Il capitan Spavento
Opera in un atto e tre quadri
Testo del libretto
QUADRO PRIMO
(Si alza la tela)
A due metri dalla ribalta, una tenda nera apparentemente di un solo
telo, ma che in mezzo si può aprire in due, come un sipario.
Appare il capitan Spavento. Veste come un moschettiere straccione e
trascina uno spadone. È grottescamente marziale
nell'incedere
CAPITAN SPAVENTO
Marte sotto i suoi lacci mi ha tenuto
gran tempo in doglie, in pene e tradimenti
e privo di speranze son vissuto
ognor gustando più aspri tormenti.
Quante lacrime, strida, urli e sospiri
ho diggià gustato, quanti martìri;
carcer, sangue e rovine atroci e fiere.
Se fossi morto non sarei più che uno spirito,
e gli spiriti non mangiano. Sono io, sono vivo.
Gitta! Gitta! di te innamorato sono, la vita darei per un bacio.
(appare Menato)
MENATO
Sei tu compare?
Che brutta cera, compare. Ho visto più di cento impiccati.
Nessuna faccia più brutta della tua ho visto mai.
CAPITAN SPAVENTO
Le miserie della guerra. Bere e mangiar male.
La fame e la sete astergono la pelle.
MENATO
Eppure mangeresti anche il ferro.
CAPITAN SPAVENTO
Apro la bocca secondo i bocconi,
e s'io non posso aver del pesce grosso,
io mangio del minuto ch'ha men osso.
MENATO
Hai portato ricco bottino?
CAPITAN SPAVENTO
Non ho voluto fare del male. Che male m'avevan fatto?
MENATO
T'immaginavo: le gambe, le braccia storpiate, un occhio di
meno.
CAPITAN SPAVENTO
La prodezza non sta nelle ferite, nelle storpiature. Credi che cento
uomini mi facciano paura? Nel mezzo della bolgia nessuno si conosce.
Odi gridare: uccidi, uccidi! Si vede cadere il compagno. Se scappi il
nemico t'insegue. Ci vuole coraggio per scappare. Io ho fatto
il morto, e tutta la cavalleria m'è passata sopra.
Il vero coraggio si dimostra ritornando dalla guerra vivi. Di fatti
sono qui per rivedere la mia Gitta.
(La Gitta entra dalla
tenda)
Ecco la Gitta. Olà, olà, non mi
conosci?
LA GITTA
Sei tu? Sei vivo? Che aspetto pietoso. Che cosa mi porti?
CAPITAN SPAVENTO
È un miracolo se ti porto la mia carcassa sana e salva, come
tu vedi.
LA GITTA
Della tua carcassa posso farne a meno. Mi aspettavo ricchi doni:
bottino di guerra.
(Il Capitano le si
avvicina)
Lasciami andare.
CAPITAN SPAVENTO
(supplichevole)
Mi hai appena visto e già mi vuoi lasciare?
LA GITTA
(imitandolo)
M'hai visto anche troppo. Aveva giurato che sarebbe morto o
ritornato ricco.
CAPITAN SPAVENTO
Le sventure.
LA GITTA
Io non ne ho, né voglio averne. Ritorno dal mio uomo.
CAPITAN SPAVENTO
(prendendola per un
braccio)
Dal tuo uomo? Conosco un solo tuo uomo: io.
LA GITTA
(respingendolo)
Vattene sciagurato.
CAPITAN SPAVENTO
Non mettermi in collera.
MENATO
Sarebbe capace d'uccidervi.
LA GITTA
È capace d'uccidere solo le sue pulci.
(Il Capitan Spavento si
avvicina minaccioso alla Gitta. Dalla tenda esce
«l'altro». Con un
pugno manda a terra il capitan Spavento e se ne va portando via la
Gitta)
CAPITAN SPAVENTO
(a Menato, alzando la
testa)
Compare, sono andati?
MENATO
Sì, se n'è andata con lui.
CAPITAN SPAVENTO
Ma gli altri?
MENATO
Gli altri?
CAPITAN SPAVENTO
Cento contro uno.
(si alza lentamente da
terra)
Feci alla pugna iersera con tre
e tutti e tre fra' pie' me li cacciai
e tanto in su e in giù li rimenai,
che piangendo chiesero alfin mercè.
