Réveil des oiseaux

per pianoforte e orchestra

Musica: Olivier Messiaen (1908 - 1992)
  1. Minuit
  2. 4h du matin, L'aube, Réveil des oiseaux
  3. Chants de la matinée
  4. Midi
Organico: pianoforte solista, ottavino, 4 flauti, 3 oboi, corno inglese, clarinetto piccolo, 4 clarinetti, clarinetto basso, 3 fagotti, 2 corni, 2 trombe, percussioni, glockenspiel, xilofono, celesta, archi
Composizione: 1953
Prima esecuzione: Donaueschingen, Stadthalle, 11 ottobre 1953
Edizione: Durand & Cie, Parigi, 1955
Dedica: Jacques Delamain
Guida all'ascolto (nota 1)

Si può dire che in Olivier Messiaen la cultura musicale del Novecento ha trovato uno dei suoi esponenti più complessi e problematici; tanto che i tentativi di inserire il maestro di Avignone nell'una o nell'altra corrente sono apparsi quasi sempre indebiti, ed hanno comunque mortificato la poliedricità della sua personalità. L'aspetto di Messiaen che più è stato esaltato dalle avanguardie del secondo dopoguerra, che hanno trovato in lui uno dei più autorevoli "precursori", è quello "tecnicistico". Messiaen infatti già nell'anteguerra fondò il proprio linguaggio sul totale cromatico, non già però sulla base delle tecniche dodecafoniche, ma su un personale sistema di "modi a trasposizione limitata". Tecnicismo vi è anche nella ricerca ritmica, nei ritmi "non-retrogradabili" derivati dai metri indiani.

E già in quest'ultimo fatto vediamo un altro aspetto fondamentale del compositore, l'interesse per le culture non-eurocolte e distanti dall'evo moderno; così fra i principi di scrittura vi è la piena acquisizione dei metri greci antichi, medioevali oltre che indiani. Vi è poi un Messiaen "naturalista", studioso dell'ornitologia e degli innumerevoli canti degli uccelli, espressione di una purezza primigenia.

Vi è ancora un Messiaen organista ed uno tradizionalista, esponente della scuola francese ed erede di Berlioz e Debussy nelle grandiose costruzioni sinfoniche. Probabilmente la chiave di volta per integrare tecniche compositive e suggestioni culturali tanto dissimili è quella del misticismo, aspetto spesso sottovalutato, forse perché quasi imbarazzante nella cultura contemporanea. Il misticismo di Messiaen è fondato su una incrollabile fede cattolica, e nutrito del simbolismo che permea tanta parte della cultura francese. Materiali e tecniche si coagulano così in una prospettiva visionaria, che ha quale fine ultimo la glorificazione del trascendente.

In questa prospettiva è opportuno inserire anche alcune partiture che, a un primo sguardo, non hanno alcun riferimento diretto a fatti e tematiche religiose. Appassionato di ornitologia Messiaen ha fatto confluire nel decennio 1953-63 questo interesse nella sua creatività, dando vita a diverse composizioni. Si tratta di brani - Réveil des oiseaux, 1953, Oiseaux exotiques, 1956, per pianoforte e strumenti, Catalogne d'oiseaux, 1959, per pianoforte solo - che, secondo la stessa ammissione dell'autore, appartengono alle sue opere più felici.

Messiaen, come ornitologo appassionato, trascrive esattamente su pentagramma i canti di decine di uccelli, e poi affida questi canti a diversi strumenti e li "monta" seguendo un percorso logico. Converrà leggere, a questo proposito, la nota introduttiva a Réveil des oiseaux, partitura eseguita per la prima volta al festival di Donaueschingen nel 1953, con la direzione di Hans Rosbaud e la presenza al pianoforte di Yvonne Loriod, moglie del compositore.

«In questa partitura vi sono esclusivamente canti di uccelli. Tutti sono stati ascoltati nella foresta, e sono completamente autentici. Gli strumentisti cercheranno quindi di riprodurre, il più fedelmente possibile, gli attacchi e i timbri degli uccelli. Il nome di ciascun uccello, nel momento in cui canta, è indicato nella partitura in corrispondenza dello strumento che lo rappresenta. Delle onomatopee, collocate in corrispondenza delle note, aiuteranno lo strumentista a trovare il timbro e l'attacco desiderati. Il direttore deve spiegare tutto ciò ai suoi orchestrali. [...]

