Sonatina canonica in mi bemolle maggiore

per pianoforte su Capricci di Paganini

Musica: Luigi Dallapiccola (1904 - 1975)
  1. Allegro comodo, allegro molto misurato dal Capriccio n.20
  2. Largo, vivacissimo dal Capriccio n.19
  3. Andante sostenuto dal Capriccio n.14
  4. Alla marcia, moderato dal Capriccio n.14
Organico: pianoforte
Composizione: 1942 - 1943
Prima esecuzione: Perugia, Università per stranieri, 3 marzo 1946
Edizione: Suvini Zaniboni, Milano, 1946
Dedica: Pietro Scarpini
Guida all'ascolto (nota 1)

La nascita della Sonatina Canonica in Mi bemolle maggiore, su "Capricci" di Niccolo Paganini è descritta da Luigi Dallapiccola (Pisino, Istria, 1904 - Firenze, 1975), con precisione di particolari aneddotici, in un breve scritto apparso nella raccolta postuma Parole e musica (a cura di Fiamma Nicolodi, Milano, 1980, Il saggiatore, pp. 437-9): nel maggio 1942 il proprietario delle Edizioni musicali Suvini Zerboni, Paolo Giordani, chiese all'autore un breve brano da far comparire in un'antologia di nuove musiche pianistiche per i Conservatori. Dallapiccola scelse di rielaborare attraverso l'imitazione a canone uno dei Capricci per violino di Niccolo Paganini, poiché gli sembrava che quei capolavori, riletti lungo tutto il secolo precedente e trascritti con pianoforte anche nel suo, non fossero stati ancora utilizzati per le potenzialità contrappuntische che presentavano. Trasferitosi in campagna durante l'occupazione tedesca, Dallapiccola, per proprio interesse ed approfondimento, proseguì la stessa operazione con altri Capricci, nonostante l'impegno con l'editore fosse stato già assolto. Alla fine della guerra, con la ripresa dei contatti e della collaborazione con Giordani, Dallapiccola si accorse con disappunto dell'eterogeneità qualitativa dell'antologia, e propose a Giordani di pubblicare quella prima rielaborazione insieme alle altre rimastegli nel cassetto.

L'episodio potrebbe far pensare, nel caso della Sonatina Canonica, ad un lavoro occasionale: dietro l'occasione contingente, le scelte di Dallapiccola sono una volta di più chiare, e coerenti alla sua linea. Paganini viene visto non come il modello del compositore-virtuoso, ma come un'indagatore dell'universo timbrico del suo strumento: una fisionomia, questa, presente nella non ampia produzione pianistica di Dallapiccola, che pure era pianista di grande spessore (si legga in proposito l'articolo di Arrigo Quattrocchi in Studi su Luigi Dallapiccola, Lucca, 1993, LIM). Vi si aggiunga la vena lirica, pienamente fruttifera nel genovese come nell'istriano, e le ragioni della scelta sono definite: esse coincidono peraltro con quelle che sono alla base dell'utilizzo di temi del violinista e compositore Giuseppe Tartini per le due Tartiniane degli anni '50.

Mancano solo da indagare le scelte relative all'impiego dell'imitazione in canone. In trasparenza, dietro di loro si scorgono gli esponenti della "seconda scuola viennese", Webern in particolare, e il loro uso sistematico delle secolari forme della trasformazione canonica: inversione e/o retrogradazione degli intervalli, aumentazione o diminuzione dei valori del soggetto, dislocazione nello spazio sonoro attraverso la scelta del differenziale di tempo e di intervallo sonoro con cui far entrare le voci in canone.

Per i due "tempi veloci" - quelli pari, derivati rispettivamente dai Capricci nn. 19 e 14 - della Sonatina Canonica, Dallapiccola tende a disporre le voci in canone a breve distanza (in "stretto"), per dar luogo ad una caleidoscopica rifrazione delle figure ritmiche. Nei movimenti dispari, la costruzione canonica è più complessa: la sezione in tempo moderato del primo (dal Capriccio n. 20 trasposto un semitono sopra) intreccia tre imitazioni del tema, di cui due aumentate e spostate alla tonalità una quinta sotto; così come per il terzo movimento, che sottopone otto battute del Capriccio n. 11 a canoni all'unisono e poi all'ottava con retroversione del soggetto ("cancrizans"), questi processi non hanno un esito solo costruttivo, ma accendono ognuno una determinata luce timbrica sull'oggetto sonoro, anche grazie alle scelte di registro pianistico e, nel primo tempo, di realizzazione del pedale armonico.

Alessandro Mastropiero


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 20 marzo 2003


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Ultimo aggiornamento 8 dicembre 2012