La trascrizione e la strumentazione di opere di autori classici e romantici costituisce un capitolo abbastanza interessante e, tutto sommato, non molto conosciuto dell'attività di Arnold Schönberg. Si tratta di 11 lavori eseguiti probabilmente su commissione o comunque con l'intento di rendere più accessibile la conoscenza di certe opere o di certi autori: dalle revisioni delle opere di Georg Matthias Monn e Johann Christoph Mann, pubblicate nel 1912, alla curiosa trascrizione per orchestra del «Quartetto in sol minore, op. 25» di Brahms, eseguita nel 1937, si passa agli autori più diversi fra i quali, oltre Bach e Händel figura anche Johann Strauss. I due corali bachiani «Schmücke Dich, o liebe Seele» e «Komm, Gott, Schöpfer, heiliger Geist» furono strumentati per orchestra nel 1922 ed eseguiti il 7 dicembre a New York dalla New York Philharmonic sotto la direzione di Josef Stransky.
È evidente che accingendosi a questo lavoro Schönberg non poteva non proporsi di «reinterpretare» Bach alla luce sia di una lettura critica attuale del grande musicista, sia del livello raggiunto dalla propria elaborazione teorica e dall'effettivo operare artistico in quel periodo. Non sarà inutile ricordare infatti, per meglio comprendere anche questo lavoro di trascrizione, che all'inizio degli anni venti, dopo alcuni anni di silenzio, Schönberg è giunto ormai all'attuazione prima parziale e poi sempre più rigorosa nei «Cinque pezzi per pianoforte, op. 23», nella «Serenata, op. 24» e infine nella «Suite per pianoforte, op. 25», tutte composte fra il 1920 e il 1923, di quella ricostruzione dell'universo sonoro conseguente all'individuazione del metodo cosiddetto «dodecafonico», dopo la dissoluzione tonale del periodo espressionista. Se si hanno presenti questi dati allora è possibile comprendere appieno l'esigenza costruttivistica che sta alla base anche di queste due trascrizioni dei corali di Bach, per quanto esse differiscano abbastanza nel carattere e nel trattamento del testo musicale, come del resto i due preludi differiscono fra loro nella versione originale.
In «Schmücke Dich» è soprattutto l'affinità del contrappunto che colpisce e il fatto che Schönberg metta in luce l'espressività del tema conduttore più di quanto forse lo stesso Bach intendesse, mentre in «Komm, Gott» si assiste ad una vera e propria rielaborazione armonica del materiale. Nel primo preludio, la melodia corale è assegnata in preminenza al violoncello solo; nel secondo, il violoncello, il corno ,la tromba e il corno inglese riecheggiano il fraseggio proprio di Bach, mentre i rimanenti archi e fiati danno corpo alla sottostante pienezza armonica in una dinamica dei mezzi così accuratamente differenziata da raggiungere come voleva Schönberg «la trasparenza nel suono totale».
Mario Sperenzi