«Pulcinella fu la mia scoperta del passato, l'epifania attraverso la quale tutto il mio lavoro ulteriore divenne possibile. Fu uno sguardo all'indietro - la prima di molte avventure amorose in quella direzione - ma fu anche uno sguardo allo specchio».
A quella scoperta del passato fu poi dato il nome di neoclassicismo, una definizione che rischia di rendere gelide e accademiche quelle che Stravinsky considerava "avventure amorose" (dunque non veri amori, ma avventure, e tante: un libertinaggio a tutto campo, che dopo il Pergolesi di Pulcinella lo spinse a rivolgere le sue non disinteressate attenzioni a Cajkovskij, a Rossini, a Bach e ad altri ancora). Ma piuttosto che allungare lo sguardo su quello che sarebbe successo dopo Pulcinella, è bene cominciare a vedere quello che era avvenuto prima, per capire quanto deve essere stato sorprendente per i suoi contemporanei quest'improvviso interesse di Stravinsky per la grande civiltà musicale dei secoli precedenti.
Tra il 1910 e il 1913, con L'oiseau de feu, Petrouchka e Le sacre du printemps, Stravinsky aveva dato uno scossone alle abitudini d'ascolto del pubblico della ville lumière che, dopo essere appena riuscito a digerire le delicate nuances timbriche e armoniche di Debussy, si era trovato improvvisamente a doversi confrontare con colori barbarici, ritmi violenti e scale evocanti mondi primitivi estranei alla civiltà musicale occidentale. Subito dopo, la guerra del 1914-1918 aveva frapposto grossi ostacoli all'attività di quel giovane "barbaro" venuto dalla Russia, tanto che il Sacre stesso non fu stampato che nel 1921, mentre Renard e Les noces, nonostante fossero stati già completati durante la guerra, poterono avere la prima rappresentazione pubblica rispettivamente nel 1922 e nel 1923: ma nel frattempo, il 15 maggio 1920, Stravinsky aveva presentato Pulcinella all'Opera, riuscendo nuovamente a sorprendere il suo pubblico con un'altra rivoluzione, più tranquilla e pacifica della precedente ma altrettanto inaspettata. Di tali cambiamenti di fronte sono capaci le persone che hanno un innato senso teatrale, come i grandi artisti, o un infallibile intuito tattico, come i grandi politici: fu anche grazie a queste doti che Stravinsky riuscì a prendere le redini del mondo musicale e a mantenerle per mezzo secolo.
Pulcinella segnò un discrimine non soltanto nell'arte di Stravinsky ma in tutta la musica del ventesimo secolo. Eppure (ma questo è tipico delle "avventure amorose") era nato in modo totalmente casuale: galeotto era stato ancora una volta Diaghilev, il geniale impresario dei "Ballets russes", che aveva sottoposto al compositore una serie di composizioni di Pergolesi (o a lui erroneamente attribuite) perché ne ricavasse un balletto su una trama ispirata a un canovaccio napoletano del 1700. L'impresario dei "Ballets russes" voleva ripetere il successo delle Donne di buonumore e della Boutique fantasque, due balletti su musiche rispettivamente di Domenico Scarlatti e di Rossini, da lui commissionati a Vincenzo Tommasini e Ottorino Respighi negli anni immediatamente precedenti: a Stravinsky, come ai due compositori italiani, chiedeva soltanto di restaurare quelle antiche musiche con un'orchestrazione abile e aggiornata. Le sue indicazioni, precise e vincolanti quanto alle linee generali del balletto, erano invece elastiche riguardo alla realizzazione pratica, e questo permise a Stravinsky d'affermare la propria genialità e d'emergere sui due compositori di cui Diaghilev si era precedentemente servito. Mentre Tommasini e Respighi si erano limitati a una libera trascrizione, Stravinsky con pochi tocchi diede un'impronta assolutamente personale alle musiche di Pergolesi, assimilandole