Quarto Quartetto per archi


Musica: Gian Francesco Malipiero (1882 - 1973)
Organico: 2 violini, viola, violoncello
Composizione: Asolo, 30 maggio 1934
Edizione: Chester, Londra, 1921
Guida all'ascolto (nota 1)

Al Quartetto d'archi Gianfrancesco Malipiero dedicò otto composizioni, in un arco compreso fra il 1920 e il 1964. Pochi sono i compositori che, nel Novecento, hanno prodotto un lascito quartettistico altrettanto cospicuo ed importante; eppure a tutt'oggi l'apparizione del nome di Malipiero nel cartellone di una grande istituzione concertistica costituisce una rarità, una eccezione. Infatti sulla cosiddetta "generazione dell'Ottanta" grava una sorta di damnatio memorìae, per la quale compositori come Pizzetti, Respighi, Casella e lo stesso Malipiero vengono solitamente "dimenticati" nelle stagioni di concerti; forse, almeno in parte, per esorcizzare la loro militanza ideologica e il loro fiancheggiamento politico nel ventennio fascista. In effetti il provincialismo della politica culturale fascista non manca di ripercuotersi nelle partiture dei compositori della generazione dell'Ottanta. A costoro peraltro viene in genere riconosciuto un merito storico, quello di avere riportato in auge la tradizione strumentale italiana, soffocata dal fenomeno del melodramma, nel momento in cui questo degenerava negli esiti del post-verismo (a cui non furono estranei peraltro gli stessi Respighi e Pizzetti).

Fra i compositori della generazione dell'Ottanta, Malipiero fu probabilmente quello che riuscì a conciliare in modo più personale l'apertura verso l'Europa e il perseguimento di una linea creativa originale e incisiva. Non a caso un compositore come Luigi Dallapiccola lo indicò come il maggior autore italiano dopo Verdi, anteponendolo a Puccini. Un giudizio che può apparire oggi paradossale, ma ha tuttavia un suo fondamento. Basterebbe considerare come la produzione quartettistica di Malipiero non imiti modelli d'oltralpe, ma proponga soluzioni personalissime.

L'esigenza, di una intera generazione di compositori italiani, di riportare in auge la musica strumentale, in funzione antimelodrammatica, doveva inevitabilmente confrontarsi con il genere del quartetto per archi, considerato come il vertice concettuale della musica strumentale. Tuttavia per Malipiero - cresciuto nell'ammirazione di Debussy e folgorato da Stravinsky - il rifiuto dell'Ottocento era anche il rifiuto di quelle tecniche di scrittura che costituivano la base di tutta la fioritura quartettistica da Haydn in poi. In particolar modo la tecnica di elaborazione tematica, per la quale frammenti del tema vengono ripresi e progressivamente "lavorati", trasformati dagli strumenti.

La logica della scrittura strumentale di Malipiero è dunque essenzialmente paratattica, procede cioè per giustapposizioni di periodi e sezioni, anche fortemente contrastanti fra loro. E, in questa tecnica, l'autore guarda al passato, precisamente quello del patrimonio vocale e strumentale del Rinascimento e del primo Barocco. Ecco dunque che i primi tre Quartetti hanno come titoli "Rispetti e strambotti", "Stornelli e ballate", "Cantari alla madrigalesca", riprendendo appunto i nomi di antiche forme vocalistiche. Ancora più illuminante la prefazione al Primo Quartetto, laddove Malipiero dichiara di volersi liberare dallo stile «di una forma di composizione musicale classica fin dalla nascita, mentre le risorse sonore di cui dispongono gli strumenti, formando un Quartetto d'archi, sono infinite e possono benissimo permettere di uscire dall'atmosfera della musica da camera per farci respirare l'aria delle strade e della campagna».

Ecco dunque che, nel Quarto Quartetto come negli altri sette, c'è prima di tutto una libertà creativa che risponde al principio di una varietà di atmosfere continuamente rinnovata. Se nei primi due Quartetti Malipiero aveva cercato questa libertà in una costruzione a pannelli, con una sorta di ritornello che tornava a palesarsi nei "Cantari alla madrigalesca" la costruzione a pannelli è eliminata, in favore di un discorso musicale in continua evoluzione.

Il Quarto Quartetto, completato ad Asolo il 30 maggio 1934, segue lo stesso modello, ma con una capacità di organizzazione del materiale ancora più logica e calibrata. Non c'è infatti, nella libertà espressiva di Malipiero, nessuna tentazione rapsodica. La composizione si articola in un solo movimento, all'interno del quale è possibile però distinguere almeno sette sezioni differenti. Mancano le inflessioni popolari dei primi Quartetti, sostituite dall'alternanza fra momenti di un contrappunto arguto e aereo, in cui si riconosce il modello madrigalistico, e la definizione di atmosfere meditative, di ascendenza monteverdiana. Se queste ultime si giovano di una timbrica suadente e studiatissima, i momenti madrigalistici si basano su una scorrevoleza dialogica fra i quattro strumenti che fa spesso ricorso al contrappunto barocco. Ma quello che più colpisce è la perfetta alternanza fra le diverse sezioni, che sfrutta anche ritorni tematici e trasformazioni - come la riapparizione, al termine, dell'idea iniziale, ma invertita e con serrate imitazioni - lontanissime dalla logica classica e in definitiva riconducibili solo alla personalità di grande indipendente del compositore.

Arrigo Quattrocchi


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia.
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 29 gennaio 1999


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Ultimo aggiornamento 27 aprile 2012