Tartiniana II

Versione per violino e orchestra su temi di Giuseppe Tartini

Musica: Luigi Dallapiccola (1904 - 1975)
  1. Pastorale - Molto calmo, ma senza trascinare
  2. Tempo di bourrée
  3. Intermezzo - Grazioso; con semplicità
  4. Presto; leggerissimo
  5. Variazioni
    1. Decisamente
    2. Maestoso
    3. Tranquillo
    4. Doloroso (Canon per augmentationem, contrario motu)
    5. Alla Sarabanda (Canon cancrizans)
    6. Deciso; duramente (Canon ad Hypodiapason)
    7. Con gagliardia
Organico: violino solista, 2 flauti (2 anche ottavino), oboe, corno inglese, clarinetto piccolo, clarinetto, clarinetto baso, fagotto, corno, tromba, timpani, piatto piccolo, tamburo militare, arpa, celesta, xilofono, vibrafono, glockenspiel, 4 viole, 4 violoncelli
Composizione: 1955 - 1956
Prima esecuzione: Rai Torino, 15 marzo 1957
Edizione: Suvini Zerboni, Milano, 1957
Dedica: Sandro Materassi
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

«Il mio fraterno amico, il violinista Sandro Materassi, cui quest'opera è dedicata, mi aveva portato da Padova numerosissime fotocopie di manoscritti di Giuseppe Tartini (1692-1770); studiai questo materiale e così ebbero vita due lavori che intitolai Tartiniana. In generale i temi del grande violinista istriano sono esposti senza modificazioni; lievi modificazioni intervengono qualora queste siano necessarie alla costruzione di canoni». Nata nel 1955-'56 per violino e pianoforte, la Tartiniana seconda fu strumentata da Dallapiccola per orchestra da camera prendendo a modello il lavoro omonimo, intitolato Tartiniana, scritto cinque anni prima. Ancora una volta ci troviamo di fronte a un'opera tonale, l'ultima prima dell'adozione integrale e definitiva della dodecafonia, basata tuttavia sull'«applicazione di canoni diversissimi», che in un certo senso prefigurano un tipo di solare serenità, espressione di quella gioia di contrappuntistico.

Il filone tartiniano di Dallapiccola è un filone di solare serenità, espressione di quella gioia di comunicare che riluce sempre al fondo della sua natura musicale anche nelle opere più difficili ed elaborate, magari solo a squarci. La Tartiniana seconda è un «Divertimento» in un duplice senso, uno storico (il Divertimento come forma del comporre settecentesca, costituita da una serie di movimenti di danza di carattere alterno) e uno per così dire privato: la gioia di scrivere una musica «semplice» e «accessibile» intrisa di memorie del passato ma in funzione del presente, indirizzata cioè verso orizzonti linguistici novecenteschi. Sovente i canoni diversissimi o frammenti di essi sono sovrapposti polifonicamente, sì da generare intrecci fra le varie voci che fondono con naturalezza il parametro melodico con quello timbrico: e ciò si evidenzia soprattutto nella versione orchestrale, che conferisce al violino un più marcato accento solistico, e presenta al centro un Intermezzo puramente orchestrale aggiunto appositamente per questa versione. Dal punto di vista formale il processo compositivo, aperto da una Pastorale e proseguito da un Tempo di Bourrée, dall'Intermezzo e da un Presto, leggerissimo, culmina nelle Variazioni dell'ultimo movimento, ove consapevolmente il virtuosismo delle combinazioni canoniche e la stessa sapienza costruttiva varcano le soglie di una severa e dolorosa intensità tutta moderna.

Sergio Sablich

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Il concerto odierno inizia con un omaggio a Luigi Dallapiccola, uno dei primi e tra i più rappresentativi dodecafonici italiani, educato e cresciuto nel solco tracciato dalla grande triade musicale viennese: Schoenberg, Berg e Webern. Dallapiccola è arrivato attraverso varie fasi al suo originale e più completo stile compositivo, dopo aver subito tre crisi decisive: la prima nel 1924, quando il musicista ventenne udì a Firenze, in un concerto a Palazzo Pitti, il Pierrot lunaire di Schoenberg, diretto dall'autore; la seconda intorno al 1932, quando sembrò riavvicinarsi ai modelli del neoclassicismo musicale, con la Partita per orchestra e i Tre studi per soprano e orchestra da camera; la terza, cominciata intorno al 1938, quando alcune idee filosofiche accentrate intorno al concetto della libertà trovarono una più razionale rispondenza nell'osservanza del linguaggio dodecafonico. In realtà, come spiegò lo stesso Dallapiccola in un suo scritto non tanto la scoperta del Pierrot lunaire, alla cui esecuzione fiorentina era presente anche Giacomo Puccini, aperto ad ogni nuova esperienza, doveva spingerlo ad interessarsi al sistema dodecafonico, quanto la conoscenza più circostanziata dell'opera di Webern e la lettura approfondita dei romanzi di James Joyce e Marcel Proust, in cui i raffinati giochi della memoria e i rapporti tra realtà e fantasia, tra sentimento e intelligenza umana assumono una nuova dimensione nella visione del fatto artistico.

A parte la scelta dodecafonica, bisogna aggiungere che Dallapiccola è stato un musicista di larga cultura filosofico-letteraria e di solida preparazione contrappuntistica, come dimostra la Tartimana seconda, scritta in due versioni, per violino e pianoforte e per violino e orchestra da camera, entrambe dedicate a Sandro Materassi, il violinista fiorentino che ha suonato per molti anni in duo con il compositore. La prima versione fu presentata per la prima volta a Vienna nel marzo del 1956, mentre il Divertimento per violino e orchestra, della durata di 12 minuti, ebbe la sua prima esecuzione alla RAI di Torino il 15 marzo 1957, sotto la direzione d'orchestra di Sergiu Celibidache e con Ida Haendel come violinista. In questo lavoro, articolato in diversi movimenti e con il violino in funzione nettamente solistica, si avverte tutta la maestria armonica e timbrica di Dallapiccola, che sul tema di una sonata violinistica di Tartini costruisce un elegante e delicata trama sonora, tra varietà dì forme canoniche e contrappuntistiche. E' il violino che espone nella Pastorale il tema originale e lo richiama in forma modificata per moto retto e moto contrario, nello svolgimento dei vari tempi, sia danzanti, come nella Bourrée, che brillanti, come nella variazione finali, dove l'autore dispiega la sua bravura compositiva, ricorrendo alla tecnica del «Canon per augmentationem, contrario motu», del «Canon cancrizans», cioè retrogrado, e del «Canon ad hypodiapason», il che significa, secondo l'antica teoria musicale greca, «canone all'ottava inferiore». L'orchestra, che è trattata con molta parsimonia timbrica, è formata da quattro viole, quattro violoncelli, due flauti, ottavino, oboe, corno inglese, tre clarinetti, fagotto, corno in fa, tromba in do, arpa, celesta, xilofono, vibrafono, glockenspiel, piatto piccolo e tamburo militare.


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto della RAI,
Napoli, Sede Regionale per la Campania, 15 novembre 1985
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 21 gennaio 1983


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Ultimo aggiornamento 3 aprile 2013