Quartetto per archi n. 2 in fa diesis minore, op. 10

per soprano e quartetto d'archi

Musica: Arnold Schönberg (1874 - 1951)
  1. Mäßig
  2. Sehr rasch
  3. Litanei: Langsam
  4. Entrückung: Sehr langsam
Organico: soprano (nel terzo e quarto movimento), 2 violini, viola, violoncello
Composizione: Vienna, 9 marzo 1907 - 11 agosto 1908
Prima esecuzione: Vienna, Bösendorfer-Saal, 21 dicembre 1908
Edizione: Universal Edition, Vienna, 1912

Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Gli anni che vanno dal 1904 al 1910 sono fondamentali per l'evoluzione artistica di Arnold Schönberg e segnano una trasformazione del pensiero musicale che influenzò tutta la produzione posteriore del nostro secolo. Se con la Kammersymphonie op. 9, composta nel 1906 per 15 strumenti solisti, il musicista si era risolutamente avviato verso un modo d'espressione nuovo, proseguendo quella concentrazione dello spirito della forma-sonata in un tempo unico che già aveva caratterizzato il Primo Quartetto per archi op. 7 del 1905, con il Secondo Quartetto in fa diesis minore op. 10, iniziato nel 1907 e terminato nel 1908, Schönberg abbandona la forma in un solo tempo e pur mantenendo il riferimento a una tonalità d'impianto compie un passo decisivo verso la cosiddetta atonalità. Questo allontanamento dalla tonalità avviene nel corso del pezzo in modo progressivo, quasi programmatico: ognuno dei quattro movimenti conclude con una tonica, che rappresenta una tonalità, ma all'interno di ogni tempo, nella forma ciclica che vi si ripresenta, vi sono molte sezioni che terminano su tonalità d'affinità più o meno lontana da quella d'impianto e le terminazioni rinunciano agli accordi tradizionali della cadenza, evidenziando l'uso di collegamenti armonici extratonali esistenti nei temi. Il primo movimento, per esempio, è un tempo di sonata in cui la dialettica tematica è ancora contenuta entro i limiti di una tonalità (fa diesis minore), ma sembra ruotare su se stessa alla ricerca di una identità sfuggente, evitando di affermarsi per mezzo dello sviluppo ed eludendo lo stesso carattere della ripresa (che inizia in fa maggiore, passando poi solo gradualmente a fa diesis minore). Il secondo movimento, impiantato in re minore, presenta frequenti sconfinamenti in zone prive di un riferimento nell'ambito del sistema armonico tradizionale: è uno Scherzo demoniaco, irruente (il tempo è "molto rapido") e immerso nella tensione espressionista, a cui non si sottrae neppure la citazione, stridente nella sua ironia, di una popolare canzonetta viennese, "O du lieber Augustin". Il terzo tempo è in mi bemolle minore e a sua volta allargatissimo; il quarto e ultimo, pur terminando con un accordo di fa diesis maggiore, manca di armatura in chiave e si muove sostanzialmente nell'ambito della atonalità, di fatto rinunciando a un centro tonale. Questo accordo maggiore che conclude quasi inaspettatamente l'opera è simbolicamente l'ultimo scritto da Schönberg nella sua produzione di questi anni e suggella così irreversibilmente la fine dell'epoca tonale e l'inizio di un periodo compositivo basato sulla emancipazione della dissonanza. «Questo termine - affermò Schönberg molti anni dopo - significa che la comprensibilità della dissonanza viene considerata equivalente alla comprensibilità della consonanza». In realtà, Schönberg era consapevole degli ostacoli che si sarebbero frapposti alla comprensione della sua opera. In uno scritto intitolato "come si resta soli", che rievoca le prime esecuzioni dei suoi lavori, scrive a proposito di quella del Secondo Quartetto, avvenuta a Vienna il 21 dicembre 1908 ad opera del Quartetto Rosè e del soprano Marie Gutheil-Schoder: «Una delle esperienze peggiori la ebbi dopo l'esecuzione del Secondo Quartetto. Il pubblico ascoltò il primo tempo senza reagire né a favore né contro. Ma appena incominciò il secondo tempo, lo Scherzo, una parte del pubblico incominciò a ridere all'apparire di certi disegni che le sembravano strani, e continuò a scoppiare a ridere in molti passaggi di questo tempo [...] Uno Scherzo è il tipo di musica che dovrebbe provocare allegria, e pertanto avrei capito qualcosa come un sorriso là dove ho combinato in modo tragicomico i miei temi su una canzone viennese molto popolare nella città, le cui parole possono essere tradotte così: "Ahimè, povero ragazzo, tutto è perduto", la canzone intitolata O, du lieber Augustin [O caro Augustin]: ma anche questo provocò uno scoppio di risa invece di un sorriso di comprensione. Da questo punto in avanti le cose andarono sempre peggio: sono sicuro che se il Quartetto Rosè avesse eseguito un quartetto di Haydn, il pubblico non avrebbe notato la differenza e avrebbe continuato le sue risate senza senso».

