L'oiseau de feu

Terza Suite (versione del 1945)

Musica: Igor Stravinskij (1882 - 1971)
  1. Introduzione
  2. Preludio e danza dell'Uccello di fuoco
  3. Variazioni (Uccello di fuoco)
  4. Pantomima I
  5. Pas de deux: L'Uccello di fuoco e lo Zarevic Ivan
  6. Pantomima II
  7. Scherzo: Danza delle Principesse
  8. Pantomima III
  9. Rondò (Khorovod)
  10. Danza infernale
  11. Ninna-nanna (Uccello di fuoco)
  12. Inno finale
Organico: 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 4 corni, 2 trombe, 3 tromboni, basso tuba, timpani, tamburo militare, xilofono, pianoforte, arpa, archi
Composizione: 1945
Edizione: Leeds Music Corporation
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

La personalità di Igor Stravinskij esplose nel volgere di pochi anni, trasformando in un batter d'occhio l'oscuro musicista di San Pietroburgo nella celebrità del giorno a Parigi. Tra il 1910 e il 1914 Stravinskij compose i tre grandi balletti (L'oiseau de feu, 1910; Petruska, 1911; Le Sacre du Printemps, 1912), attorno ai quali stanno a corona una serie di lavori meno vistosi ma altrettanto geniali (Due poesie di Konstantin Bal'mont, 1911; Zvezdolikij, 1912; Trois Poèmes de la lyrique japonaise, 1913; Pribautki, 1914). Il "caso Stravinskij" non è tuttavia un fenomeno isolato. Il quinquennio 1909-1914 ha rappresentato una sorta di big bang per la musica del Novecento. La serie di capolavori nati in quel periodo è impressionante, dai Drei Klavierstücke (1909) e Pierrot lunaire (1912) di Schönberg a Il castello del principe Barbablù (1911) di Bartók, dalle due serie di Préludes (1909/1913) di Debussy agli Altenberg-Lieder (1911/12) di Berg e le Sechs Bagatellen (1913) di Webern. Questo vertiginoso ammasso di opere ha infatti configurato un nuovo canone estetico e linguistico, come la musica del Novecento ha in seguito ampiamente testimoniato. Oggi, quando le prospettive culturali del nostro tempo sono mutate in maniera radicale, anche quel periodo straordinario ha bisogno di essere valutato con altre misure e nuovi strumenti interpretativi.

I veri eredi della civiltà musicale ottocentesca sembrarono ai loro contemporanei un'orda di barbari. Essi suscitavano scandalo perché rifiutavano di parlare la lingua dell'accademia. Debussy e Ravel si erano seduti sui banchi del Conservatorio ostentando il broncio. Schönberg era un autodidatta, considerato dal mondo musicale viennese con disprezzo come un guru pericoloso. Anche Stravinskij fu a suo modo un irregolare. Il suo maestro Rimskij-Korsakov gli consigliò di non entrare nel Conservatorio di San Pietroburgo. "Studiavo con lui in questa maniera - ricordava il compositore -. Mi dava alcune pagine di una nuova opera che aveva appena terminata (Pan Vojevoda) nella prima stesura per pianoforte: e io dovevo orchestrarla. Allorché ne avevo orchestrata una sezione egli mi mostrava la sua propria orchestrazione del medesimo passo. Dopo averle confrontate mi avrebbe chiesto di spiegare perché egli avesse fatto in maniera differente. Se non ne fossi stato capace, sarebbe stato lui allora a darmi la spiegazione". Non sembra che Rimskij-Korsakov fosse particolarmente colpito dal talento di Stravinskij, ed è probabile che, pur ammirandone l'originalità, non lo ritenesse adatto a una vera carriera professionale. Dal canto suo Stravinskij non era molto tenero verso i compositori da Conservatorio come Max Steinberg, per esempio, il marito della figlia di Rimskij-Korsakov: "Steinberg è uno di quei tipi effimeri vincitori di premi e da prima pagina di giornale nei cui occhi brucia eternamente la presunzione, come una lampadina elettrica in pieno giorno".

Il genio di Stravinskij crebbe libero dai pregiudizi e dai formalismi accademici, e alimentato da una costante curiosità intellettuale verso tutto ciò che lo circondava. Il pittore Alexandre Benois lo descrive così, all'epoca dei Ballets Russes: "Contrariamente alla maggior parte dei musicisti, che sono in genere completamente indifferenti a tutto ciò che non rientra nella loro sfera, Stravinskij era profondamente interessato alla pittura, alla scultura, all'architettura. Benché non avesse una vera preparazione in questo campo, discutere con lui ci era sempre prezioso, perché 'reagiva' a tutto ciò che costituiva la nostra ragione di vita. A quei tempi era un 'allievo' incantevole e colmo di buona volontà. Aveva sete di chiarezza e aspirava senza tregua ad allargare le sue conoscenze. Ma ciò che era più prezioso in lui era l'assenza di ogni dogmatismo".

