Serenissima

Sette canzonette veneziane per sassofono concertante e orchestra in tre movimenti

Musica: Gian Francesco Malipiero (1882 - 1973)
  1. Lento:
    Fa nana fantolin de la Madona
  2. Intermezzo primo:
    Sotto quel sottoportego Marietta
    Povero Bernadon tutto impiagao
  3. Intermezzo secondo:
    Come i zingari son tre di per liogo
    Roma xe grande e xe Venezia bela
    Cara ti xe proprio una bisona
    Voi sul ponte dei pugni darghe un pugno
Organico: sassofono solista, 3 flauti, 3 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 4 corni, 2 trombe, percussioni, celesta, pianoforte, arpa, archi
Composizione: Asolo, 20 febbraio 1961
Prima esecuzione: Torino, Auditotium RAI, 16 febbraio 1962
Guida all'ascolto (nota 1)

La composizione sinfonica di Gian Francesco Malipiero presentata oggi è stata scritta nel 1961 e costituisce un nuovo omaggio del maestro veneziano alla sua città. Serenissima, per orchestra e saxofono concertante è infatti una specie di rapsodia condotta sui motivi di canzoni veneziane, precisamente 7 (numero caro al nostro musicista), le quali vengono man mano esposte dal saxofono contralto. In partitura, sotto le note del saxofono sono riportate di ciascuna canzone le parole del primo verso, il quale - scrive l'autore - «ne determina il carattere». Non si è molto lontani dal vero affermando che la scelta del saxofono contralto è stata fatta da Malipiero considerandolo come strumento più adatto, per timbro e risorse, a «riferirci» certo morbido languore, certa grazia di melismi della vocalità del popolo veneziano.

Dopo una introduzione che suona nei flauti quasi vaghissima barcarola, entra il Saxofono che «canta» la prima canzone, in ritmo di berceuse, «Fa nana fantolin da la Madona», cui segue un commento affidato prevalentemente agli archi. Nell'Intermezzo, in tempo lento entra la seconda canzone: «Sotto quel sottoportego Marietta»; mentre un Allegro ci prepara «Povero Bernardon tutto impiagao», con dovizioso sviluppo comprendente anche un incontro tra il Saxofono e i flauti.

L'Intermezzo secondo allinea la canzone «Come i zingani san tre dì per liogo», con saxofono accompagnato prevalentemente da accordi del pianoforte; successivamente, mutato il tono in vivace e brioso, appare «Roma xe grande e xe Venezia bella», sempre intonata dallo strumento solista con corno inglese e fagotti. Più oltre, su pizzicati degli archi, è la volta di «Cara ti, ti xe proprio una bisona» e, poco dopo, della settima e ultima canzone che dice «Voi sul ponte dei pugni darghe un pugno».

Segue una cadenza solistica del saxofono, al quale sarà poi devoluto di compito di guidare anche di riassunto conclusivo. Il suo cantare si avvia al termine sopra un lungo pedale di color cilestrino, nel sommesso sciabordio degli archi.


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia.
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 22 dicembre 1963


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Ultimo aggiornamento 13 aprile 2012