Due Lieder, op. 14
per voce e pianoforte
Musica: Arnold Schönberg (1874 - 1951)
- Ich
darf nicht dankend - Langsam
Testo: Stefan
George
Composizione: 17 dicembre 1907
- In
diesen Wintertagen - Mäβig
Testo: Georg Henckel
Composizione: 2 febbraio 1908
Organico: voce, pianoforte
Composizione: 17 dicembre 1907 - 2 febbraio 1908
Edizione: Universal Edition, Vienna, 1920
Gli Zwei Lieder
op. 14 (del 1907) di Arnold Schoenberg presentano come dato storico
saliente il fatto di appartenere all'inizio di quel tipico periodo di
transizione che Schoenberg chiamò della emancipazione della dissonanza,
altrimenti indicata come sospensione della tonalità o atonalità. Siamo
cioè alle premesse di quello stile che, attraverso varie fasi, condurrà
poi, com'è noto, il maestro viennese alla ricostituzione di un
linguaggio anch'esso, come il linguaggio tonale, strutturalmente
articolato, e precisamente al metodo di composizione dodecafonico.
Lasciamo in proposito la parola allo stesso Schoenberg. «Il ermine emancipazione della dissonanza
significa dunque che la comprensibilità della dissonanza viene
considerata equivalente alla comprensibilità della consonanza. Uno
stile che dunque si basa su simili premesse tratta la dissonanza allo
stesso modo della consonanza, e rinuncia a un centro tonale.
Naturalmente evitando di stabilire una tonalità si viene a escludere la
stessa modulazione, poiché modulare vuol dire abbandonare una
determinata tonalità per entrare in un'altra.
«Le prime composizioni scritte nel nuovo stile furono composte
da me verso il 1908 e, subito dopo, dai miei allievi Anton von Webern e
Alban Berg. Fin dall'inizio queste composizioni si distinsero da tutta
la musica precedente non solo armonicamente, ma anche sotto il profilo
melodico, tematico e motivico. La caratteristiche più notevoli di
questi pezzi in statu
nascendi, furono però l'estrema espressività e la
straordinaria brevità. Allora, né io né i miei allievi eravamo
coscienti delle ragioni di queste caratteristiche, ma più tardi scoprii
l'esattezza del nostro senso della forma che ci spingeva ad equilibrare
un'espressione estremamente intensa con una straordinaria brevità».
Da rilevare, per i due Lieder
di Schoenberg, che il n. 1 (Ich
darf nicht dankend) costituisce il primo incontro del
musicista con la poesia di Stefan George, incontro che avrà largo
seguito sia nello stesso Schoenberg sia in Webern, e in virtù del quale
si va fin da qui delineando la nuova vocalità espressionista.
Giorgio Graziosi
ICH DARF NICHT DANKEND
Ich darf nicht dankend
an dir niedersinken.
Du bist vom Geist
der Flur, aus der wir stiegen:
will sich mein Trost
an deine Wehmut schmiegen,
so wird sie zucken,
um ihm abzuwinken.
Verharrst du bei dem quälenden Beschlüsse,
nie deines Leides Nähe zugestehen,
und nur mit ihm
und mir dich zu ergehen
am eisigkalten tiefentschlafnen Flusse?
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IO
NON POSSO RINGRAZIANDO
Io non posso ringraziando
lasciarmi cadere presso di te.
Tu sei parte dello spirito
della campagna, dal quale scendemmo:
la mia consolazione vuole
stringersi alla tua malinconia,
così la scuoterà, per fare
poi cenno di no alla mia consolazione.
Tu persisti nel fine tormentoso
di mai confessare la vicinanza del tuo dolore,
e di palesarti solo
ad esso e a me
sul fiume glaciale, profondamente defunto?
|
IN DIESEN WINTERTAGEN
In diesen Wintertagen,
nun sich das Licht verhüllt,
lass uns im Herzen tragen,
einander traulich sagen,
was uns mit innerm Licht erfüllt.
Was wilde Glut entzündet,
soll brennen fort und fort,
was Seelen zart verbindet
und Geisterbrücken gründet
sei unser Losungswort.
Das Rad der Zeit mag rollen,
wir greifen kaum hinein.
Dem Schein der Welt verschollen
auf unserm Eiland wollen wir Tag und Nacht
der seligen Liebe weih'n. |
IN QUESTI GIORNI
D'INVERNO
In questi giorni d'inverno, ora che la luce si cela,
lasciaci portare nel cuore,
intimamente dire l'un l'altro
ciò che ci riempie di luce interiore.
Ciò che l'ardore selvaggio accende
deve, continuamente, bruciare,
ciò che unisce teneramente le anime
e getta ponti agli spiriti
sia la nostra parola d'ordine.
La ruota del tempo può girare,
noi difficilmente l'afferriamo.
Alla scomparsa luce del mondo
dalla nostra isola,
giorno e notte vogliamo
benedire l'amore beato. |
(1)
Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Sala Casella, 20 maggio 1963
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Ultimo aggiornamento 15 luglio 2016