Oiseaux exotiques

per pianoforte e piccola orchestra

Musica: Olivier Messiaen (1908 - 1992)
Organico: pianoforte solista, ottavino, flauto, oboe, clarinetto piccolo, 2 clarinetti, clarinetto basso, fagotto, 2 corni, tromba, xilofono, glockenspiel, gong, temple block, woodblock, tam-tam, tamburo
Composizione: 5 ottobre 1955 - 23 gennaio 1956
Prima esecuzione: Parigi, Théâtre Marigny, 10 marzo 1956
Edizione: Universal Edition, Vienna, 1960
Dedica: Yvonne Loriod
Guida all'ascolto (nota 1)

Pierre Boulez è stato un instancabile suscitatore ed organizzatore di musica.

È lui a commissionare ad Olivier Messiaen, per i concerti parigini del "Domaine musical", Oiseaux exotiques. La prima esecuzione è del 1956.

Messiaen aveva iniziato ad annotare il canto degli uccelli a vent'anni, nel 1929. La partitura di Oiseaux exotiques riporta i nomi di 47 diversi esemplari esotici, originari di India, Cina, Malesia, Americhe. Di alcune specie viene fornita una breve analisi delle caratteristiche melodiche del canto e una attenta descrizione dei colori del piumaggio: Messiaen ha studiato a lungo le relazioni tra suono e colore, collaborando col pittore svizzero Blanc Gatti.

"Cardinale rosso della Virginia", "Verdino dalla fronte d'oro", "Tordo boschereccio"...: si susseguono e intrecciano, lungo le tredici sezioni dell'opera, i colori del suono, fino ad arrivare al canto della "Garrulaxe a cresta bianca", grande uccello hymalaiano, a cui si riferisce la "coda" finale. Quella che Messiaen chiama "la sua vociferazione implacabile" viene resa da un accordo di dodici suoni, ribattuto da tutta l'orchestra. Nel corso dell'opera si possono anche individuare ritmi e metri poetici della Grecia antica e dell'India, indicati con precisione dall'autore.

Ma nonostante l'esplicita citazione delle fonti sonore, ci sono molte differenze tra Oiseaux exotiques e un disco di quella magnifica serie inglese dedicata al canto degli uccelli, registrato in diretta. Se l'ascoltatore cerca onomatopee o suoni naturali resterà deluso; non gli è dato rinvenire citazioni esplicite del grido acutissimo del Tetras Cupidon, né della varietà melodica del Doliconice, o della gamma polifonica del Moquer poliglotta, le cui piume - grigie, rosa, brune, fulve striate di bianco - competono con la policromia di un canto ricco di armonici e incantatorio.

Si può invece seguire il tentativo di un musicista contemporaneo tra i più refrattari all'ordine fittizio delle classificazioni e delle parentele (Messiaen è stato insegnante di composizione ai corsi di Tanglewood e Darmstadt, capace di entusiasmare il giovane Stockhausen...) di proporre una rinascimentale sintesi tra natura e tecnica, l'utopia di una pacificazione e concordanza degli esseri viventi, guidati da un saggio "motore immobile". Un ruolo qui assunto dal pianoforte: lo stesso Messiaen definì Oiseaux exotiques "quasi un concerto per pianoforte", attorno al quale, come i pianeti di un garrulo ma ordinato sistema solare, ruotano gli strumenti di una "piccola orchestra" tra cui spicca la ricca serie delle percussioni.

Sandro Cappelletto


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia.
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 29 novembre 1991


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Ultimo aggiornamento 13 luglio 2017