(Se ne va trascinandosi
dietro lo spadone. Menato lo segue con lo sguardo e ride.
Oscurità)
QUADRO SECONDO
La stessa tenda nera, ma illuminata con riflessi rossi e blu. A
sinistra (scenderanno dall'alto) un'insegna con la
scritta «Locanda al Sole
d'oro», a destra una seconda insegna
«Locanda della Luna crescente». Appare il Capitan
Spavento, armato del suo spadone e con una piccola valigetta. Gli si
fanno incontro i due locandieri.
PRIMO LOCANDIERE
Signore, signore, venite da me. Ottima la mia locanda:
all'insegna della luna crescente.
CAPITAN SPAVENTO
Alla luna crescente! Ecco un'insegna di cattivo augurio.
SECONDO LOCANDIERE
Venite da noi, signore, al sole d'oro.
CAPITAN SPAVENTO
Al sole d'oro! È un po' meglio! senti
amico, vorrei due stanze, una piccola per me e una grande per la mia
spada:
PRIMO LOCANDIERE
Guardatevi da costui.
CAPITAN SPAVENTO
Perché, amico mio?
PRIMO LOCANDIERE
È un furfante. Dà a bere vino bianco per rosso.
CAPITAN SPAVENTO
Che orrore! Vino bianco per rosso!
PRIMO LOCANDIERE
E non è tutto: quello sciagurato fece divorare a un povero
pellegrino un tacchino per un piccione.
CAPITAN SPAVENTO
Infamia! Un tacchino per un piccione? E se scoppiava il povero
pellegrino?
SECONDO LOCANDIERE
Lo vendicheremo
PRIMO LOCANDIERE
Si dorme sulla paglia da lui.
SECONDO LOCANDIERE
Signore, non ascoltatelo; è un miserabile, un invidioso.
CAPITAN SPAVENTO
Sulla paglia. Sono forse nespole i forestieri?
Mai alloggerò da te.
SECONDO LOCANDIERE
Ma non capite? Tutto ciò che dice è invidia.
PRIMO LOCANDIERE
Senza tante cerimonie, entrate da me. Sembrate un gran signore.
CAPITAN SPAVENTO
Non sono che un mercante
PRIMO LOCANDIERE
Mercante di che cosa?
CAPITAN SPAVENTO
Mercante patrigno, cioè di tubini, topazi, smeraldi, perle e
diamanti e mele cotte.
PRIMO LOCANDIERE
E a quanto la libbra?
CAPITAN SPAVENTO
Non si vende a peso. Vi farò vedere.
(Apre la valigia e tira
fuori un piccolo scrigno pieno di gioielli. Allo stesso tempo una
compagnia di musicanti si mette a suonare)
Avete mai visto al mondo niente di più bello?
PRIMO LOCANDIERE
(indicando un grosso
diamante che è nello scrigno)
Che pietra è questa?
CAPITAN SPAVENTO
È una pietra estratta dalle viscere del gran Mogol.
Meraviglia!
(Mentre i due locandieri
ammirano le pietre false, egli ruba all'uno la borsa,
all'altro
l'orologio)
SECONDO LOCANDIERE
È vero, signore, prendete alloggio da me.
(Il Capitan Spavento
chiude lo scrigno e lo ripone nella valigia)
PRIMO LOCANDIERE
Vorreste fare questo affronto alla mia locanda?
(I musicisti se ne vanno)
CAPITAN SPAVENTO
Ascoltate: per dirvela francamente, né dall'uno,
né dall'altro verrò.
PRIMO LOCANDIERE
Perché?
SECONDO LOCANDIERE
Perché?
CAPITAN SPAVENTO
Perché ormai i miei affari li ho fatti. Devo andarmene.
PRIMO LOCANDIERE
Pretesti inutili
(gridando verso la
locanda)
Olà garzoni!
SECONDO LOCANDIERE
(gridando verso
l'altra locanda)
Olà garzoni!
(Alcuni garzoni escono
dalle due locande. Vorrebbero togliere il mantello e il cappello al
Capitan Spavento, ma questi si difende e minaccia con lo spadone.
Finalmente riesce a scappare. I due locandieri, accorgendosi di essere
stati derubati gridano)
PRIMO LOCANDIERE
Al ladro! al ladro!
SECONDO LOCANDIERE
Al ladro!
