El sombrero de tres picos

Balletto in due parti

Musica: Manuel de Falla (1876 - 1946)
Libretto: Gregorio Martinez Sierra, da Pedro de Alarcón

Parte I:
  1. Introducción - Allegro ma non troppo
  2. La tarde - Allegretto mosso
  3. Danza de la molinera - Allegro ma non troppo
  4. Las uvas - Moderato
Parte II:
  1. Danza de los vecinos - Allegro ma non troppo
  2. Danza del molinero - Poco vivo. Allegretto
  3. Danza del corregidor - Allegretto vivace
  4. Danza final - Poco mosso
Organico: mezzosoprano, 3 flauti (3 anche ottavino), 2 oboi, corno inglese, 2 clarinetti, 2 fagotti, 4 corni, 3 trombe, 3 tromboni, basso tuba, timpani, nacchere, piatti, grancassa, piatto sospeso, campanelli, tamburo, triangolo, xilofono, arpa, pianoforte, celesta, archi
Composizione: 1917 - 1919
Prima rappresentazione: Londra, Teatro Alhambra, 22 luglio 1919
Edizione: J. & W. Chester, Londra, 1921

Ampliamento e revisione della farsa mimica El corregidor y la molinera, n. 50
Guida all'ascolto (nota 1)

Secondo i più attenti studiosi della musica spagnola, l'evoluzione formativa della personalità artistica di Falla si può riassumere in tre periodi: il primo riguarda l'assimilazione degli elementi popolari etnofonici di Spagna, secondo l'esempio già offerto da Pedrell, Albéniz e Granados; il secondo è quello parigino in cui l'autore assorbe i moduli linguistici, tecnici e stilistici dell'impressionismo sotto l'influenza dell'ultimo Debussy; il terzo e ultimo periodo è concentrato su una nuova estetica, più legata alle forme teatrali e più delicata e sfumata nella ricerca di atmosfere musicali di raffinata sensibilità poetica. È chiaro però che il Falla più universalmente conosciuto e amato resta quello dei due balletti, intitolati El amor brujo (L'amore stregone) del 1915 e El sombrero de tres picos (Il cappello a tre punte) o Tricorno, come venne chiamato nella versione per grande orchestra.

Fu lo stesso Diaghilev, il creatore della celebre compagnia dei Balletti Russi, a suggerire a Falla di ricavare un lavoro teatrale dal racconto di Pedro Antonio de Alarcón El sombrero de tres picos, cui aveva attinto Hugo Wolf per la sua opera El Corregidor e che successivamente ispirò Riccardo Zandonai per La farsa amorosa. Una prima versione in forma di pantomima dal titolo El Corregidor y la molinera fu rappresentata nel 1917 al Teatro Eslava di Madrid sotto la direzione di Joaquin Turina. Poi il testo fu trasformato nel balletto in due parti El sombrero de tres picos, la cui musica fu eseguita in forma di concerto a Madrid nel 1919 sotto la direzione di Bartolomé Perez Casas. La prima rappresentazione, allestita dai Balletti Russi, ebbe luogo all'"Alhambra Theatre" di Londra il 22 luglio 1919 sotto la direzione di Ernest Ansermet, con la coreografia di Leonide Massine, le scene e i costumi di Pablo Picasso. Gli interpreti del balletto furono lo stesso Massine (il mugnaio), Thamara Karsavina (la mugnaia), Leon Woisikovsky (il corregidor) e la Grantzeva nel ruolo della moglie del corregidor. Fu un trionfo immediato e l'autore per diffondere il suo lavoro anche nelle sale da concerto ricavò dalla partitura due suites: la prima racchiude le musiche del primo quadro, mentre la seconda, che è la più conosciuta ed eseguita, comprende tre caratteristiche danze spagnole, cioè la sevillana nella danza dei vicini durante la festa notturna di San Giovanni presso il mulino, il flamenco con il suo ritmo fremente e acceso nella danza del mugnaio e infine la jota dagli accenti allegri e spumeggianti nella danza finale.

Anche il libretto del Sombrero de tres picos come quello del Amor brujo è opera di Gregorio Martínez Sierra, il quale adattò la vicenda narrata da Alarcón alle esigenze di una pantomima. I personaggi sono: il mugnaio, la mugnaia, il corregidor, la cui carica è simboleggiata dal cappello a tre punte, la moglie del corregidor, il dandy, i vicini e i poliziotti. La prima parte si svolge di giorno: il mugnaio e la mugnaia sono intenti al proprio lavoro davanti al mulino, quando passano il corregidor e la moglie con il loro seguito. Il corregidor, o governatore, resta colpito dalla prorompente avvenenza della mugnaia, ma, vedendo che la moglie lo guarda sospettosa, prosegue il cammino; più tardi ritorna e cerca di corteggiare la mugnaia, la quale nel momento in cui egli tenta di abbracciarla, gli sfugge e lo fa cadere a terra. Sopraggiunge il mugnaio con un bastone e mostra di credere che ci siano dei banditi, ma poi finge di conoscere il corregidor e lo aiuta a rialzarsi, mentre la mugnaia maltratta il suo corteggiatore. Questi allora si accorge che i due sposi sono d'accordo e si allontana irritato, facendo gesti minacciosi; dopo la partenza la scena termina con un fandango ballato dalla mugnaia e dal mugnaio.

