Siete canciones populares españolas
per voce e pianoforte
Musica: Manuel de Falla (1876 - 1946)
Testo: tradizionale
- El
paño moruno - Allegretto vivace
- Seguidilla
murciana - Allegro spiritoso
- Asturiana
- Andante tranquillo
- Jota
- Allegro vivo
- Nana
- Calmo e sostenuto
- Canción
- Allegretto
- Polo
- Vivo
Organico: voce, pianoforte
Composizione: 1914
Prima esecuzione: Madrid, Ateneo de Madrid, 14 gennaio 1915
Edizione: Max Eschig, Parigi, 1922
Dedica: Madame Ida Godebska
Le Sette
canzoni popolari spagnole, che furono scritte nel 1914 ed
eseguite per la prima volta nel febbraio 1915 a Madrid, durante il
primo concerto della Sociedad Nacional de Musica (istituzione musicale
che si riprometteva di valorizzare l'arte iberica), costituiscono un
punto di riferimento importante nella produzione di Falla, in quanto
segnano l'utilizzazione da parte dell'artista del folclore musicale
della sua terra, secondo un processo di reinvenzione del canto
popolare. Le idee di Falla in proposito furono espresse da lui stesso
in un articolo apparso nella rivista «Mùsica», in cui tra l'altro egli
disse: «La mia modesta opinione è che in una canzone popolare lo
spirito è più importante della lettera. Il ritmo, il modo e gli
intervalli melodici sono la cosa principale, com'è dimostrato dal
popolo con la trasformazione continua della linea melodica. Ma c'è di
più: l'accompagnamento ritmico o armonico è importante almeno quanto la
canzone stessa, e quindi bisogna ispirarsi in questo direttamente al
popolo; chi la pensa diversamente con il suo lavoro non farà altro che
un centone più o meno arguto di quello che vorrebbe realizzare nella
realtà». Da ciò si capisce come Falla, pur arricchendo con il suo gusto
armonico una determinata melodia popolare, non tradisca mai le
caratteristiche della melodia tramandata da questa o quella regione
della Spagna.
Infatti nelle Sette
canzoni si alternano moduli tematici tipicamente andalusi
in El pano moruno,
Canción, Nana, Polo ai canti della Murcia (Seguidilla), delle
Asturie (Asturiana)
e dell'Aragona (Jota),
secondo un criterio di appropriazione dell'anima spagnola in tutta la
sua varietà e diversità di situazioni psicologiche, ubbidendo
all'esempio già offerto da Pedrell, Albéniz e Granados. Non per nulla
Mila sostiene che in questi come in altri componimenti di Falla,
artista di acuta intelligenza creatrice, viene percorsa «la parabola di
una delle esperienze che si offrivano alla musica contemporanea: quella
dell'ispirazione nazionale. Riscatto dal folclore, passaggio dal
pittoresco all'autentico, dal colore locale al genio di un popolo e di
una civiltà, dal caratterisco al carattere: tale è il significato
profondo dell'arte di Manuel de Falla». Le Sette canzoni, che
hanno sempre suscitato ammirazione per la chiarezza e l'eleganza del
disegno armonico e per la morbidezza timbrica della linea vocale, sono
dedicate a madame Godebski, la quale insieme al marito ebbe rapporti
amichevoli e cordiali con Falla e altri musicisti, tra cui Ravel, un
compositore sinceramente apprezzato dall'autore dell'Amor brujo.
EL
PAÑO MORUNO
Al paño fino, en la tienda,
Una mancha le cayó;
Por menos precio se vende,
Porque perdió su valor. |
IL
PANNO MORESCO
Sul panno fino, nella bottega,
una macchia è caduta.
Lo si vende a minor prezzo
perché ha perduto il suo pregio. |
SEGUIDILLA MURCIANA
Cualquiera que el tejado
tenga de vidrio,
No debe tirar piedras
al del vecino.
Arrieros somos; -
puede que en camino
Nos encontremos!
Por tu mucha inconstancia
yo te comparo
Con peseta que corre
de mano en mano:
Que al fin se borra,
y creyéndola falsa
Nadie la toma. |
SEGUIDILLA
MURCIANA
Chiunque di vetro ha il tetto,
non deve tirar sassi
a quello del vicino.
Siamo mulattieri:
chissà che sui sentieri
non ci si incontri!
Per la tua molta incostanza
ti paragono
a moneta che passa
di mano in mano:
si riga infine,
e credendola falsa .
nessuno la prende. |
ASTURIANA
Por ver si me consolaba,
Arrimóme a un pino verde
Por ver si me consolaba,
Y el pino, como era verde,
Por verme llorar, lloraba. |
ASTURIANA
Per vedere se mi consolava
m'accostai a un pino verde:
e il pino, com'era verde,
piangeva,
vedendomi piangere. |
JOTA
Dicen que no nos queremos
Porque no nos ven hablar.
A tu corazón y al mío
se lo pueden preguntar.
Ya me despido de ti,
De tu casa y tu ventana;
Y aunque no quiera tu madre,
¡adiós, niña, hasta mañana! |
JOTA
Dicono che non ci amiamo
perché non ci vedono parlare:
al tuo cuore e al mio
lo possono domandare.
Già m'allontano da te,
dalla tua casa, dalla finestra,
e se anche tua madre non vuole,
addio, bambina, a domani! |
NANA
Duérmete, niño, duerme;
duerme, mi alma,
duérmete, lucerito
de la mañana. |
NINNA-NANNA
Dormi, bimbo, dormi,
dormi anima mia,
dormi, stellina
del mio mattino! |
CANCIÓN
Por traidores, tus ojos
voy a enterrarlos;
no sabes lo que cuesta,
niña, el mirarlos.
Dicen que no me quieres;
ya me has querido...
Vayase lo ganado
por lo perdido. |
CANZONE
Sono traditori i tuoi occhi:
vado a seppellirli!
Non sai che costi,
bimba, guardarli.
Dicendo che non m'ami
già m'hai amato.
Vada il guadagno
per ciò che ho perduto. |
POLO
Ay, guardo una pena en mi pecho
que a nadie se la dire.
¡Malhaya el amor, malhaya,
y quien me lo dio a entender! |
POLO
Ho nel cuore una pena
che a nes'suno dirò.
Mal s'abbia l'amore
e chi me lo insegnò! |
(1)
Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Sala Accademica di via dei Greci, 18 gennaio 1980
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Ultimo aggiornamento 17 dicembre 2015