Siccome è richiesta al pianista, nella sua cadenza, l'imitazione degli attacchi di un grande numero di uccelli, io gli suggerisco qualche passeggiata nella foresta, in primavera, soprattutto di buon ora al mattino, per fare la conoscenza dei suoi modelli».

Tutto ciò potrebbe sembrare didascalico e semplicistico; ma in realtà il lavoro compiuto da Messiaen sui canti di uccelli non è un lavoro di imitazione; la citazione del canto, per quanto testuale, trova la sua ragion d'essere attraverso un evidente principio: la definizione di un preciso percorso interno della composizione, che si richiama anch'esso a suggestioni naturalistiche (il canto degli uccelli da mezzanotte a mezzogiorno) ma è poi un percorso prima di tutto musicale, che segue la sua logica nell'esposizione e nella fusione di timbri. Le otto sezioni in cui si dipana la partitura di Réveil des oiseaux alternano il pianoforte solo, una selezione di strumenti, l'orchestra intera, in modo da condurre un discorso sempre rinnovato. Il gioco che Messiaen sa compiere sul timbro ha qualcosa di fascinoso, e si palesa soprattutto nel grande crescendo orgiastico del "risveglio" di tutti gli uccelli. È qui, soprattutto, che è possibile cogliere il risvolto mistico sotteso a tutta la composizione, quello per cui attraverso la musica la passione scientifica si trasforma in estasi pannaturalistica, e dunque in omaggio alle meraviglie del creato.

Lo stesso autore ha lasciato una traccia esauriente del percorso interno della partitura, traccia che qui si traduce con qualche modifica.

Mezzanotte.
Solo dell'usignolo (cadenza introduttiva al pianoforte). Due altri usignoli (sempre al pianoforte).
Grande silenzio. Qualche canto notturno: civetta (primo violino), torcicollo (pianoforte), usignolo di fiume (clarinetto piccolo), tottavilla (ottavino), succiacapre (archi). Nuovo usignolo (flauto, clarinetto e pianoforte).

Le quattro del mattino, l'alba, risveglio degli uccelli.
Canapino, upupa, tordo (tromba, legni e risonanza degli archi). Poi inizia un grande "tutti". Fanno la loro entrata in successione: pettirosso (pianoforte), merlo nero (primo violino), codirosso (xilofono), cucù, fringuello, lui piccolo, cornacchia nera, upupa, gazza. Dominano rigogolo (corni e violoncelli con risonanza degli archi) e tordo (tromba, legni, e risonanza degli archi. Completano l'insieme quattro merli neri (4 flauti), due pettirossi (giochi timbrici, celesta).

Al sorgere del sole il "tutti" si ferma bruscamente.
Canti della mattina. Solo di capinera (nuova cadenza del pianoforte). Accompagnamento della tortora (flauti). Poi sterpazzola (celesta) e fanello (clarinetto). Altri due richiami: tordo e rigogolo. Solo di merlo nero (terza cadenza del pianoforte). Piccolo insieme di due merli neri (pianoforte) e due pettirossi (celesta e gioco di timbri). Due nuovi richiami di rigogolo e tordo. Grido dell'upupa e riso del picchio.
Cadenza finale del pianoforte: allinea fianco a fianco frammenti di canti, di richiami o di gridi di verdone, cinciarella, tordo, vercellino, capinera, rigogolo, picchio muratore, scricciolo, cardellino, storno, lui bianco, cornacchia nera, codirosso. La cadenza del pianoforte termina con un duo fra pettirosso e merlo nero.

Mezzogiorno: grande silenzio.
Turbano ancora una volta questo silenzio: due fringuelli (2 violini), tamburellare del picchio (wood-block). Alla fine, rimane solamente il cucù, molto lontano...

Arrigo Quattrocchi


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia.
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 4 febbraio 2001


I testi riportati in questa pagina sono tratti, prevalentemente, da programmi di sala di concerti e sono di proprietà delle Istituzioni o degli Editori riportati in calce alle note.
Ogni successiva diffusione può essere fatta solo previa autorizzazione da richiedere direttamente agli aventi diritto.


Ultimo aggiornamento 2 luglio 2017