Kammersymphonie n. 2 in mi bemolle minore, op. 38


Musica: Arnold Schönberg (1874 - 1951)
  1. Adagio
  2. Con fuoco
Organico: 2 flauti (2 anche ottavino), 2 oboi (2 anche corno inglese), 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe, archi
Composizione: agosto 1906 - dicembre 1916 (Revisione agosto - ottobre 1939)
Prima esecuzione: New York, Carnegie Hall, 15 dicembre 1940
Edizione: Schirmer, New York, 1952

Trascritta per due pianoforti nel 1942 come op. 38b
Guida all'ascolto (nota 1)

Capostipite della seconda scuola viennese, così chiamata per distinguerla dalla prima, comprendente i nomi di Haydn, Mozart, Beethoven fino a Brahms, Schönberg occupa un posto fondamentale nella storia della musica del Novecento per aver aperto nuovi orizzonti linguistici all'arte dei suoni, sia sotto l'aspetto dottrinario che concretamente compositivo. In un primo momento egli subì l'influenza di Wagner e di Brahms, come si legge nelle sue brevi note autobiografiche scritte due anni prima di morire e riguardanti gli Zwei Lieder per baritono e pianoforte op. 1, i Lieder dell'op. 2 e op. 3, il sestetto per archi Verklärte Nacht (Notte trasfigurata) op. 4 sul poema Zwei Menschen (Due umane creature) di Richard Dehmel e i GurreLieder per soli, recitante, tre cori virili, coro misto e orchestra su testi di Peter Jacobsen. Egli stesso disse esplicitamente: «Divenni brahmsiano incontrando Alexander von Zemlinsky [fratello della futura prima moglie del musicista - n.d.r.]: il suo amore abbracciava Brahms e Wagner e perciò divenni presto anch'io un loro convinto seguace. Nessuna meraviglia, quindi, se la musica che composi a quel tempo rispecchia l'influenza di quei due maestri, al favore per i quali s'aggiunse quello per Liszt, Bruckner e forse anche Wolf. Questa la ragione per cui nella mia Verklärte Nacht la costruzione tematica è basata da un lato su un "modello" e su una "sequenza" sopra un'armonia circolare di tipo wagneriano e dall'altro su una tecnica di sviluppo della variazione brahmsiana... Ma il trattamento degli strumenti, il modo della composizione e gran parte delle sonorità sono strettamente wagneriani. Penso però che qualche elemento schoenberghiano possa ritrovarsi nella lunghezza di alcune melodie, nella sonorità, nelle combinazioni contrappuntistiche e dei motivi, in certi movimenti armonici semicontrappuntistici e dei bassi verso la melodia. Finalmente v'erano già passaggi di tonalità imprecisa che possono essere considerati premonitori del futuro». Successivamente Schönberg approda all'atonalismo, preludio alla svolta decisiva della dodecafonia, con i Sechs Orchesterlieder op. 8, con la Kammersymphonie in mi bemolle maggiore per 15 strumenti solisti op. 9 e con i Dreì Klavierstucke op. 11, per poi sfociare, al culmine della ricerca espressionista, in alcune composizioni significative in senso più specificatamente dodecafonico, come, tanto per citarne alcune, Erwartung (Attesa) monodramma per voce di soprano e orchestra op. 17, Die glückliche Hand (La mano felice) dramma musicale per baritono, coro misto e orchestra op. 18 e i ventuno poemi del Pierrot lunaire op. 21, composto nel 1912 a Berlino, su un ciclo di poesie di Albert Giraud. A questo punto l'attività creatrice schoenberghiana si indirizzò in modo netto e preciso verso un approfondimento e una codificazione organica e razionale della tecnica dodecafonica, cioè dell'uso costante ed esclusivo di una serie di dodici note diverse, secondo un criterio certamente antitradizionale di organizzazione della materia sonora. Nacquero allora i Fünf Klavierstücke op. 23, la Serenade per clarinetto, clarinetto basso, mandolino, chitarra, violino, viola, violoncello e voce baritonale op. 24, la Suite per pianoforte op. 25, il Quintetto per flauto, oboe, clarinetto, fagotto e corno op. 26, il Terzo Quartetto per archi op. 30 e man mano tanti altri lavori, composti o ultimati in terra americana, come i due Concerti op. 36 per violino e op. 42 per pianoforte e orchestra, A Survivor from Warsaw (Un superstite di Varsavia) per voce recitante, coro misto e orchestra op. 46 e Moderner Psalm per voce recitante, coro misto a quattro voci e orchestra op. 5Oc, per finire con l'opera incompiuta Moses und Aaron (Mose e Aronne), uno dei tentativi più arditi e difficili nel vasto campo dell'arte lirica.

Ora, nel contesto dell'intera produzione schoenberghiana, la Kammersymphonie n. 2 op. 38 si colloca in due periodi diversi nell'arco creativo dell'autore e risente di due modi di organizzare i suoni, che in un certo senso si integrano e si amalgamano fra di loro. Questo lavoro fu cominciato a scrivere nel 1906, appena conclusa la Kammersymphonie op. 9, ma successivamente l'opera venne interrotta e ripresa soltanto nel 1939, data effettiva di nascita della partitura, di cui esiste anche una versione per due pianoforti, op. 38b, elaborata tra il 1941 e il 1942. In sostanza la Kammersymphonie n. 2 può essere considerata uno studio sulla variazione di derivazione brahmsiana su una forma di tecnica dodecafonica. Tutti e due i movimenti sono strettamente connessi, secondo il principio della variazione a largo sviluppo, come la chiamò Schönberg, ma non escludono frazionamenti e irregolarità che si richiamano o si avvicinano al linguaggio dodecafonico. Va aggiunto che nel 1939 Schönberg aggiunse, tra l'altro, una fuga di quindici misure all'Adagio iniziale, preoccupandosi di costruire tematicamente il secondo tempo (Con fuoco) sulla base del primo, nell'ambito della migliore valorizzazione dello stile orchestrale da camera.


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 2 novembre 1986


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Ultimo aggiornamento 21 maggio 2014