Concertino per 12 strumenti


Musica: Igor Stravinskij (1882 - 1971)
Organico: flauto, oboe, corno inglese, clarinetto, 2 fagotti, 2 trombe, 2 tromboni, violino, violoncello
Composizione: 1952
Prima esecuzione: Los Angeles, 11 novembre 1952
Edizione: W. Hansen, Copenaghen, 1953

Rielaborazione del Concertino per quartetto d'archi del 1920
Guida all'ascolto (nota 1)

Il Concertino per 12 strumenti di Igor Stravinsky viene al mondo sotto altra forma: nasce, in Bretagna, nell'estate del 1920, come quartetto d'archi dedicato al Flonzaley Quartet. Arrangiato per un nuovo organico, viene presentato a Los Angeles nel 1952. Nel programma stampato per quell'occasione, il compositore specificava: «Le mie attuali concezioni di questo antico lavoro mi hanno condotto a modificare considerevolmente la disposizione delle battute, a precisarne l'armonia, a fraseggiarla con maggiore evidenza».

Il titolo implica un brano in un singolo movimento, liberamente trattato come un Allegro di sonata, con la sezione concertante - un'autentica cadenza - riservata al violino solo. L'originale quartetto d'archi, così debitore ancora al violino-saltimbanco dell'Histoire du Soldat, si moltiplica in una numerosa, e radicalmente diversa, famiglia strumentale (violino, violoncello, flauto, oboe, clarinetto, corno inglese, due fagotti, due trombe, trombone tenore, trombone basso).

L'abbrivio dell'inizio, i borbottii divertiti, la persistente ostinazione motorista, i richiami esplicitamente ballabili, il gusto caricaturale, le invenzioni gratuite, la fantasia barocca, ancora figlia della recente avventura del Libertino (Venezia, 1951). Barocco ancora, ma più algido nella sua scienza, screziato di ironie che sono sempre la via di ragione all'impietoso Pierre Boulez: «Lui come Picasso hanno raggiunto forse troppo presto la piena maturità, poi, quasi temendone la potenza, hanno trascorso gran parte della successiva esistenza a renderla classica».

Il piacere dell'autocelebrazione non è dunque estraneo all'operina. Ma il principe Igor è generoso anche nei fogli d'album. Il Concertino potrebbe risolversi prima della cadenza finale del violino, plissettato dal pizzicato lieve del violoncello, e cantante come un malinconico richiamo dove nulla più è popolare, febbrile, jazzato.

Ma proprio queste battute estreme sono il ponte immaginato, non ancora gettato, verso le realizzazioni immediatamente successive. L'adesione neoclassica - scelta di "fede" nel momento della barbarie, ancora per la civiltà minacciata? - e il piacere del puro divertissement cedono il posto a suoni più radi, costruiti su una rigorosa successione degli intervalli, a quella "purezza" che sarà la cornice entro la quale si anima, e si individua come personalissima, anche la sua imminente svolta dodecafonica.

Sandro Cappelletto


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 24 ottobre 1997


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Ultimo aggiornamento 7 agosto 2013