Aggiungendo poco dopo di essersi reso conto che la «tumultuosa opposizione a questo pezzo traeva origine dalle mie idee musicali e dal modo con il quale le avevo espresse», Schönberg mostra una consapevolezza assoluta della novità del suo linguaggio e delle sue scelte radicali. Non per questo se ne fa però un merito. Anzi, per giustificarne la necessità, nel ribadire che la funzione e la derivazione di questi procedimenti «potrà forse essere scoperta in un prossimo futuro», aggiunge semplicemente che «l'autore, nello scriverle, le ritenne gradevoli da un punto di vista psicologico». Si congiungono così i due motivi fondamentali di tali scelte: da un lato strutturali, dall'altro lato interiori. Da questo punto di vista, l'aggiunta negli ultimi due tempi di una voce di soprano che intona due poesie tratte dalla raccolta Der siebente Ring (Il settimo anello, Berlino 1907) di Stefan George non è soltanto una novità formale ma una precisa conseguenza della logica interna del pezzo, della sua grande concentrazione emotiva. Proprio per evitare che questa emotività diventi troppo drammatica, Schönberg struttura il terzo tempo, Litanei (Litania), nella forma del tema con variazioni: la rigorosa elaborazione delle variazioni garantisce l'unità strutturale nel momento stesso in cui esprime, in un perfetto amalgama tra musica e poesia, ogni mutamento di atmosfera e di carattere del testo. La logica tematica è a sua volta garantita dal fatto che il tema stesso risulta da una sintesi trasfigurata dei temi esposti nei movimenti precedenti, tale da portare solo nella prima variazione alla presentazione del tema principale vero e proprio. Queste trasformazioni si presentano ora in forma di melodia, ora in forma di accompagnamento contrappuntistico e armonico. Dopo un totale di cinque variazioni, una coda conduce al punto culminante, decantando l'essenza dei temi combinati in un breve postludio strumentale.

Il quarto tempo, Entrückung (Rapimento), si inizia con una introduzione che illustra la partenza dalla terra verso un altro pianeta. «Il poeta sognatore», scrive l'autore, «ha qui anticipato sensazioni che forse saranno presto confermate nella realtà. In questa introduzione si è cercato di illustrare il liberarsi dalla gravitazione, il passaggio attraverso le nubi a un'atmosfera sempre più sottile, l'oblio di tutte le preoccupazioni della vita terrena». La voce attacca chiarendo questo stato d'animo: «Io sento l'aria di un altro pianeta. Mi scolorano nel buio i volti benignamente a me prima rivolti». E quasi una dichiarazione di poetica, che la musica si incarica di ampliare in un'atmosfera dolce e soave, quasi di mistica rivelazione: come se nel rapporto tra la visione poetica, il significato emotivo della parola e l'espressione sonora, Schönberg ricercasse ora non solo una precisa risonanza e una necessità spirituale ma anche il segno e la verità del proprio linguaggio musicale.