(Scompaiono
inseguendolo. Oscurità)
(Nell'intermezzo
fra il secondo e il terzo quadro, prima che s'apra le tenda
nera, si vedrà gente passare di corsa, due o tre uomini,
altrettante donne, per ultimi la Gitta e i due locandieri)
QUADRO TERZO
Un cortile cinto da mura. Nel mezzo, verso il fondo, la forca che
sorgerà su un palco piuttosto basso. In primo piano, a
destra, un rozzo tavolo e cinque sedie. Sul tavolo dominerà
lo spadone di Capitan Spavento. Due guardie straccione trascinano il
Capitan Spavento che avrà le mani legate con una corda della
quale le due guardie terranno i due capi. Arriva la gente che si
è vista passare
nell'intermezzo secondo, nello stesso ordine, ma quasi
insieme. Tenendosi per mano e prendendo nel mezzo del cerchio il
prigioniero e le due guardie, intrecciano una danza. Una campana suona a
morto.
LA GITTA
(guardando Capitan
Spavento)
Odo a rintocchi suonar la campana,
e credo che sia morto lo mio amore
e vedo là quella gente venire.
Specchio del cuore mio, che ti van fare?
E vedo là quella forca innalzare.
Addio caro mio amore, addio eroe!
(Ride e gli volta le
spalle)
SECONDO LOCANDIERE
Tenetelo ben fermo.
PRIMO LOCANDIERE
È un grande scellerato.
SECONDO LOCANDIERE
Non vi fidate.
PRIMO E SECONDO LOCANDIERE
Sopra quell'empio cadano lampi e saette.
(Danzano nuovamente)
(Sopraggiungono i
giudici. Sono cinque. Tutti incappucciati. Si seggono al tavolo. Il
giudice di mezzo mostra ai presenti l'orologio. Il primo
locandiere si avvicina per prenderlo, ma il giudice con rapido gesto,
se lo mette in tasca. Mostra la borsa al secondo locandiere: per quanto
riesca quasi a toccarla, subisce la stessa sorte del primo derubato)
IL GIUDICE DI MEZZO
(legge l'atto
d'accusa)
Centodieci rapine, sedotte quaranta innocenti fanciulle, percosso a
sangue il farmacista, il notaro, il sagrestano, il podestà.
LA GITTA
E poi...
IL GIUDICE DI MEZZO
Silenzio.
CAPITAN SPAVENTO
Chi potrà buttare in terra
sta colonna così forte?
La calunnia?
(Il giudice scampanella)
LA GITTA, PRIMO E SECONDO LOCANDIERE
(a tre)
Sopra quell'empio cadano lampi e saette.
CAPITAN SPAVENTO
Armato è il mio braccio forte
sol per marciare alla guerra.
SECONDO LOCANDIERE
Con la dispietata morte...
PRIMO LOCANDIERE
(indica la forca)
Che ti attende.
(Il giudice scampanella
sempre)
CAPITAN SPAVENTO
Tutte le strade le vo' far bandire,
tutte le porte le vo' far serrare,
tutte le case vo' far spianare
che mi nascondono la mia bella Gitta.
(I cinque giudici si
alzano di scatto, si appartano, e formando un cerchio, le teste contro
le teste, come un grappolo, discutono sottovoce e gesticolano. Questa
sarà la pantomima dei giudici. Finalmente ritornano ai loro
posti. Dopo qualche istante di silenzio, il giudice di mezzo si
alzerà e
pronunzierà la sentenza)
IL GIUDICE DI MEZZO
A morte!
(Il Capiano cade a terra
svenuto. Le guardie lo trascinano verso il patibolo. A un tratto si
vedrà il corpo penzolare dalla forca. I giudici se ne vanno.
Brevi danze disordinate. Il cortile resterà desero.
Improvvisamente si vedrà il corpo del Capitano, rotta la
corda, precipitare nella botola che si apre ai suoi piedi e uscire
carponi, a fatica, di sotto al palco della forca. Il Capitan Spavento
s'impadronisce del suo spadone e con un buffo passo marziale
se ne va cantando)
CAPITAN SPAVENTO
Feci alla pugna iersera con tre
e tutti e tre fra' pie' me li cacciai
e tanto in su e in giù li rimenai,
che piangendo chiesero alfin mercè.
FINE DELL'OPERA
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Ultimo aggiornamento 12 settembre 2013