Sinfonia n. 4 in mi bemolle maggiore "Romantica"


Musica: Anton Bruckner (1824 - 1896)
  1. Bewegt, nicht zu schnell (Mosso, non troppo veloce) (mi bemolle maggiore)
  2. Andante, quasi allegretto (do minore)
  3. Scherzo. Bewegt (Mosso) - Trio: Nicht zu schnell (si bemolle maggiore)
  4. Finale: Bewegt, doch nicht zu schnell (Mosso, ma non troppo veloce) (mi bemolle maggiore)
Organico: 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 4 corni, 3 trombe, 3 tromboni, basso tuba, timpani, archi
Composizione: Prima versione: Vienna, 2 gennaio - 22 novembre 1874; Seconda versione: maggio - dicembre 1878; Terza versione: Vienna, 19 novembre 1879 - Vienna, 5 giugno 1880; Quarta versione: 1887 - 1889
Prima esecuzione: Vienna, Großer Musikvereinsaal, 20 febbraio 1881
Edizione: Albert J. Gutmann, Vienna, 1889
Dedica: principe Costantino di Hohenlohe-Schillingsfürst
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Tra le undici Sinfonie portate a termine da Anton Bruckner, la Quarta (1874), oltre ad essere la più eseguita insieme alla Settima, è l'unica a portare un titolo di carattere descrittivo voluto dall'autore. La Quarta Sinfonia di Bruckner costituisce indubbiamente uno snodo fondamentale sia nella produzione musicale che nella stessa vita del compositore austriaco, incalzato a metà degli anni Settanta da incertezze e difficoltà. Ciononostante, proprio l'opera partorita in questo clima di angosciosa instabilità si rivelerà, dopo numerose traversie, il suo primo, seppur sostanzialmente fragile, successo in una esecuzione pubblica, contribuendo ad avviarlo verso un consolidamento della propria situazione professionale ed economica (cosa che avverrà solo con il successo della Settima Sinfonia, all'età di 60 anni). Il 22 novembre 1874 è la data riportata sulla partitura a conclusione della Sinfonia, il cui inizio risaliva al 2 gennaio del medesimo anno. Una prima esecuzione berlinese, programmata per la primavera del 1877, venne annullata; ciò diede modo al compositore di operare una prima significativa revisione, cedendo alle numerose pressioni di quanti insistevano perché rendesse le sue partiture più semplici sia all'esecuzione che all'ascolto. Questa costante richiesta di alleggerimenti, tagli e modifiche da parte di vari direttori, fra cui spiccava Johann Herbeck, veniva vissuta con un misto di dubbiosa amarezza e di operosa rassegnazione da Bruckner, che raramente seppe opporsi alle pressioni esterne. In una lettera del 1877 Bruckner giungeva infatti a qualificare, con la consueta febbre autocritica, alcuni passaggi violinistici dell' Adagio della Quarta come pressoché ineseguibili, e la strumentazione "troppo carica e inquieta".

La rielaborazione della partitura impegnò il compositore dal gennaio alla fine di settembre del 1878, mentre nel novembre dello stesso anno vide la luce il nuovo Scherzo - che rappresenta la caccia - destinato a divenire uno dei più celebri movimenti sinfonici del tardo Ottocento. Neppure questa nuova versione fu data alle stampe e nel 1879 l'autore volle approntare un'ulteriore versione del Finale. Conclusi gli aggiustamenti nel giugno 1880, la Sinfonia potè finalmente essere presentata nel Musikvereinsaal della capitale austriaca, il 20 febbraio 1881, in un concerto dei Filarmonici di Vienna diretto da Hans Richter. Il successo della prima non servì ad arrestare la complessa e intricata storia delle rielaborazioni della Sinfonia, che proseguì con altri ritocchi per esecuzioni successive dirette da Felix Motti (nel dicembre 1881 a Karlsruhe, prima esecuzione di un lavoro sinfonico di Bruckner in Germania) e da Anton Seidl. La prima edizione a stampa, curata da Ferdinand Löwe e ritoccata nella strumentazione con il consenso dell'autore, venne pubblicata nel 1889. Sostituita nell'uso dalla partitura approntata nel 1936 da Robert Haas, sulla base del materiale relativo alla prima esecuzione del 1881, è stata a sua volta soppiantata dalla nuova edizione critica di Leopold Nowak uscita nel 1975, oltre un secolo dopo la creazione della Sinfonia bruckneriana.

Gli anni in cui nasce la Quarta Sinfonia coincidono anche con l'epoca in cui si sviluppa l'accesa querelle tra i paladini di Bruckner (e indirettamente di Wagner) e quelli di Brahms, vicenda nella quale il compositore austriaco si trovò in una posizione di sofferente soggetto passivo, la sua colpa consistendo esclusivamente nell'adesione pubblica alla poetica wagneriana. Questa professione di fede, culminata poi nella dedica della Terza Sinfonia e riflessa nelle profferte di stima e affetto dell'autore del Tristan, aveva reso Bruckner inviso a Eduard Hanslick, il più potente e autorevole fra i critici viennesi, che pure inizialmente gli aveva mostrato simpatia e dispensato incoraggiamenti.

