Trio per archi n. 2 in si bemolle maggiore, D. 581


Musica: Franz Schubert (1797 - 1828)
  1. Allegro moderato (si bemolle maggiore)
  2. Andante (fa maggiore)
  3. Menuett. Allegretto (si bemolle maggiore). Trio (mi bemolle maggiore)
  4. Rondò. Allegretto (si bemolle maggiore)
Organico: violino, viola, violoncello
Composizione: settembre 1817
Edizione: Breitkopf & Härtel, Lipsia, 1897
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Il Trio in si bemolle maggiore D581 è pervenuto in due versioni, la seconda delle quali fu redatta da Schubert poco tempo dopo la prima. Nonostante la seconda versione appaia sotto vari aspetti un perfezionamento della prima, la tradizione esecutiva, fondata sulla Gesamtaufgabe ottocentesca, ha accordato la preferenza a quest'ultima che è quella, seguita anche nella presente incisione. L'arioso primo tema dell'Allegro moderato viene condotto dal violino; violoncello e viola entrano nel vivo del dialogo con il secondo tema e la chiusa cadenzale dell'Esposizione; segue la replica dell'intera fase espositiva. Lo Sviluppo si articola in due sezioni, basate rispettivamente sul primo e sul secondo tenia; la seconda sezione inizia nella remota tonalità di fa diesis minore grazie a un ardito passaggio enarmonico che lascia presagire la straordinaria sensibilità e finezza nei processi modulanti caratteristica dello stile più maturo di Schubert. Nella Ripresa ritornano, come da copione, il primo e il secondo tema; nella coda si succedono rapidi arabeschi dei tre strumenti.

L'Andante ha struttura ternaria. La prima parte (A) presenta il tema, condotto dalla linea ornamentata del violino; la seconda (B) è avviata da un canone di violino e viola su accompagnamento ostinato del violoncello e prosegue con una breve elaborazione del tema. La ripresa della prima parte (A') offre in conclusione una versione ulteriormente fiorita del tema.

Il Menuetto, in tempo Allegretto, vede ancora il violino accompagnato da viola e violoncello, mentre nel Trio s'impone quale protagonista la viola.

Il tema del Rondò finale, in tempo Allegretto, è molto simile a quello del secondo movimento della Balletmusik n. 1 di Rosamunde D797 (1823); a esso si avvicendano due episodi modulanti con un tessuto cameristico in cui gli strumenti trovano pari dignità e rilevanza.

Cesare Fertonani

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Sono due i Triì per archi di Franz Schubert ma il primo, catalogato col numero 471 dal Deutsch, è in un solo tempo e risale al settembre 1816; il secondo, con il numero 581, venne composto esattamente un anno dopo. L'edizione del primo risale al 1890, quella del secondo al 1897. Per gli archi il maestro viennese compose ancora com'è noto, ventidue Quartetti e un Quintetto, famoso, scritto poco prima di morire. Quello che viene eseguito oggi è il secondo Trio, in si bemolle maggiore.

L'Allegro moderato comincia con una frase incisiva del violino che si ripete nel corso del tempo, nel quale lo stesso strumento predomina con vari slanci, adeguatamente appoggiati dalla viola e dal violoncello. In generale, un movimento molto sereno e scorrevole che avrà anche il suo riflesso nell'Andante seguente. Nella seconda parte, subentra un'idea più severa, caratterizzata soprattutto dal violoncello; poi l'iniziale dolcezza ritorna, però il violino ama manifestare una certa libertà sopra gli altri due strumenti che docilmente lo assecondano. Il carattere scorrevole del lavoro viene confermato dal Minuetto dove si può notare una vena di melanconia, nella parte centrale, caratteristica che si riscontra in molta musica dello Schubert. Più avanti l'idea iniziale del tempo ritorna e riporta tutta la serenità. Il Rondò è una delle tante genuine espressioni dello Schubert che ritroviamo, in abbondanza nei suoi Lieder. Poi il movimento in allegretto acquista maggiore importanza con passi piuttosto complessi del violino, il quale sembra non voglia smentire l'impostazione data ai tempi precedenti. L'estrema eleganza palesata al principio del Rondò si riaffaccia, caratterizzando in modo chiarissimo questo tempo finale del Trio che certamente dimostra un nuovo impegno rispetto ai tempi precedenti. Il clima di Lied appare nuovamente, quindi si esaurisce, concludendo con molta eleganza la bella e spigliata composizione. Non si dimentichi che si tratta di un lavoro scritto a venti anni, prima ancora che il compositore accettasse il posto di maestro di musica presso il conte Esterhazy, ma dopo il fertilissimo periodo delle liriche composte su testi di Goethe, composizioni che attrassero molte attenzioni sul compositore e che indirizzarono non poco la sua via artistica.

Mario Rinaldi

Guida all'ascolto 3 (nota 3)

Composto nel settembre 1817 (da non confondersi dunque con il precedente Trio, pure in si bemolle, del '16), il Trio D. 581 ha costantemente goduto di delicate predilezioni: ancora nella sua tarda monografia l'Einstein lo definisce «un affascinante piccolo lavoro in cui si mescolano con un risultato di estremo interesse lo stile italiano dei primi due movimenti con quello haydino degli ultimi due».

Ben poche testimonianze si hanno sulla genesi dell'opera. Ne dà una sicura notizia Joseph Hüttenbrenner in una lettera da Vienna, del 12 marzo 1868: «Ho ancora un trio per archi originale, composto nel 1817». Precedentemente, il fratello dell'autore, Ferdinand, lo menzionava in una lettera all'editore Diabelli, del 29 novembre 1829, proponendogliene la pubblicazione. Il Trio figura anche nella dichiarazione degli eredi, sempre al Diabelli, del 1830.

Infine, la scoperta di George Grove, durante il famoso viaggio musicale a Vienna, consulente, nientemeno, Arthur Sullivan. Dalla capitale, il Grove elenca, in una lettera festante, alcuni lavori, «tutti molto interessanti»: il Trio espressamente vien poi detto «molto buono» nella relazione di viaggio. La prima esecuzione si ebbe appunto in Londra: St. James's Hall, 15 febbraio 1869. Suonavano Joachim, Blagrove, Piatti.


(1) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato allo speciale n. 52 della rivista Amadeus
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Sala Accademica di via dei Greci, 5 maggio 1972
(3) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 13 marzo 1972


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Ultimo aggiornamento 12 maggio 2015