Una realizzazione interamente danzata dell'«Orfeo e Euridice» di Gluck, prodotta nel 1936 a New York, aveva indotto Balanchine a sollecitare Igor Stravinski alcuni anni dopo a comporre un balletto sul mito di Orfeo. A Stravinsky, che varie volte si era interessato ai miti greci («Oedipus Rex»/1927, «Apollon musagète»/1928, «Persephone»/1933, «Agon»/1957), piacque l'idea. Il musicista e Balanchine seguivano il noto mito del cantore tracio Orfeo senza tuttavia stendere un libretto. La prima assoluta avvenne il 28 aprile 1948 al City Center di New York per conto della Ballet Society (che più tardi divenne il New York City Ballet). Scene e costumi erano di Isamu Noguchi.
Per la realizzazione della prima europea dell'«Orfeo» Stravinsky ha pensato ad Aurelio M. Milloss il quale lavorava in quel periodo a Buenos Aires. Grazie all'aiuto di Ferdinando Ballo, allora Direttore artistico della Biennale di Musica Contemporanea di Venezia, è stato possibile presentare la prima europea nello stesso anno. E così la prima assoluta della versione coreografica di Milloss dell'«Orfeo» ebbe luogo il 9 settembre 1948 al Teatro La Fenice di Venezia insieme alla prima assoluta del balletto «Marsia» (Dallapiccola - Milloss). La stessa edizione venne in seguito rappresentata a Madrid e Barcellona.
Nel 1949 l'«Orfeo» venne eseguito per la prima volta nella versione coreografica di Milloss anche al Teatro Colon di Buenos Aires e un anno dopo il lavoro andò in scena al Teatro dell'Opera di Roma. Milloss ha poi ripreso perfezionandola la sua coreografia per l'«Orfeo» all'opera di Stato di Vienna, dove apparve il 15 marzo 1974, ed è in questa forma che egli Io presenta ora al XXXVII Maggio Musicale Fiorentino.
Stravinsky scrisse la musica per l'«Orfeo» nel 1947, cioè nello stesso periodo in cui nacque la «Messa» per coro misto e doppio quintetto a fiato. Un anno dopo il musicista cominciò coi primi abbozzi per «La carriera di un libertino». Il carattere antico, mitico dell'argomento, indusse il compositore ad impiegare le scale della musica greca. La polifonia perciò si libera sovente dalle catene della tonalità. Due particolarità della strumentazione meritano di essere messe in risalto. La prima riguarda l'uso degli ottoni: come vuole la tradizione, da Monteverdi in poi, essi raffigurano i terrori del Tartaro. L'altra sta nell'impiego dell'arpa come simbolo musicale della lira orfica.
La travolgente danza delle furie con la sua strana, soppressa inquietudine, offre un contrasto efficace con l'«air de danse», con la quale il protagonista placa le forze infernali accompagnandosi sulla lira, ai cui suoni si associa la melodia di un oboe nello stile pastorale del settecento italiano.
Un minaccioso interludio precede la danza delle baccanti che si precipitano su Orfeo e lo dilaniano. Con i suoi ritmi spezzati questo brano ricorda il principio ritmico che presiede la «Danse sacrale» e che tuttavia assume qui una fisionomia nuova, rimanendo sempre in penombra persino quando, per l'unica volta, la dinamica raggiunge il «fortissimo» per essere subito arrestata alla visione di Orfeo fatto a pezzi. Due episodi apparentemente simmetrici racchiudono l'opera con un'austerità dorica.
Con quest'opera il sessantacinquenne Stravinski ha compiuto una delle sue più felici metamorfosi. Nell'«Orfeo» si è veramente accostato allo spirito del mondo antico dal quale il convenzionale «Apollon Musagète» del 1928 era tanto lontano. Un poco meno che nella «Messa» si rivela anche nell'«Orfeo» una strana fusione fra tendenze barocche e caratteristiche del primitivismo che a volte vengono adombrate da altre forze per essere sempre di nuovo ristabilite dall'uso di determinati temi.
Milloss rinuncia nel finale dell'«Orfeo» all'apparizione di Apollo di persona, soluzione adottata nella precedente realizzazione newyorkese, poiché egli considera, basandosi sulla musica di Stravinski, il finale come una specie di variante risolutiva dell'introduzione. Una grande apoteosi creerebbe un contrasto insanabile con l'intimismo di questa atmosfera musicale. E così Milloss ha optato per fare apparire Apollo sotto una delle sue altre forme, scegliendo il simbolo del sole in corrispondenza alle tendenze baroccheggianti della musica stravinskiana. È una delle massime che informano il modo di lavorare di Milloss rispettare pienamente ciò che è scritto sulla partitura, farne emergere l'essenziale e far rivivere nella coreografia le strutture musicali. Stilisticamente Milloss segue lo spirito del classicismo del balletto, eliminando cioè le influenze del balletto romantico, e rigenera gli elementi tradizionali settecenteschi con un repertorio di movimenti derivanti dagli sviluppi del nostro secolo, con aperti riferimenti al presente.
Gli stilemi barocchi della partitura di Stravinski si riflettono anche sulla componente visiva del balletto. La versione viennese e l'attuale edizione fiorentina seguono principalmente quella del 1948 con piccoli cambiamenti, però, dovuti anche al fatto che questa volta scene e costumi sono stati creati dal pittore greco Pantelis Dessyllas. Anche alcune evoluzioni coreografiche sono state adeguatamente variate ed ampliate rispetto alla prima versione.
Lothar Knessl