Sonata per due pianoforti


Musica: Igor Stravinskij (1882 - 1971)
  1. Moderato
  2. Tema con variazioni
  3. Allegretto
Organico: 2 pianoforti
Composizione: Hollywood, 1943 - 1944
Prima esecuzione: Madison, Edgewood College of the Dominican Sisters, 2 agosto 1944
Edizione: Chappell, New York, 1945
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Questa Sonata, composta nel 1493-44, spicca nella produzione dell'ultimo Strawinski per la trasparenza del tessuto musicale, per la sua eleganza, e per la semplicità della sua struttura. Trasparenza e semplicità che, naturalmente, non sono sinonimo di indigenza o faciloneria: tutt'altro, che sotto certi aspetti, senza avere l'importanza di opere maggiori, questo lavoro ci si presenta come uno fra i più significativi dell'ultimo periodo strawinskiano.

Notiamo in esso la riapparizione di temi di sapore popolare russo: privi di quel tono pittoresco di tanto folklore ai quali talvolta anche lo stesso Strawinski è ricorso - ma il carattere espressivo li avvicina a quelli del modello popolare. Tali temi sono sensibili specialmente nel primo tempo, Moderato, quasi interamente basato sopra una sovrapposizione di linee melodiche, le quali evolvono simultaneamente sulla tonica e sulla dominante di fa maggiore, e le dominanti di fa e di do maggiore, ciò che genera una polifonia a quattro voci, estremamente libera, senza che dia mai luogo a una vera politonalità. Il secondo tempo è un Tema con variazioni: il tema, diatonico, semplicissimo, di un vago sapore arcaico, è seguito da quattro variazioni: la prima oppone all'austerità del tema un delizioso motivo in re maggiore ma armonizzato in sol; la seconda, che offre l'esempio di una scrittura pianistica modellata su quella delle Toccate bachiane; la terza è una fughetta a quattro voci di un movimento allegro e deciso; l'ultima, finalmente, snoda la austera polifonia di due voci gravi sulla risonanza di ampie armonie affidate al primo pianoforte. Il finale, Allegretto, combina curiosamente le forme di rondò e del Lied. Anche qui i temi generatori si apparentano per il loro carattere espressivo al modello popolare, del quale hanno la stessa purezza modale: va da sé che, inseriti in una trama contrappuntistica molto libera, ricca perciò di urti e dissonanze, tali temi assumono un carattere alquanto diverso: non tale però da deformarne l'immagine. La struttura contrappuntistica densa ma ariosa e trasparente sempre di questo ultimo tempo mostra una curiosa e mobilissima concezione armonica, ma alla fine le quattro voci risolvono su un aggregato armonico che combina gli elementi dell'accordo di tonica e di quello di dominante, offrendo così all'ascoltatore la chiave dell'opera.

Domenico De Paoli

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

La Sonata per due pianoforti appartiene al periodo americano di Stravinsky, essendo stata composta a Hollywood nel 1943-44. Essa nacque senza una commissione o una sollecitazione esterna, per il puro piacere di scrivere un pezzo dal carattere semplice e discorsivo, di tono quasi privato e affettuosamente effusivo. Neppure l'organico era stabilito sin dall'inizio: Stravinsky cominciò la composizione pensandola per un solo esecutore, ma la adattò poi a due pianoforti quando si rese conto che la scrittura - prevalentemente a quattro voci - lo richiedeva per permettere di dare alle quattro linee dell'articolazione sonora un carattere vocale più limpido e una più salda struttura contrappuntistica.

Come nel caso della Sonata per pianoforte del 1924, il titolo va inteso nel suo significato originario e non in quello limitato alla forma della tradizione classica. Nel primo movimento, «Moderato», lo schema sonatistico è sottinteso ma per così dire distanziato sullo sfondo: i due temi principali, rispettivamente in fa maggiore e in do maggiore, non danno origine ad alcun contrasto o sviluppo culminante in decisive trasformazioni, quanto piuttosto a una elaborazione contrappuntistica di taglio ora vigoroso, teso cioè a stringere le maglie dell'intreccio polifonico, ora disteso, in modo da far uscire alla luce il puro disegno melodico; e conduce direttamente alla ricapitolazione dei due temi in tonalità invertite, cioè do maggiore e fa maggiore.

Il secondo movimento è costituito da quattro Variazioni su un tema diatonico di sapore arcaico, quasi modale, il cui carattere di fuga è immediatamente sottolineato dalla ripetizione in canone per moto contrario. La ricchezza polifonica è qui subordinata a una compattezza sonora che sfrutta l'intera estensione dei due pianoforti. Una figura di ostinato, che compare nel basso del secondo pianoforte verso la metà del tema, costituisce l'elemento principale della prima Variazione; l'intensificazione ritmica della seconda, sviluppata per mezzo del ritmo puntato, si scioglie nella terza in una fughetta brillante e gioiosa: finché nella quarta Variazione il tema ritorna nel basso a ristabilire la compattezza dell'insieme sotto il profilo della densità accordale.

L'«Allegretto» conclusivo, in forma ternaria, presenta una individualità tematica più marcata, nella cui caratterizzazione si sente in modo distinto l'eco di motivi e accenti tipicamente russi. Anche se non si tratta di citazioni riconoscibili di elementi propri della tradizione popolare russa, la qualità espressiva di alcune figure melodiche, soprattutto di quella che nella sezione centrale emerge a circoscrivere un canto teneramente malinconico, ha i tratti inconfondibili dell'evocazione di lontani ricordi dell'infanzia. Come scrive Roman Vlad, «si capisce che inseriti in un'aspra trama contrappuntistica questi temi acquistano un sapore alquanto diverso. Ma dissonanze come quelle che risultano dal sovrapporsi dei vari strati polifonici, non valgono a deformarne l'immagine, ma la dotano di una più profonda dimensione significativa. Alla soavità melodica si mescola l'amarezza degli intervalli armonici conferendo all'evocazione del melos russo un senso di acuto rimpianto che non ne distrugge la dolcezza, ma, al contrario, la rende più struggente». Ed è ancora Vlad a suggerire la chiave di lettura della Sonata per due pianoforti: «uno di quei lavori di Stravinsky nei quali la sua 'recherche du temps perdu' investe anche aspetti passati della sua propria arte».

Sergio Sablich


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 10 aprile 1964


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Ultimo aggiornamento 7 agosto 2015