La seconda parte ha luogo di notte: un gruppo di vicini giunge al mulino per la festa di San Giovanni e balla in un clima di spensierata euforia. Appena il mugniaio termina la sua danza viene arrestato dai poliziotti del corregidor; tutti si allontanano impauriti e la mugnaia si ritira nella sua stanza, dove si presenta il corregidor, il quale dopo molte peripezie riesce a introdursi nel letto, lasciato vuoto dalla donna. Torna il mugnaio, che è sfuggito ai poliziotti, e indossa gli abiti del corregidor; questi non trovando i suoi vestiti si infila quelli del mugnaio. Arrivano i poliziotti che si scagliano sul corregidor, credendolo il mugnaio; la scena raggiunge toni di straordinaria festosità e la mugnaia, il mugnaio vestito da corregidor e i vicini si slanciano in una vivacissima danza, schernendo e picchiando il vecchio governatore, sbattuto di qua e di là tra le divertite risate della folla.

La musica è estremamente descrittiva e si adegua allo svolgimento del balletto, con l'inserimento di alcune danze che hanno contribuito notevolmente al successo della partitura, improntata allo stile del flamenco. L'orchestra più ridotta nella prima parte come nella versione di El Corregidor y la molinera, è ampliata nella seconda parte e comprende un ottavino, due flauti, due oboi, un corno inglese, due clarinetti, due fagotti, quattro corni, tre trombe, tre tromboni, tuba, arpa, celesta, pianoforte, timpani, percussioni e archi.

L'Introduzione (Allegro ma non troppo) apre il sipario con un ritmo vigoroso e marcato, per due volte, di trombe, timpani e castagnette, su cui si innesta la voce del soprano, con parole in un certo senso indicative della morale della storia che viene rappresentata. Subentra il tema danzante del Meriggio (Allegretto mosso) con il suono lontano dalla tromba; si ode una frase calda e solare inframezzata da accenti ironici riferiti all'incedere un po' stanco e reumatico del corregidor. La calura pomeridiana viene espressa con efficace varietà timbrica e su un ritmo ripetitivo. Nella Danza della mugnaia (Allegro ma non troppo) esplode un acceso e sensuale fandango con cui la bella molinera finge di sedurre il corregidor, la cui figura socialmente elevata viene descritta da un minuetto, preannunciato dal fagotto. Ed ecco il gioco dell'uva (Vivo), spiritoso e pruriginoso, tra la mugnaia e il corregidor, cui si aggiunge il richiamo al tema danzante già ascoltato. La mugnaia offre un grappolo d'uva al corregidor; questi si avvicina e tenta di baciarla, ma perde l'equilibrio e finisce per terra. La Danza dei vicini (Allegro ma non troppo) è una cullante e carezzevole seguidilla, punteggiata da una frase ritmica elegante e sottilmente ironico-sentimentale, di penetrante effetto evocativo dell'ambiente folclorico spagnolo. Viene quindi la Danza del mugnaio (Poco vivo), impostata su una spigliata e felicissima farruca dal carattere tipicamente andaluso e dalla strumentazione molto colorita, con l'inserimento di spunti melodici popolareschi. Oltre alla voce del soprano si ode un assolo del corno inglese e un piccolo frammento tematico della Quinta Sinfonia di Beethoven. Nella Danza del corregidor (Allegretto) ritorna il motivo settecentesco con sottolineature ironiche, in una vivace animazione strumentale. La Danza finale (Poco mosso) ha una prepotente carica sinfonica (è una travolgente jota) e si espande con luminose sonorità, in un vorticoso crescendo di effetti orchestrali, concludendo festosamente questo balletto di gustoso sapore iberico, intelligentemente permeato da un indovinato equilibrio dialettico tra musica e danza, tra forme chiuse e aperte, tra racconto e divertissement, nel segno di una estroversa, giovanile e sorridente musicalità, lontana da qualsiasi tormento intellettualistico nel panorama artistico novecentesco.

Ennio Melchiorre


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 10 febbraio 1991


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Ultimo aggiornamento 23 gennaio 2016