I palpiti in la maggiore, op. 13

Introduzione e variazioni sul tema «Di tanti palpiti» dal Tancredi di Rossini

Musica: Niccolò Paganini (1782 - 1840)
  1. Introduzione: Larghetto cantabile
  2. Tema: Andantino
  3. Variazione I
  4. Variazione II: Un poco lento
  5. Variazione III: Quasi presto
Organico: violino solista, flauto, 2 oboi, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe, trombone, timpani, banda turca, archi
Composizione: 1813 - 1828
Prima esecuzione: Vienna, 6 giugno 1828
Edizione: Schonenberger, Parigi, e Schott, Magonza, 1851
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

I rapporti musicali fra Paganini e Rossini sono piuttosto consistenti. E' rilevabile un'influenza di Paganini sullo stile strumentale di Rossini; ma è soprattutto rilevabile un'influenza dello stile vocale di Rossini su quello strumentale di Paganini (la melodica paganiana è, infatti, quasi totalmente condizionata da stilemi vocali propri all'opera italiana del primo Ottocento, e, in particolare, nettamente riferibili al compositore che di quel periodo fu l'assoluto dominatore). A questo globale condizionamento stilistico va poi aggiunta la spiccata propensione di Paganini per la musica rossiniana: documentata - anche sul piano dell'invenzione musicale - da lavori come le numerose variazioni su temi di Rossini («Non più mesta accanto al fuoco» da «La Cenerentola» op. 12; la preghiera del «Mosè» sulla quarta corda; e, infine, l'op. 13 programmata nel concerto odierno).

«Di tanti palpiti» (o «I palpiti», come si usa dire brevemente) apre con un'introduzione («Larghetto cantabile») durante la quale il violino solista espone il tema rossiniano, arricchito da numerose decorazioni virtuosistiche. All'Introduzione («Andantino») seguono tre Variazioni e una Cadenza conclusiva. La prima Variazione è nello stesso tempo dell'«Andantino» precedente; il carattere è nettamente virtuosistico. La seconda Variazione («Un poco lento») introduce una parentesi distensiva, ricca di raffinate preziosità timbriche dello strumento solista. La terza Variazione («Più mosso») ritorna agli splendori decorativi del virtuosismo strumentale, siglati da un'impetuosa «Cadenza» finale.

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Nel 1813 il Tancredi, presentato sul palcoscenico della Fenice e subito dopo alla Scala di Milano, aveva lanciato il giovane Rossini nella brillante carriera che di lì a poco ne avrebbe fatto l'idolo dei teatri di tutta Europa. Tale fu il successo dell'opera che subito se ne fecero innumerevoli trascrizioni e variazioni sui temi favoriti; alla moda non si sottrasse neppure Paganini, che scelse la cabaletta «Di tanti palpiti»; una melodia tenera e suadente ammirata da Stendhal, e celebrata come l'emblema stesso dell'arte canora italiana. Dal tema rossiniano, Paganini prese lo spunto per intrecciare una serie di variazioni nelle quali l'atmosfera tipicamente salottiera, richiesta dal genere, si colora di venature sulfuree nei passi dal virtuosismo più mirabolante.

Questa composizione, intitolata I palpiti, è articolata in due parti, senz'altra relazione reciproca che il legame, molto evidente, con le forme e lo stile del melodramma. Il tema cantabile del violino solista è una perfetta aria d'opera; ancor più melodrammatica è l'ultima sezione dell'Introduzione, che adotta i modi del recitativo, o meglio della grande scena che in un'opera precede l'attacco del cantabile. Il bel tema rossiniano (Andantino) è trascritto fedelmente e conserva il carattere espressivo - una malinconica tenerezza -che ha nel Tancredi. Le tre variazioni fanno ricorso a tutti i ritrovati della tecnica paganiniana: passi d'agilità d'ogni tipo ed eseguiti con tutte le tecniche d'arco, armonici doppi, pizzicati con la mano sinistra.

Claudio Toscani


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia.
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 30 ottobre 1966
(2) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 211 della rivista Amadeus


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Ultimo aggiornamento 19 luglio 2017