El amor brujo

Suite dal balletto

Musica: Manuel de Falla (1876 - 1946)
Organico: 2 flauti (2 anche ottavino), oboe (anche corno inglese), 2 clarinetti, fagotto, 2 corni, 2 trombe, timpani, percussioni, pianoforte, archi
Composizione: 1925
Edizione: J. & W. Chester, Londra, 1924
Guida all'ascolto (nota 1)

Non c'è dubbio che, insieme alla commedia mimica picaresca El sombrero de tres picos, il balletto El Amor brujo sia tra le composizioni più popolari e universalmente note di Manuel de Falla. El Amor brujo (L'amore stregone), balletto in un atto di ambientazione andalusa, fu scritto su libretto di Gregorio Martinez Sierra e venne rappresentato per la prima volta al Teatro de Lara di Madrid il 15 aprile 1915 sotto la direzione di Joaquin Turina e con la coreografia di Pastora Imperio, una danzatrice e cantante gitana, che aveva chiesto a Falla di comporre per lei soltanto una danza e una canzone. Il musicista invece pensò bene di dedicarle un intero balletto, che inizialmente non incontrò molto favore. Falla rimise le mani sulla parte strumentale e allargò l'organico orchestrale, che nella versione definitiva comprende due flauti con l'ottavino, l'oboe, il corno inglese, due clarinetti, un fagotto, due corni, due trombe, timpani, pianoforte e archi. In questa nuova veste El Amor brujo fu ripresentato al teatro "Trianon Lyrique" di Parigi il 22 maggio 1925 nella coreografia di Antonia Mercè, soprannominata l"'Argentina". Il successo questa volta fu unanime e divenne ancora più caloroso quando la partitura fu eseguita nella versione concertistica, con o senza la partecipazione della voce che commenta liricamente alcuni momenti della vicenda.

I personaggi che animano il balletto sono le due giovani gitane Candelas e Lucia, Carmelo e uno spettro, che simboleggia la figura di colui che fu amato in passato dalla vivace e intraprendente Candelas. Costei, con l'arrivo della primavera, vorrebbe cedere alle lusinghe pressanti del giovane Carmelo che la corteggia, ma tutte le volte che i due innamorati tentano di baciarsi appare il fantasma e li divide. Conoscendo il debole del defunto per le belle ragazze, che sembra durare ancora, Carmelo persuade la vezzosa Lucia, amica di Candelas, ad attirare lo spettro e a distogliere la sua attenzione. Infatti quando il fantasma ricompare per disturbare il colloquio amoroso fra Candelas e Carmelo, Lucia lo conquista con la sua bellezza e la sua civetteria, permettendo ai due innamorati di baciarsi indisturbati, così da porre fine al fastidioso incantesimo.

Su questo tema che può sembrare scherzoso, ma ha un risvolto cupo e drammatico, Falla ha costruito una musica di gusto popolare e zingaresco, ispirata al «cante jondo» degli andalusi e sempre sorretta da figurazioni ritmiche tipiche della danza spagnola. Il lavoro si apre con una frase brillante a piena orchestra (Introduccion y Escena), mirante a tratteggiare il caldo paesaggio andaluso. Di sapore misteriosamente notturno è il brano successivo (En la cueva), in cui appare una dolce melodia dell'oboe. Ecco l'apparizione (El Aparecido) dello spettro dello zingaro morto, che manifesta la sua influenza ossessiva nella Danza del terror. Un attimo di incantata distensione viene espresso nel pezzo El círculo màgico, cui seguono le poche battute di A media noche, preludio alla celeberrima Danza ritual del fuego, dove il rito volto a fugare le stregonesche superstizioni gitane raggiunge una efficacia musicale di straordinario effetto. Nel brano Escena la dolente melodia dell'oboe vuole ricordare l'angoscia di Candelas. Ritorna il tema iniziale della musica nella Pantomima, sfociando in un delicatissimo intermezzo lirico di incantevole poesia melodica, concepito in precedenza da Falla per essere inserito con il titolo Cádiz nelle Noches en los jardines de España. Il dramma si scioglie e il fantasma viene vinto con la Danza del juego de amor: l'orchestra ubbidisce al ritmo della jota e la voce canta ancora una canzone dalle venature popolaresche. Infine le campane annunciano il mattino (Las campanas del amanecer) e la vicenda si conclude in un clima di festoso giubilo, quasi a significare che la vita trionfa sulla morte.


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 19 maggio 1889


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Ultimo aggiornamento 28 gennaio 2016