L'histoire du soldat

Suite da concerto

Musica: Igor Stravinskij (1882 - 1971)
  1. La marcia del Soldato
  2. Il Violino del Soldato
  3. Marcia reale
  4. Piccolo concerto
  5. Tre danze: Tango, Valzer, Ragtime
  6. Danza del Diavolo
  7. Corale
  8. Marcia trionfale del Diavolo
Organico: violino, contrabbasso, clarinetto, fagotto, cornetta (o tromba), trombone, percussioni
Composizione: 1919
Prima esecuzione: Londra, Wigmore Hall, 20 luglio 1920
Edizione: J. & W. Chester, Londra, 1922
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Il balletto L'histoire du soldat, "qui doit ètre lu, joué, dansé", fu composto nel 1918 in Svizzera su un testo francese di C.F. Ramuz (ma il soggetto l'aveva scelto Strawinsky, liberamente traendolo da una delle fiabe raccolte da Afanas'ev), con il proposito di creare uno spettacolo facile, vario, attraente, e soprattutto semplice da allestire. Musicista e letterato, entrambi in difficoltà economiche (dalla Russia sovietica Strawinsky non riceveva più i diritti d'autore), speravano di guadagnare bene dalle molte repliche in teatri grandi e piccoli e perfino nei paesi! Non fu così, almeno per allora (e forse nelle piazze dei paesi svizzeri questo soldato non è giunto mai) - ma era nato un capolavoro, nel quale non ha piccola parte la fredda, beffarda presenza del demonio. Con ammirevole sicurezza dell'effetto sonoro e simbolico Strawinsky ha adoperato gli strumenti più acuti e più bassi di ogni settore, clarinetto e fagotto, cornetta a pistoni e trombone, violino e contrabbasso e, predominante, una nutrita percussione (assegnata a un solo strumentista). La "Grande suite" da concerto, in otto parti, include quasi tutta la musica del balletto e segue fedelmente lo svolgersi dell'azione scenica: l'arrivo del soldato, l'incontro col diavolo, l'ingresso nel palazzo del re, il piccolo concerto, le danze (tango, valzer, ragtime) con le quali guarisce la principessa malata, l'inganno che il diavolo subisce, il grande corale, la marcia trionfale del diavolo violinista, che trascina via con sé il povero soldato. Le voci degli strumenti scompaiono una dopo l'altra e dopo gli ultimi due accordi strappati del violino il suono sinistramente si estingue su tredici battute della percussione.

Franco Serpa

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

La prima rappresentazione dell'Histoire du soldat avvenne il 28 settembre 1918 al Théàtre Municipal di Losanna. Collaboratori di Stravinsky furono Charles Ferdinand Ramuz, autore del testo tratto da un racconto di Afanas'ev, René Auberjonois che disegnò scene e costumi ed Ernest Ansermet cui venne affidata la concertazione e la direzione dell'opera. L'intenzione era quella di creare uno spettacolo di facile allestimento, adatto ad essere rappresentato anche nei più sperduti villaggi svizzeri. Questo carattere "popolare" dell'Histoire - prodotto in verità della più raffinata avanguardia - si riscontra, oltre che nel soggetto, nella presenza didascalica di un narratore, che Stravinsky afferma aver preso in prestito da Pirandello, ma soprattutto nel largo uso di temi e ritmi della musica d'intrattenimento più in voga (Ragtime, Tango, ecc.).

Mentre nel quasi coevo Renard e poi in Les Noces le parti cantate sono inserite nell'orchestra e non hanno riferimenti diretti con i personaggi, nell'Histoire esse vengono del tutto abolite. La trama narrativa è affidata alla recitazione, al mimo, alla danza e all'importante ruolo del narratore. Sulla piccola scena mobile questi si viene a collocare di lato, seduto a un tavolino, mentre al lato opposto, ben visibile al pubblico, è sistemato il piccolo gruppo strumentale. I personaggi sono solo tre: il Soldato, il Diavolo - in una duplice veste recitante e danzante - e la Figlia del Re, parte solo danzante.

Al centro dell'azione è l'eterno motivo faustiano del patto col diavolo: un soldato cede il suo violino al diavolo in cambio di un libro magico, ma quando, sposata la principessa, vuole tornare a casa per rivedere la madre il diavolo se lo porta via al suono di una marcia trionfale. Tema eterno e anche sorprendentemente attuale, come notava lo stesso Stravinsky: «Il nostro soldato nel 1918 fu capito in modo molto preciso come vittima del conflitto mondiale allora in atto, nonostante la neutralità dello spettacolo per altri aspetti. L'Histoire du soldat resta il mio unico lavoro teatrale con un riferimento al mondo contemporaneo».

