
Organico: flauto (o violino), clarinetto (o viola), violino, violoncello, pianoforte
Composizione: Mödling, 3 novembre 1922 - gennaio 1923
Prima esecuzione: Barcellona, 25 aprile 1925
Edizione: Universal Edition, Vienna, 1968
Guida all'ascolto (nota 1)

Dopo essersi cimentato, nei Gurrelieder e nel Pelleas und Melisande, col gigantismo orchestrale dei contemporanei Mahler e Strauss, nella Kammersymphonie (1906) Schoenberg si compiacque di rifarsi, ancora una volta, ad una delle più peculiari tradizioni della Wiener Schule romantica, anzi Biedermeier: quella del grande complesso cameristico ad organico misto d'archi e di fiati, specialmente coltivato dagli Hummel, dagli Spohr e dagli altri numerosi, eccellenti petits maìtres del tempo. Precisazione, questa, utile a definire la personalità e l'attitudine creativa del Nostro, contemperandone l'inesorabile radicalismo novatore con la sterminata dottrina scolastica, la conoscenza e il disperato amore per il passato della civiltà musicale in cui era nato e di cui si sentiva parte.

Se in seguito, in una dichiarazione del 1916, Schoenberg parve manifestare una certa sfiducia nelle reali possibilità solistiche di una compagine di quindici strumenti, dove i fiati sono in preponderanza numerica di dieci contro cinque rispetto agli archi; e se nel 1922 e nel 1935 realizzerà due trascrizioni del brano per orchestra normale, i fatti sembrano felicemente smentire le perplessità dell'autore. Nella versione d'origine, la Kammersymphonie si rivela come un saggio di alto magistero nel trattamento assolutamente cameristico della problematica partitura, la cui trasparenza e la cui nerboruta, scattante chiarezza di scrittura sono soltanto pari alla straordinaria ricchezza di un'invenzione melodica che rispetto a Verklärte Nacht ed anche ai due primi Quartetti risulta più "asettica" e meno scopertamente compromessa da debiti recenti. Il "gruppetto" che, in diversi contesti tematici, percorre da capo a fondo una partitura che condensa continuativamente i quattro movimenti di una sonata classica, da casuale relitto di naufragio wagneriano sembra ormai essere divenuto intenzionale citazione, oggetto amato ritrovato e affettuosamente riproposto. Anche la tensione armonica, immensa, evita vischiosità cromatiche prediligendo la crudezza di un integralismo modulante tanto più eversivo quanto più gravitante in precisi campi armonici dominati dal mi maggiore, tonalità di base. Questo sanguigno capolavoro del primo Schoenberg, forse per la sua esemplare concisione strutturale, i suol finissimi equilibri e la sua esattezza di suono, piacque particolarmente a Webern, che ne realizzò una sottile trascrizione per quintetto di pianoforte con flauto (o violino secondo), clarinetto (o viola), violino e violoncello.

Giovanni Carli Ballola


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 2 aprile 1980


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Ultimo aggiornamento 13 maggio 2016