Concerto n. 3 per pianoforte e orchestra


Musica: Gian Francesco Malipiero (1882 - 1973)
  1. Allegro
  2. Lento
  3. Allegro agitato
Organico: pianoforte solista, 3 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 4 corni, 2 trombe, timpani, archi
Composizione: Venezia, 3 luglio 1948
Prima esecuzione: Louisville, Philharmonic Society, 8 marzo 1949
Edizione: Ricordi, Milano, 1950
Guida all'ascolto (nota 1)

Nel 1933 inizia la serie delle sinfonie malipieriane. Sarà, la sinfonia di Malipiero, «una forma libera di poema in più parti che si seguono capricciosamente, obbedendo soltanto a quelle leggi inafferrabili che l'istinto riconosce e adotta per esprimere un pensiero o un seguito di pensieri musicali». Forma che si ispira, ancora, all'antica musica italiana, e di cui, dunque, sono parenti prossimi le Pause del silenzio, i Rispetti e strambotti e gli analoghi lavori strumentali precedenti, «solo che, superata la reazione contro gli sviluppi tematici, in essa la costruzione è meno venatamente frammentaria», allo stesso modo che dalla Favola del figlio cambiato in poi vengono accolti dal musicista libretti su soggetti altrui con svolgimenti narrativi regolari e continui. Dopo la Prima Sinfonia (in quattro tempi come le quattro stagioni) nasceranno la Seconda Sinfonia (Elegiaca) (1936), la Terza (delle campane) (1947), la Quarta (in memoriam) (1946), poi, pur con gli spiriti e le intonazioni poetiche seguiti ai Capricci di Callot, la Quinta Sinfonia (concertante in eco) (1948), la Sesta (degli archi) (1947), la Settima (delle canzoni) (1948), la Sinfonia in un tempo (1950), la Sinfonia dello Zodiaco (1951), ecc., fino alla Sinfonia per Antigenida (1962) e all'Ottava Sinfonia (Symphonia brevis) (1968).

Altrettanto, sarà nel periodo attorno alla Favola dal figlio cambiato che cominceranno a venire alla luce, parallelamente alle sinfonie, i concerti: due per violino (1932 e 1963), uno per violoncello (1937), sei per pianoforte (dal 1934 al 1964), uno per tutti e tre questi strumenti insieme e orchestra (1938); i quali saranno concepiti - dichiarerà l'autore - come «orazioni»: «una voce si alza e l'orchestra la segue come moltitudine che ascolta colui che ha qualcosa da dire o, con più modestia parlando, che vorrebbe dire qualcosa». «Naturalmente - aggiungerà sempre Malipiero - la rettorica, il virtuosismo sono stati evitati come malattia contagiosa».

Ecco nascere in questo spirito anche il Terzo Concerto, ove pure «si può dire che il discorso musicale si guarda in ogni momento da quella mutile retorica che si chiama virtuosismo», giacché «il pianoforte offre tali risorse coloristiche da concedere la rinuncia al gioco delle mani in favore di quello dello spirito». Il Terzo Concerto è nient'altro che «il seguito dei due che lo precedono sia nella forma sia nel colore. La sola cosa che l'autore può sperare è di non essersi ripetuto, perché senza fare della ginnastica sonora si può continuare a seguire una linea estetica che offre migliaia di combinazioni che rappresentano le risorse della nostra immaginazione. Solo su questa si può contare. Tutto il resto è un gioco accademico, o per dilettanti».

Il Terzo Concerto per pianoforte e orchestra, finito di comporre a Venezia il 3 luglio 1948, fu suonato la prima volta da Orazio Frugoni con la Philarmonic Orchester di Louisville sotto la direzione di Robert Whitney l'8 marzo 1949.

Piero Santi


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia.
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 7 febbraio 1971


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Ultimo aggiornamento 30 aprile 2013