Sergio Sablich

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Nel 1907 il Quartetto Rosé presentò per la prima volta al pubblico il Quartetto In re minore op. 7 di Schoenberg. L'esito, come quello di tutte le altre composizioni schoenberghiane presentate in quegli anni, fu tutt'altro che lusinghiero. Ma il compositore si accinse egualmente a scrivere un secondo quartetto in cui, agli archi, aggiunse anche la voce di soprano che intona due liriche di Stephan George. Tra i vari eventi, biografici e spirituali, che determinarono quel momento particolarmente intenso della produzione di Schoenberg (tra i quali andrà citato almeno il fatto che egli vide formarsi intorno a sé un gruppo di allievi comprendente tra gli altri Berg, Webern, Wellesz e Erwin Stein) andrà sottolineato proprio l'incontro con la poesia di George. Il Quartetto in fa diesis minore op. 10 fu infatti completato nel 1908 poco prima dei quindici George-lieder. Tra l'uno e l'altro lavoro si determinò il definitivo abbandono della tonalità. Mentre infatti le poesie di George sono già, secondo la definizione corrente, atonali, il quartetto segna una fase di transizione. Il primo movimento è ancora rigorosamente basato sulla tonalità di fa diesis minore. Nel secondo tuttavia, pur scritto intorno alla tonica di re, la tensione espressionista si spinge oltre ogni limite usuale: Si; tratta di uno scherzo di sfrenato demonismo al cui culmine compare la citazione di una «canzonetta da strada» viennese: «O dut lieber Augustine». Il suggerimento può essere mahleriano, ma non va dimenticato che l'uso di canzoni popolari e di temi cabarettistici aveva alimentato tutta la cultura germanica dell'epoca, almeno a partire da quel sommo maestro dell'espressionismo che fu Frank Wedekind. Lo stesso Schoenberg aveva scritto all'inizio del secolo per il cabaret letterario berlinese di Ernst von Wolzogen. Dopo questa pagina esasperata il terzo movimento consta di un tema con cinque variazioni. A sua volta il tema è un vero e proprio «estratto» del materiale tematico dei tempi precedenti. Il testo della poesia dì George, «Litanei» tratto dalla raccolta «Der siebente Ring»(Il settimo anello) è esaltato da questa forma. All'unità strutturale che ricompare ad ogni variazione Schoenberg annette infatt! la stessa funzione del Leitmotiv wagneriano. Una flgurazone ascendente apre il quarto movimento. Essa illustra, secondo le parole dello stesso Schoenberg, la «partenza dalla terra verso un altro pianeta» e prepara dunque l'atmosfera «dolce e soave» espressa nella seconda lirica di George, «Entrückung», dalle parole iniziali: «Sento l'aria di un altro pianeta». Sebbene anche questo movimento si concluda con una «tonica che rappresenta una tonalità» esso ormai raggiunge di fatto quella che è stata definita «sospensione tonale». Ma è interessante ricordare che fu ancora lo stesso Schoenberg a rivendicare il valore di «melodia» al suo tema principale. La prima esecuzione del secondo quartetto ebbe luogo a Vienna nel dicembre 1908, sempre ad opera del Rosé. La serata fu burrascósa. Il primo movimento passò senza particolari reazióni. Ma lo scherzo fu sottolineato dalle crescenti risate di scherno del pubblico che raggiunsero il culmine quando fu colta la citazione da «O du lieber Augustin». L'esito infausto fu in pare attribuito ad una cabala montata contro Schoenberg da «un potente nemico». Ma in realtà, come lo stesso compositore dovette ammettere molti anni più tardi, ii tempi non erano maturi per la comprensione di questo lavoro.

Bruno Cagli

Guida all'ascolto 3 (nota 3)

La sera del 21 dicembre 1908 alla sala Boesendorfer di Vienna capitò un fatto del quale i giornali diedero l'indomani ampio rendiconto non già sulle colonne della critica musicale ma su quelle della cronaca. Un nuovo quartetto per archi di Schönberg era stato presentato nella stagione dei concerti in abbonamento suscitando una formidabile bagarre. Fatto strano il Quartetto univa ai quattro strumenti ad arco nei due ultimi movimenti la voce di un soprano che intonava due liriche di Stefan George. La bagarre della sala Boesendorfer è un incidente lontano che stinge perfino nelle cronache del tempo ma il Quartetto è rimasto ed è diventato poco alla volta uno dei favoriti del pubblico. Si tratta indubbiamente di un bel componimento ma di ciò si è preso atto da tanto tempo; c'è però in questa partitura una riserva di energia che può essere innescata e fatta brillare quando scatti una qualche valenza chimica con un componimento contemporaneo. È quello che si è prodotto con il Quartetto per archi che Luigi Nono ha composto nel 1980 su commissione della città di Bonn per il trentesimo festival Beethoven.

