Kammermusik n. 3 per violoncello obbligato e dieci strumenti, op. 36 n. 2


Musica: Paul Hindemith (1895 - 1963)
  1. Majestätisch und stark
  2. Lebhaft und lustig
  3. Sehr ruhig und gemessen schreitende Viertel
  4. Mäßig bewegte Halbe. Munter aber immer gemächlich
Organico: violoncello solista, flauto (anche ottavino), oboe, clarinetto (anche clarinetto piccolo), fagotto, corno, tromba, trombone, violino, violoncello, contrabbasso
Composizione: agosto 1924 - marzo 1925
Prima esecuzione: Bochum, 30 aprile 1925
Edizione: Schott Music, Magonza, 1925
Dedica: Elsa e Willi Hof
Guida all'ascolto (nota 1)

Il secondo numero della terza Kammermusik per violoncello e dieci strumenti, scritto nel 1925 e dedicata dal compositore a suo fratello Rudolf, valente violoncellista, si rifà al tipo del Concerto settecentesco - e precisamente bachiano -, sia per il trattamento dello strumento solista che per la scrittura contrappuntistica dell'insieme strumentale. L'atteggiamento neo-classico è assunto in questo periodo da Hindemith, non per motivi nostalgici - e tanto meno per il gusto malizioso del pastiche - ma per l'esigenza, autentica ed allora attuale, di riaffermare la necessità di fondare le ragioni del far musica sui valori plastici del melos, dinamici del ritmo, ed architettonici della forma: valori in quel tempo obliterati dal gusto postimpressionista per una musica ritmicamente statica, basata meno sulla linea che sul colore atmosferico, e guidata nella sua costruzione slentata e frammentaria da suggestioni extramusicali, anziché da una sintassi autonoma.

Naturalmente Hindemith non rinnega - e qui sta la sua attualità di allora - la fondamentale conquista impressionista consistente nel raggiungimento della più grande libertà armonica e tonale, in uno con la scoperta ed accentuazione della precipua personalità timbrica dei singoli strumenti: ma tale libertà disciplina, per così dire, nel rigore della forma, schiudendole insospettate possibilità, mediante il trattamento contrappuntistico della nuova armonia, sull'esempio - peraltro - di quanto aveva già attuato il nostro Ferruccio Busoni con la Fantasia contrappuntistica scritta nel 1910.

La successione dei movimenti di questa composizione - sottointitolata Concerto per violoncello - corrisponde a quella dell'antica suite: una robusta introduzione, dal carattere quasi di toccata - un gioioso movimento scorrente su ritmi ternari di danza - un raccolto tempo lento dall'andamento di passacaglia - un finale dalle movenze di gavotta. Lo strumento solista, pur trattato in un modo che ne accentua l'individualità, non si stacca o contrappone alla massa strumentale - come avviene nel concerto romantico - ma si inserisce intimamente nel tessuto generale, collaborando con gli altri strumenti, su un piano di parità, allo svolgimento del comune discorso, in un'opera in cui sinfonismo, virtuosismo, forza costruttiva e vitalità ritmica raggiungono un esemplare, classico equilibrio.

Nicola Costarelli


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia,
Roma, Sala Accademica di via dei Greci, 15 dicembre 1961


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Ultimo aggiornamento 10 aprile 2014