Serenade, op. 24

per baritono e orchestra da camera

Musica: Arnold Schönberg (1874 - 1951)
Testo: Sonetto n. 217 di Francesco Petrarca tradotto da Stefan George
  1. Marsch: Durchaus gleichmässiges Marschtempo
  2. Menuett: Nicht schnell, aber gesangvoll
  3. Variationen: Andante
  4. Sonnet Nr 217 von Petrarca: Rasch
  5. Tanzscene: Sehr lebhaft
  6. Lied (ohne Worte): Adagio
  7. Finale: Im Marschtempo des 1. Satzes
Organico: baritono, clarinetto, clarinetto basso, mandolino, chitarra, violino, viola, violoncello
Composizione: 3 agosto 1920 - 14 aprile 1923
Prima esecuzione: Vienna, 2 maggio 1924
Edizione: Hansen, Copenaghen, 1924
Guida all'ascolto (nota 1)

La Serenata op. 24, composta fra il 1920 e il 1923, fu eseguita per la prima volta il 2 maggio 1924 in un concerto privato a Vienna. La prima esecuzione pubblica ebbe luogo il 20 luglio 1924 a Donaueschingen. La Marcia, per il suo andamento spavaldo, ricorda analoghe attitudini mahleriane. Essa osserva una sorta di forma sonata e gioca sull'inversione del tema principale. Il Minuetto presenta una fantasiosa elaborazione di un'idea cantabile, che si ripete identica, a ritornello, dopo un più vivace ed energico Trio, e prima di concludere con una Coda. Il terzo brano è costituito da cinque Variazioni, suggellate da una Coda, concepite secondo la tecnica seriale, non però in senso strettamente dodecafonico. Infatti l'austero tema, proposto all'inizio dal clarinetto solo, consiste in una melodia di quattordici note e del suo retrogrado, basata su una serie di soltanto undici note diverse (e dunque ne manca una a completare il totale cromatico, mentre tre delle quattordici vengono ripetute). Il brano centrale della Serenata vuole l'intervento della voce di basso a intonare il Sonetto n. 217 di Petrarca nella traduzione di Stefan George. Lungo tutta la composizione la linea vocale non fa che ripetere, distribuendola con espressione appassionata su ampi intervalli, una serie di dodici note. Ora, siccome a ogni sillaba vien fatta corrispondere una nota e i versi del sonetto sono quattordici, avviene che la serie sia ripetuta dalla voce tredici volte, ma che l'ultima debba lasciarla incompleta, cedendone la conclusione alla breve coda del complesso strumentale. La Scena di danza è un vivacissimo valzer, nuovamente di accento mahleriano, che nella sua sezione centrale, più moderata, in tempo di Ländler, presenta tratti umoristici, fin istrionici e provocatori. Il Lied (senza parole) che segue, è per contro tenero e raccolto nelle sue 26 battute, in cui gli archi con sordina trovano incantevole fusione con le sonorità degli altri strumenti, in un costante pianissimo. Il Finale riprende il ritmo di marcia del primo pezzo, disegnando cosi un ritorno formale che richiama, a conclusione della suite, la sonata; quasi che l'emancipazione della dissonanza e l'abbandono della tonalità, di cui la Serenata è documento, si accompagnino a un rafforzamento dei metodi tradizionali dell'organizzazione musicale.


Testo

Già desiai con sí giusta querela
e 'n sí fervide rime farmi udire,
ch'un foco di pietà fessi sentire
al duro cor ch'a mezza state gela;

et l'empia nube, che 'l rafredda et vela,
rompesse a l'aura del mi' ardente dire;
o fessi quell'altrui in odio venire,
che ' belli, onde mi strugge, occhi mi cela.

Or non odio per lei, per me pietate
cerco: ché quel non vo', questo non posso
(tal fu mia stella, et tal mia cruda sorte);

ma canto la divina sua beltate,
ché, quand'i' sia di questa carne scosso,
sappia 'l mondo che dolce è la mia morte.
(1) Testo tratto dal Repertorio di Musica Classica a cura di Pietro Santi, Giunti Gruppo Editoriale, Firenze, 2001


I testi riportati in questa pagina sono tratti, prevalentemente, da programmi di sala di concerti e sono di proprietà delle Istituzioni o degli Editori riportati in calce alle note.
Ogni successiva diffusione può essere fatta solo previa autorizzazione da richiedere direttamente agli aventi diritto.


Ultimo aggiornamento 4 ottobre 2019