Al di là della veste scenica, spiccatamente sperimentale, in cui i vari elementi appaiono dissociati piuttosto che fusi, l'aspetto più originale e nuovo del lavoro è il timbro secco e tagliente dell'ensemble strumentale: «Le ristrettezze economiche previste per l'allestimento dell''Histoire originaria mi costrinsero a usare un gruppo ristretto di strumenti, ma questa restrizione non fu una limitazione perché le mie idee musicali erano già orientate verso uno stile strumentale solistico [...]. Il gruppo strumentale dell'Histoire è simile a quello della jazz band perché ogni famiglia strumentale - archi, legni, ottoni, percussione - è rappresentata da entrambi i componenti sia acuti sia gravi». L'organico strumentale comprende infatti un violino, un contrabbasso, un clarinetto, un fagotto, una cornetta a pistoni, un trombone, nonché un nutrito gruppo di strumenti a percussione affidati a un unico esecutore.

Suoni caratteristici dell'Histoire sono, secondo Stravinsky, «lo stridore del violino e le interpunzioni dei tamburi. Il violino è l'anima del soldato e i tamburi sono la diavoleria». Ma è chiaro che ogni singolo strumento ha un ruolo ben evidenziato e spiccatamente solistico.

L'influenza della musica jazz è molto importante nella creazione del particolarissimo linguaggio di quest'opera stravinskiana: «Il jazz significava un suono totalmente nuovo alla mia musica e l'Histoire segna la mia rottura definitiva con la scuola orchestrale russa nella quale ero stato allevato».

Nel 1919 Stravinsky approntò due Suites da concerto tratte da questo lavoro: la prima, che si ascolterà stasera, comprende la quasi totalità delle musiche composte per la rappresentazione, è articolata in nove parti e conserva l'organico originale; la seconda è invece una versione ridotta (cinque brani) e cameristica (violino, clarinetto e pianoforte).

Nella iniziale Marche du soldat, che vede l'ingresso in scena del protagonista, la scansione ritmica regolare del contrabbasso fa da contrappunto alla mobilissima scrittura delle altre parti con frammenti melodici tratti da canzoni popolari, rapide figurazioni arpeggiate e incisi ritmici da fanfara militare.

Un disegno ostinato a note doppie del violino caratterizza il brano successivo, Petits airs au bord du ruissseau (Musiche al ruscello), che corrisponde alla prima scena: il soldato si riposa e si mette a suonare. Il diavolo, in veste di cacciatore di farfalle, si avvicina di soppiatto accompagnato da una melliflua melodia del clarinetto. La successiva Pastorale è un estatico duetto di clarinetto e fagotto nei loro penetranti registri acuti, mentre la chiassosa Marche royale crea un netto contrasto col brano precedente: il soldato entra baldanzoso nel palazzo del re e vi incontra il diavolo, travestito questa volta da violinista. Nella Marche royale, che coinvolge tutti gli strumenti, la cornetta a pistoni ha un ruolo solistico emergente con il suo motivetto bandistico di rutilanti quintine.

Il soldato, che abilmente ha sottratto il violino al diavolo, suona sul corpo del diavolo ubriaco nel Petit concert. Qui compare, insieme al motivo principale della Marche du soldat, un motivo che lo stesso Stravinsky ricollega al gregoriano Dies irae, pur riconoscendo la non intenzionalità del riferimento.

Una volta recuperato il prezioso violino il soldato è in grado di risvegliare la principessa dal suo languido sonno. Per lei suona tre danze: un tango, un valzer e un ragtime. L'effetto è quello di un sorprendente crescendo: dalla sinuosa melodia del violino accompagnato dalla sola percussione nel Tango, si passa alla più ricca strumentazione dell'ironico Valzer e infine alla sfrenata euforia del Ragtime a cui partecipano tutti gli strumenti.

La Danse du diable vede il diavolo costretto a danzare fino allo sfinimento da un soldato momentaneamente vittorioso. Il Grand choral segna il momento delle nozze fra il soldato e la principessa. Nella rappresentazione i periodi musicali, di chiara ascendenza bachiana, vengono intercalati da interventi didascalici del narratore che invita a non desiderare più di quello che si ha.

Uscito dai confini del regno per recarsi al suo villaggio il soldato è di nuovo preda del diavolo e questa volta senza possibilità di appello. La Marche triomphale du diable è il trionfo della percussione che, nel duello finale con il violino-soldato, rimane incontrastata a segnare la supremazia dell'indeterminato, dell'insondabile nelle vicende umane.

Giulio D'Amore


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 6 dicembre 2001
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 9 dicembre 1984


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Ultimo aggiornamento 21 maggio 2015