Quello che è veramente straordinario è il fatto che i due quartetti si spiegano e si illuminano a vicenda facendo scattare a settantadue anni di distanza un favoloso corto circuito.

Nei suoi quattro movimenti il Quartetto op. 10 di Schönberg rivela una fondamentale bipartizione: si può dire che i primi due esibiscano la dissoluzione dell'antico e gli ultimi due (quelli con le liriche di George) siano percorsi da un fervido sentimento di presagio. Un'opera bifronte dunque nella quale il versante della dissoluzione è tutto venato di crepe e sfaldature che intaccano il principio tradizionale dell'unità compositiva. Ambiguità armoniche sottilissime tramate di enarmonie e continui slittamenti cromatici, ipertrofia tematica nel senso che ciascuna delle quattro parti possiede una pregnanza melodica che si traduce in un fitto intrico della percezione e soprattutto scompaginamento sistematico, rifiuto della dialettica degli sviluppi. Schönberg dichiarò: «In questo quartetto si può constatare un'avversione contro lo sviluppo tradizionale e la tendenza a cambiare l'ordine in una ripresa». L'unità della forma viene irrimediabilmente lesa ma in quell'intrico di temi e modulazioni serpeggiano fortissime tensioni psicologiche. La psicologia come solvente della forma era la grande lezione di Wagner e Schönberg l'aveva imparata benissimo. Il primo movimento, Massig (moderato), svolge questa peripezia attraverso temi principali e secondari che posseggono una fattura classicheggiante, quasi brahmsiana. Nel secondo, Sehr rasch, il solvente di Schönberg tocca altre zone dell'inflessione musicale. I temi vengono sottoposti a un gioco di mascherature che ne esalta il carattere effimero e tra queste maschere, prelevate dal repertorio di Gustav Mahler, compaiono anche quelle della musicalità popolare, l'amaro fondotinta del gusto «Wienerisch». Il giro d'orizzonte degli stili, dalla classicità brahmsiana, al popolaresco, si è concluso nei primi due movimenti: «Helas la chere est triste et j'ai lu tous les livres!».

Litanei e Entrückung sono i titoli delle due liriche di Stefan George cantate dal soprano nel terzo e quarto movimento del quartetto. Ci sono precisi accorgimenti formali per garantire l'accordo di parola e musica e Schönberg precisa: «Con perfetto accordo della musica e del testo poetico la forma segue le grandi linee del testo. La tecnica del Leitmotiv wagneriano ci ha insegnato come variare tali motivi e altre frasi per esprimere ogni cambiamento di atmosfera e di carattere che si incontrano in una poesia... Grazie alla ripetizione di un'identica unità strutturale, le variazioni offrono questo vantaggio. Ma debbo confessare che diversa è la ragione per cui ho adottato questa forma. Temevo che l'emozione drammatica prodotta dalla poesia mi portasse a infrangere i limiti della musica da camera e così speravo che l'elaborazione stretta che esige la tecnica della variazione mi avrebbe impedito di esagerare il tono drammatico dell'opera». Litanei è dunque un movimento in forma di Variazione, rigoroso, preciso quanto si vuole, perfino un poco ascetico nel controllo della scrittura, ma tutto vi risulta incredibilmente fluido e leggero: su un impalpabile incipit tematico Schönberg prescrive «Fluchtig». L'ultimo movimento, Entrückung, contiene esplicitamente la profezia nella famosa terzina iniziale:

Ich fuhie luft von anderem planeten
Mir blassen durch das dunkel die gesichter
Die freundlich eben noch sich zu mir drehten.

(Sento l'aria di altri pianeti/Nell'oscurità impallidiscono i profili/che or ora si volgevano ancora amichevolmente verso di me).

La libertà della scrittura dei quattro archi in una specie di preludio introduttivo è somma: grandi festoni ascendenti stesi dagli strumenti in sordina, suoni impalpabili che paiono una metafora del venir meno della forza di gravità, vago ondeggiare di figure, fugaci ostinati ritmici e poi su un accordo statico la voce che s'insinua come un corpo astrale con un movimento semplicissimo di Corale. Continuando a sfogliare la partitura si vedono ancora cose vecchie e nuove ma tutto è leggero ed etereo, veramente immerso nell'aria di altri pianeti.

