Preludio e fuga in re maggiore, BuxWV 139


Musica: Dietrich Buxtehude (1637-1709)
  1. Preludio
  2. Fuga
  3. Adagio
  4. Toccata 1
  5. Adagio
  6. Toccata 2
Organico: organo
Composizione: data sconosciuta
Edizione: Breitkopf & Härtel, Lipsia, 1875 - 1876
Guida all'ascolto (nota 1)

Della trentina circa di composizioni organistiche in forma libera che ci sono pervenute di Buxtehude, due terzi sono Preludi e fughe. Ed è proprio in questi venti Preludi e fughe che il Moser individua «le più imponenti» tra le opere per organo di Buxtehude. Nota poi il Moser che i Preludi e fughe sono dal musicista danese ancora trattati «alla maniera della toccata», anche se «contrastano nello spirito e nella forma più di quanto non accadesse fra le toccate e i ricercari nel periodo compreso fra il 1550 e il 1650».

In Buxtehude il rapporto tra il preludio e la fuga è quello dei due versetti di un distico: non v'è ancora la complementarità nell'opposizione che caratterizza la «dicotomia» bachiana (come la chiama il Moser). Sovviene, a creare varietà, la fantasia dell'autore, che ha la vivacità dell'improvvisazione, Buxtehude è un musicista fervido d'immagini e ricco d'invenzione: e l'espressione in lui viene sempre prima della struttura architettonica, che sembra quasi sorgere a poco a poco secondo una logica del tutto interiore che ha le sue radici nell'intuizione melodica. Si leggano in proposito le significative osservazioni del Moser a proposito della «fuga» nella musica organistica di Buxtehude: «Grazie al possente furor organisticus, Buxtehude sa mantenere, ricorrendo al suo fine istinto, la gravità dell'espressione in ogni singolo episodio della fuga; egli non sembra dare troppo peso ai cosiddetti «temi di ripetizione», ai quali Haendel e Bach ricorreranno volentieri; ama piuttosto condurli dalla loro iniziale condizione di semplice cellula tematica ad un alto grado di espansione e di sviluppo».

E si aggiungano le acute osservazioni dell'organista danese Finn Videro a proposito delle caratteristiche stilistiche e linguistiche di Buxtehude: «Il suo stile, che evita con cura ogni prolissità, è notevolmente serrato e dà l'impressione che ciascun frammento d'ogni pezzo sia concepito di getto come una frase melodica. L'armonia, ricca d'alterazioni cromatiche, reca l'impronta dei modi ecclesiastici e pur lascia apparire la sua affinità alle tonalità del maggiore e del minore ed è proprio da questo contrasto che deriva la freschezza degli accordi imprevisti, che conferiscono all'opera il suo marchio d'originalità. La melodia, stilisticamente semplice, fa pensare a un canto popolare e il ritmo presenta spesso un carattere capriccioso, dovuto soprattutto all'uso delle pause in battere».

Carlo Marinelli


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Sala Accademica di via dei Greci, 16 febbraio 1968

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Ultimo aggiornamento 15 ottobre 2017