Threni: id est Lamentationes Jeremiae prophetae

per soli, coro, e orchestra

Musica: Igor Stravinskij (1882 - 1971)
Testo: latino dal Libro delle lamentazioni
  1. De Elegia Prima
  2. De Elegia Tertia:
    1. Querimonia
    2. Sensus Spei
    3. Solacium
  3. De Elegia Quinta
Organico: soprano, contralto, 2 tenori, 2 bassi, coro misto, 2 flauti, 2 oboi, corno inglese, 2 clarinetti, clarinetto basso, sarrusophone, 4 corni, bugle, 3 tromboni, basso tuba, flicorno, tam-tam, arpa, celesta, pianoforte, archi
Composizione: 1957 - Venezia, 21 marzo 1958
Prima esecuzione: Venezia, Sala della Scuola Grande di S. Rocco, 23 settembre 1958
Edizione: Boosey & Hawkes, New York, 1958
Dedica: Norddeutscher Rundfunk, Amburgo
Guida all'ascolto (nota 1)

I THRENI, id est LAMENTATIONES JEREMIAE PROPHETAE, concepiti come un nuovo «Ufficio delle tenebre», furono composti fra l'estate del 1957 e la primavera del 1958. La prima esecuzione ebbe luogo nel settembre dello stesso anno, al Festival di Venezia e fu dedicata alla memoria di Alessandro Piovesan, che per molti anni del Festival Veneziano era stato l'infaticabile animatore.

Anche questo lavoro continua quell'atteggiamento di ascetica rinuncia che il compositore persegue da alcuni anni, nonché l'adozione del metodo di composizione dodecafonico-seriale (in questo lavoro assoluta e rigorosa). Vale a dire che il lavoro è tutto costruito sopra una sola serie di dodici suoni, i quali vengono sottoposti al consueto lavoro di inversione, di riflessione a specchio, di retroversione ecc.: con (nell'ultima parte) alcune lievi e controllatissime «licenze» le quali permettono al compositore di evadere per qualche momento dallo schema originale della «serie». L'insieme vocale è costituito dai sei solisti (Soprano, Contralto, Tenore I e II, Basso I e II) e da un nutrito coro misto. L'organico strumentale elimina i fagotti e le trombe, e richiama in servizio il clarinetto contralto, il bugle (flicorno in si bemolle) e il sarrusofono; oltre a questi, due flauti, due oboi, il corno inglese, due clarinetti e il clarinetto basso, quattro corni, tre tromboni, tuba, pianoforte, arpa, celesta, tam-tam, timpani, violini I e II, viole, violoncelli e contrabassi. Un insieme al quale Strawinski non ricorreva più da molto tempo. Però questa orchestra numerosa non è impiegata per raggiungere sonorità possenti o aggressive come nei lavori giovanili. Il musicista impiega questi strumenti negli impasti più svariati per ottenere una grande varietà di zone timbriche, omogenee o contrastanti, ma in tutta la partitura si trova una sola indicazione di ff. L'insieme è usato con grande sobrietà, quasi con un criterio di ocorchestra da camera».

Delle cinque Elegie in cui si dividono le Lamentazioni di Geremia, Strawinski ha scelto frammenti della prima, della terza e della quinta, nella versione latina della Vulgata, ed ha creato una composizione che si avvicina ai procedimenti di un rituale, intenzione confermata anche dall'architettura generale del lavoro fondata su una implacabile chiarezza di simmetrie e di richiami. Delle tre Elegie di cui si compone il lavoro, la prima è costituita da cinque «episodi»: il primo, il terzo e il quinto presentano tutti l'identica struttura - dopo l'enunciazione del versetto, fatta dal coro parlato, la strofa viene ripresa dal tenore in una specie di «discanto» col flicorno sopra il fondo del coro che dal «parlato» è passato a una sorta di «sillabazione» intonata. Una Diphona (cioè un «contrappunto» di due tenori soli) costisce il secondo e il quarto episodio. La seconda Elegia si divide in tre parti: Querimonia, Sensus spei e Solacium. La prima e la terza parte sono costituite da dodici versetti, trattati a tre per volta con un criterio quasi aritmetico di crescente complessità contrappuntistica; la seconda parte, Sensus spei (dove si esprimono sentimenti di speranza) è di dimensioni più vaste: esattamente il doppio. Coro e solisti si alternano nel canto dei versetti «su una serie di triplici pedali su dodici note diverse, riproducenti una delle forme della fondamentale costellazione dodecafonica» (Vlad). Nell'ultima Elegia il testo non presenta suddivisioni; i due bassi cantano a guisa d'introduzione il titolo: Oratio Jeremias Prophetae: il primo e il secondo gruppo di versetti - il testo è suddiviso fra il coro parlato sottovoce e il canto dei solisti - sono preceduti da un inciso strumentale. Poi tutte le voci si uniscono per cantare, accompagnate dai corni, le ultime parole che concludono il lavoro nel tono di una sommessa preghiera.

Domenico De Paoli


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 5 febbraio 1961


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Ultimo aggiornamento 21 novembre 2016