Stravinskij, come Schönberg del resto, non si riteneva affatto un sovversivo. "S'è fatto di me un rivoluzionario mio malgrado", si lamentava il compositore nella Poétique musicale. Stravinskij non combatteva per la libertà, se la prendeva senza chiedere il permesso. Era un artista privo di catene, di tabù, di pregiudizi. La sua dimensione temporale era il presente, e non aveva alcuna predisposizione a proiettarsi nel futuro; il suo essere "selvaggio" dipendeva in sostanza dall'essere alieno a qualunque poetica precostituita, compresa la propria. "Bacia la mano alle signore nel momento stesso in cui calpesta loro i piedi", come diceva Debussy. I due musicisti si conobbero alla prima dell'Oiseau de feu sul palcoscenico dell'Opera, il 25 giugno 1910. Debussy manifestò per la prima volta a Stravinskij la propria "sympathie artistique", anche se un po' di ruggine affiorava in qualche commento privato. La musica di Debussy fu una delle fonti dell'Uccello dì fuoco, ma le radici di Stravinskij affondavano soprattutto nelle tre principali correnti della musica russa: il mondo filo-occidentale del Conservatorio, il nazionalismo del Gruppo dei Cinque e la figura di Cajkovskij. La morte di Rimskij-Korsakov, nel 1908, sembrò aver liberato Stravinskij da ogni sorta di pudore nei confronti dello stile del maestro. L'Uccello di fuoco è anche un affettuoso congedo dalla musica di Rimskij-Korsakov, di cui sviluppa in maniera ancor più efficace e libera il gusto del colore e il senso del fantastico.

La vicenda fiabesca della lotta tra il mago Katscei e lo zarevic Ivan, incarnazioni rispettivamente del male e del bene, ha largamente oltrepassato la soglia del teatro. L'Uccello di fuoco è diventato popolare anche in sala di concerto, attraverso varie Suite trascritte dallo stesso autore. La più conosciuta è la seconda, del 1919, preparata allo scopo di assicurare i diritti d'autore fuori dalla Russia sovietica e rendere l'orchestra più snella per la sala da concerto. In essa Stravinskij concentra in cinque numeri la musica del balletto, eliminando tutte le parti mimate e di raccordo. Nel 1945, l'autore mise a punto negli Usa una nuova versione, sempre per motivi di diritti d'autore. Questa volta però la revisione fu più profonda, non solo per quanto riguarda l'impiego di un'orchestra ancora più leggera della precedente, ma soprattutto per quanto concerne il profilo della vicenda, con il recupero di parte del materiale originario fino a formare una sequenza di dodici numeri. Il coregrafo Balanchine impiegò per l'appunto questa Suite per la sua nuova versione del balletto, in uno spettacolo del New York City Ballet nel 1949.

Il successo dell'Uccello di fuoco in sala da concerto rappresenta una perfetta testimonianza dell'eccezionale capacità della musica di Stravinskij di fondere la funzione narrativa con l'autonomia del linguaggio. Lo scontro tra il mago e il giovane zar, per esempio, è raffigurato attraverso la contrapposizione tra lo stile cromatico, che esprime il mondo malvagio di Katscei, e lo stile diatonico della figura magica dell'Uccello di fuoco e delle principesse prigioniere. Un'idea di questo tipo era già stata sperimentata da Wagner in Parsifal, con il quale l'Oiseau de feu ha più d'un punto di contatto. All'interno di questo quadro generale, la forza espressiva della musica di Stravinskij nasce da un potente impulso ritmico, che solo in parte deriva dalla tradizione "popolare" delle danze russe. Le parti più spettacolari dell'Uccello di fuoco, come la Danza infernale, mostrano un'idea nuova del movimento, spezzato in una sequenza irregolare di segmenti ritmici, che acquistano a ogni ripetizione un dinamismo sempre nuovo e un carattere differente. Questa forma ritmica variabile, ancora allo stadio germinale nell'Uccello di fuoco, diventerà un paio d'anni dopo l'elemento esplosivo del Sacre du printemps e costituisce il nucleo più originale del balletto di Stravinskij.

Oreste Bossini


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 20 aprile 2013


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Ultimo aggiornamento 1 giugno 2013