così totalmente che spesso si è tentati di riconoscere la sua mano anche in passaggi che sono invece rimasti sostanzialmente immutati rispetto all'originale settecentesco. Stravinsky stesso osservò che «la cosa più notevole di Pulcinella consiste non tanto nel rilevare quanto sia stato aggiunto e cambiato, ma quanto poco». Le linee melodiche di Pergolesi non sono modificate ma tutt'al più integrate qua e là da alcuni passaggi di raccordo e anche i bassi sono sostanzialmente rispettati, eppure il contributo di Stravinsky è essenziale: infatti, se alcuni pezzi sono rimasti così com'erano senza mutarne la forma, altri vengono del tutto riplasmati, la veste strumentale è interamente rifatta, dissonanze e note "sbagliate" s'infiltrano nell'armonia settecentesca e la regolarità ritmica viene spezzata da accenti spostati, sincopi e tempi bruscamente interrotti. Il risultato è un intrigante e stimolante gioco di scambi e di rimandi, in cui Pergolesi non è più Pergolesi, Stravinsky non è più Stravinsky e diventa difficile se non impossibile capire a chi dei due attribuire la paternità di ciò che si sta ascoltando, se al compositore del Settecento o a quello del Novecento.
Parallelamente alla musica, anche la veste teatrale di questo "balletto con canto in un atto" presentava un simile connubio di moderno e d'antico, perché coreografia e scene erano di Leonide Massine e di Pablo Picasso, mentre il soggetto era ricavato da un canovaccio napoletano ancora più antico di Pergolesi: tutte le ragazze del paese sono innamorate di Pulcinella e i loro fidanzati gelosi s'accordano per ucciderlo, ma l'astuto Pulcinella si fa rimpiazzare da un amico, Furbo, che finge di morire sotto i colpi dei rivali. Pulcinella stesso si traveste da mago e viene a resuscitare il suo sosia. Quando i giovani, che credono d'essersi sbarazzati di lui, si presentano alle loro fidanzate, il vero Pulcinella appare e sistema tutti i matrimoni: egli stesso sposa Pimpinella, con la benedizione di Furbo, ora travestito a sua volta da mago.
La partitura prevede un'orchestra di dimensioni e trasparenza settecentesche (notare che un concertino di cinque soli si stacca dalle file degli strumenti ad arco, secondo lo stile del Concerto grosso) e consta di una breve ouverture e di otto scene. Le musiche di Pergolesi che vi vengono travasate sono numerose, perché alcune scene ne utilizzano più d'una: in realtà soltanto nove di questi pezzi sono autentici (sono tratti dalle opere Il Flaminio, Lo frate 'nnammorato e Adriano in Siria e da una Sonata per violoncello e basso continuo) mentre gli altri fanno parte della grande quantità di falsi pubblicati sotto il nome di Pergolesi subito dopo la sua precoce morte. Autentiche o meno che fossero quelle musiche, Stravinsky vi trovò quel che cercava: un Settecento napoletano sprizzante vivacità ritmica, schiettezza popolaresca e gestualità vivacissima. Tutta quella musica gli sembrava animata da ritmi danzanti, che egli assorbì nel suo Pulcinella che, pur essendo infinitamente meno violento e aspro del Sacre du printemps, è egualmente innervato da una pulsazione ritmica irrefrenabile e tagliente.
Questa musica costruita sulla base di una musica preesistente non è un pastiche o un ibrido stilistico, perché quando «i vocaboli formali del passato vengono completamente rifusi nel crogiuolo della sensibilità e del gusto di un artista appartenente ad un'epoca posteriore, essi possono benissimo ricevere una nuova investitura significativa e comporsi in opere nuove e originali» (Roman Vlad). Una tale capacità di forgiare il nuovo a partire dalla tradizione è un aspetto fondamentale e modernissimo del camaleontico genio di Stravinsky.
Mauro Mariani