L'Ascension

Quattro meditazioni sinfoniche per orchestra

Musica: Olivier Messiaen (1908 - 1992)
  1. Majesté du Christ demandant sa gloire à son Père
  2. Alléluias sereins d'une âme qui désire le ciel
  3. Alléluia sur la trompette, Alléluia sur la cymbale
  4. Prière du Christ montant vers son Père
Organico: 3 flauti, 2 oboi, corno inglese, 2 clarinetti, clarinetto basso, 3 fagotti, 4 corni, 3 trombe, 3 tromboni, basso tuba, timpani, triangolo, piatti, tamburo basco, grancassa, archi
Composizione: Parigi, maggio 1932 - Monaco, giugno 1933
Prima esecuzione: Parigi, Concerts Siohan, 9 febbraio 1935
Edizione: Alphonse Leduc, Parigi, 1948
Guida all'ascolto (nota 1)

L'Ascension è una partitura che appartiene al primo periodo creativo di Olivier Messiaen. Risale infatti al 1933, quando Messiaen aveva appena venticinque anni, ed era già un compositore pienamente in vista nel panorama musicale parigino. I suoi primi lavori importanti - i Preludi per pianoforte - risalivano al periodo degli studi. Appena congedatosi dal Conservatorio, nel 1930, aveva assunto la carica di organista principale presso la chiesa della Trinité a Parigi, incarico che avrebbe mantenuto per quarant'anni. In seguito l'evoluzione di Messiaen sarebbe stata lunga e articolata, ma già una partitura come L'Ascension contiene in nuce tutti, o quasi, gli elementi che sarebbero rimasti alla base della personalissima ricerca di questo compositore. Infatti, si può dire che in Messiaen la cultura musicale del Novecento ha trovato uno dei suoi esponenti più complessi e problematici; tanto che i tentativi di inserire il maestro di Avignone nell'una o nell'altra corrente sono apparsi quasi sempre indebiti, e hanno comunque mortificato la poliedricità della sua personalità.

L'aspetto di Messiaen che più è stato esaltato dalle avanguardie del secondo dopoguerra, che hanno trovato in lui uno dei più autorevoli "precursori", è quello "tecnicistico". Messiaen infatti già nell'anteguerra fondò il proprio linguaggio sul totale cromatico, non già però sulla base delle tecniche dodecafoniche, ma su un personale sistema di "modi a trasposizione limitata". Tecnicismo vi è anche nella ricerca ritmica, nei ritmi "non-retrogradabili" derivati dai metri indiani. E già in quest'ultimo fatto vediamo un altro aspetto fondamentale del compositore, l'interesse per le culture non-eurocolte e distanti dall'evo moderno; così fra i principi di scrittura vi è la piena acquisizione dei metri greci antichi, medioevali oltre che indiani. Vi è poi un Messiaen "naturalista", studioso dell'ornitologia e degli innumerevoli canti degli uccelli, espressione di una purezza primigenia. Vi è ancora un Messiaen organista ed uno tradizionalista, esponente della scuola francese ed erede di Berlioz e Debussy. Probabilmente la chiave di volta per integrare tecniche compositive e suggestioni culturali tanto dissimili è quella del misticismo, aspetto spesso sottovalutato, forse perché quasi imbarazzante nella cultura contemporanea. Il misticismo di Messiaen è fondato su una incrollabile fede cattolica, e nutrito del simbolismo che permea tanta parte della cultura francese. Materiali e tecniche si coagulano così in una prospettiva visionaria, che ha quale fine ultimo la glorificazione del trascendente.