Enzo Restagno

Testo
LITANEI

Tief ist die trauer die mich umdüstert,
ein tret ich wieder, Herr! in dein haus.

lang war die reise, matt sind die glieder,
leer sind die schreine, voll nur die qual.

durstende zunge darbt nach dem weine,
hart war gestritten, starr ist mein arm.

gönne die ruhe schwankenden schritten
hungrigem gaume bröclde dein brot!

schwach ist mein atem rufend dem träume,
hohl sind die hände, fiebernd der mund.

leih deine kühle, lösche die brande,
tilge das hoffen, sende das licht!

gluten im herzen lodern noch offen,
innerst im gründe wacht noch ein schrei.

töte das sehnen, schliesse die wunde!
nimm mir die liebe, gib mir dein glück!
LITANIE

Profondo è il cordoglio che mi contrista,
nella tua casa torno, o Signore!

Lungo fu il viaggio, son fiacche le membra,
vuoti gli scrigni, ma piena la pena.

La lingua assetata agogna al vino.
Fu dura la lotta, il braccio è inerte.

Pace concedi ai passi esitanti
al palato affamato sbriciola il tuo panel

Debole è il mio respiro che evoca il sogno,
cave le mani, la bocca febbricitante...

Da' il tuo frescore, spegnigli incendi,
estingui la speme, manda la luce!

Nel cuore braci ardono ancora,
nell'intimo fondo ancor veglia un grido...

Uccidi la brama, chiudi la ferita!
Toglimi l'amore, dammi la tua felicità!
ENTRÜCKUNG

Ich fühle luft von anderem planeten.
mir blassen durch das dunkel die gesichter
die freundlich eben noch sich zu mir drehten.

und bäum und wege die ich hebte fahlen
dass ich sie kaum mehr kenne und du lichter
geliebter schatten - rufer meiner qualen -

bist nun erloschen ganz in tiefern gluten
um nach dem taumel streitenden getobes
mit einem frommen schauer anzumuten.

ich löse mich in tönen, kreisend, webend,
ungründigen danks und unbenamten lobes
dem grossen atem wunschlos mich ergebend.

mich überfährt ein ungestümes wehen
im rausch der weihe wo inbrünstige schreie
in staub geworfner beterinnen flehen:

dann seh ich wie sich duftige nebel lüpfen
in einer sonnerfüllten Idaren freie
die nur umfängt auf fernsten bergesschlüpfen.

der boden schüttert weiss und weich wie mölke,
ich steige über Schluchten ungeheuer,
ich fühle wie ich über letzter wölke

in einem meer kristallnen glanzes schwimme -
ich bin ein funke nur vom heiligen feuer
ich bin ein dröhnen nur der heiligen stimme.
RAPIMENTO

Io sento l'aria ora di un'altra sfera
e mi scolorano nel buio i volti
benignamente a me prima rivolti.

e alberi amati e strade come a sera
oscurano, che appena li ravviso:
e ombra tu chiara - voce al mio tormento -

in più profonde fiamme ora sei spenta
per solcarmi d'un brivido improvviso
dopo la guerra cieca in cui deliro.

In circoli mi scioglo in lume, in suono
e senza brama al fervido respiro
in lode pura grato m'abbandono.

Un violento soffio ora m'assale
nell'ebbrezza del rito ove uno stuolo
di donne implora prosternato al suolo.

E il vapore di nebbie lento esala
a una contrada fulgida di sole,
che cinge solo alpestri ultime gole.

Candida e molle come latte trema
la terra... su dirupi enormi io varco:
di là rapito della nube estrema,

nuoto in un mar di cristallina luce -
una favilla io ormai del fuoco sacro,
io sono un rombo della sacra voce.
(Traduzione di Leone Traverso)

(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 8 maggio 1998
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 1 febbraio 1978
(3) Testo tratto dal programma di sala del Concerto del Maggio Musicale Fiorentino,
Firenze, Teatro della Pergola, 9 giugno 1983


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Ultimo aggiornamento 21 aprile 2016