Appunto misticismo e simbolismo sono alla base di L'Ascension, partitura che ha quale sottotitolo Quatre Méditations symphoniques pour orchestre e che costituisce la prima grande opera sinfonica di Messiaen. I quattro movimenti nulla hanno da spartire con la forma classica e informano il loro contenuto ad altrettanti versetti di testi sacri, dal Vangelo secondo Giovanni, alla Messa dell'Ascensione, al Salmo 46; l'ascensione è quella del Cristo verso il Padre, scandita attraverso distinti momenti spirituali: la richiesta della gloria al Padre, l'alleluia sereno, l'alleluia giubilante e la preghiera. Nulla di liturgico vi è in questa progressione, ma piuttosto il tentativo di restituire in termini post-simbolisti l'atto di fede. La suggestione della partitura - considerata fra le più accessibili del compositore - consiste proprio nel verificare le tecniche secondo le quali la spiritualità si converte in musica. Una indicazione preziosa viene già dalla storia della partitura, che - iniziata nel maggio 1932 a Parigi, terminata nel luglio del medesimo anno a Neussargues, orchestrata fra il maggio e il luglio 1933 a Montecarlo ed eseguita nel febbraio 1934 a Parigi - venne trascritta l'anno seguente, dallo stesso autore, per organo, con la completa sostituzione del terzo movimento.

Già la versione per orchestra contiene tuttavia quell'alternanza fra vari settori orchestrali che è tipica dell'impiego di vari registri organistici, e che si richiama all'idea di un suono nitidamente individuato, a un gioco di colori che costituisce d'altra parte una delle basi di tutta l'opera di Messiaen. Si aggiungano il ritmo fluttuante e non prevedibile, i richiami ai canti degli uccelli, i procedimenti simbolici nella scrittura, per cui ascendente è la progressione delle tonalità dei movimenti, da mi a sol. I quattro movimenti costituiscono, nell'insieme, un vero e proprio polittico, che offre quattro immagini sublimate, fra loro diversissime e in opposizione dialettica.

Intitolata Majesté du Christ demandant sa gloire à son Pére (il versetto illustrativo è «Pére, l'heure est venue, glorifie ton File, afin que ton Fils te glorifie», la preghiera sacerdotale di Cristo dal Vangelo secondo Giovanni), la prima Méditation è un lungo inno ieratico, affidato interamente al gruppo dei fiati; il discorso musicale (la frase d'apertura è tratta dall'antifona del Magnificat «Pater, manifestavi nomen tuum») è condotto dagli ottoni e sostenuto dai fiati, in una fluida dimensione ritmica.

La seconda Méditation, Alléluias sereins d'une ame qui destre le ciel («Nous vous en supplions, o Dieu... faites que nous habitions aux cieux en esprit» è il versetto, dalla Messa dell'Ascensione) ha una ambientazione espressiva completamente differente; dapprima i legni intonano all'unisono il tema plastico dell'alleluia; poi il corno inglese espone un'altra melodia, intercalata dagli interventi degli altri legni, quasi canti di uccelli; infine questi temi vengono avvicendati, sull'accompagnamento di un tappeto sonoro degli archi, spesso divisi all'interno di ogni gruppo in più voci strumentali, con iridescenti effetti coloristici.

Se è questa la sezione più debussyana, il terzo quadro, Alleluia sur la trombette, alleluia sur la cymbale («Le Seigneur est monté au son de la trompette.... Nations, frappez toutes des maines; célébrez Dieu par des cris d'allégresse!» è la citazione, dal Salmo 46) è quello più sinfonico e tradizionalista - non a caso è l'unico che fa ricorso all'intera compagine orchestrale, e l'autore lo sostituì completamente nella versione organistica. È ispirato a quella logica di tensione-distensione del discorso musicale che può essere ricondotta al Tristan und Isolde di Wagner e che ha il suo culmine in un grande crescendo. Aperto dalle trombe, il canto di giubilo è innervato da una tensione ritmica continua, cui non è estraneo il gioco delle percussioni.

Il finale, Prière du Christ montant vers son Père (la citazione è di nuovo dalla preghiera sacerdotale del Vangelo secondo Giovanni: «Père,... j'ai manifeste ton nom aux hommes... Voilà que je ne suis plus dans le monde; mais eux sont dans le monde, et moi je vais à toi») è una sorta di trasfigurazione. In questo caso l'organico adottato è esclusivamente quello del gruppo degli archi, ridotti nel numero e divisi in più voci strumentali. Lentissima, ieratica, solenne, la melodia è simbolicamente ascendente, ma ciò che colpisce di più è il gioco dei colori, ottenuto attraverso la particolarissima disposizione strumentale, tramite sublimato della pregh endente.

Arrigo Quattrocchi


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia.
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 26 ottobre 1997


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Ultimo aggiornamento 12 luglio 2017