Oltre a deriderne sarcasticamente le prime Sinfonie, fu lo stesso critico a ostacolare a più riprese la carriera del compositore, come quando nel 1875, appena terminata la Quarta Sinfonia, fece in modo che fosse respinta la richiesta di un incarico all'Università di Vienna, impiego che avrebbe puntellato una situazione economica piuttosto critica. Ci vollero altri due anni almeno perché Bruckner ottenesse un impiego stabile con uno stipendio adeguato; e solo nella recensione della Quarta Sinfonia Hanslick si espresse nei suoi confronti con cordiale benevolenza.

Continua a far discutere il significato della dicitura Romantische scelta come sottotitolo: un riferimento al contenuto stesso della composizione, che si riallaccia al concetto di musica a programma. Bruckner aveva, in effetti, stilato una serie di didascalie, non scrivendole però in partitura (e pertanto non vincolanti esteticamente); didascalie, che, insieme ad alcuni richiami naturalistici (ad es. la cinciallegra per il secondo tema del primo movimento), tracciano una trama di associazioni descrittive di ispirazione storico-letteraria, con richiami che spaziano da Tieck e Hoffmann fino ai cavalieri erranti e ai quadri di von Schwind, da Novalis al Medioevo delle grandi cattedrali gotiche, al Lohengrìn di Wagner. Tuttavia, tutto questo fiabesco mondo medievale suggerito dalle didascalie non equivale ai programmi elaborati per i poemi sinfonici, ad esempio quelli di Liszt, che intendevano saldarsi alla materia letteraria. La sostanza romantica della Quarta non viene filtrata dalla mitologia vetero-germanica, in quanto la commistione fra poesia e musica risulta estranea all'orizzonte estetico e culturale di Bruckner; al contrario si può sostenere che anche Bruckner superasse la dicotomia fra "musica assoluta" e "musica a programma", realizzando lavori sinfonici di concezione autonoma, senza venir meno al verbo romantico.

Il primo movimento, "Mosso, non troppo veloce" (Bewegt, nicht zu schnell), dalla limpida quanto poderosa architettura, si apre con l'esposizione del magnifico richiamo del corno - su intervalli di quinta e di sesta - che spazia sopra l'inquieto tremolo degli archi (un gesto tipicamente bruckneriano). Dopo un'articolata elaborazione, compare il secondo gruppo motivico affidato agli ottoni e siglato dal tema della cinciallegra (che il compositore chiama Zizi-Be), che si apre sull'affettuosa frase delle viole accompagnata da un disegno reiterato dei violini, destinato a farsi sempre più imperioso, con l'intervento della tromba e dei corni. A un breve passaggio in pianissimo segue il rullo dei timpani e un sinuoso dialogo tra flauto e clarinetto, che introduce la ripresa dei vari motivi, per giungere infine alla Coda, in cui il fortissimo dei corni esalta nuovamente il corale strofico del motivo iniziale.

Il secondo movimento, Andante, quasi Allegretto, in forma di Rondò e in tonalità di do minore, viene spesso accostato dai commentatori a un'accorata "marcia funebre". Il carattere malinconico del movimento rivela piuttosto reminiscenze romantiche, segnatamente schubertiane, in particolar modo per la semplicità con cui vengono esposti i due motivi che lo animano. Lo stesso Bruckner, in una lettera a Hermann Levi, accenna a un movimento in forma di Lied, segnando la possibile strada per una via intermedia rispetto alla troppo insistita dicotomia fra musica assoluta e musica a programma. Nel primo nucleo motivico, tratto da un corale protestante, spicca un lungo disegno melodico dei violoncelli, che ricompare nei successivi sviluppi. Il secondo motivo, esposto dalla viola, trascorre poi negli archi con interpunzioni dei corni, in un ampio ventaglio di tonalità. Nello Sviluppo, costanti modulazioni - con il ritorno del primo elemento motivico - trascorrono verso la Coda che passa dal do minore a un trionfale do maggiore, per concludersi infine in un decrescendo da cui si staglia la voce del clarinetto.

Il più celebre movimento della Sinfonia, lo Jagdscherzo del 1878, è anche il più vicino al genere della musica a programma. Nello Scherzo in si bemolle maggiore, Mosso (Bewegt), in cui Max Auer avvertiva "zone crepuscolari e brividi che ci aprono ben altri abissi dell'anima", si delinea una fantastica scena di caccia con il clamore della muta, le fanfare degli ottoni e i richiami dei cacciatori. I corni danno il segnale su un tremolo degli archi, che dall'iniziale pianissimo si gonfia in un crescendo, culminante in un fortissimo in cui ai corni si uniscono tromboni e tuba. Alla risposta delle trombe, quasi in eco, segue un nuovo crescendo in tonalità di fa maggiore. Mezzo tono più in alto il Trio, marcato Non troppo veloce: si tratta di un Ländler dalle venature rustiche e liete, più prossimo forse alle danze slave che agli omonimi schubertiani.

L'ampio Finale, dall'indicazione Mosso, ma non troppo veloce (Bewegt, dock nichtzu schnell) si apre con un nebuloso preambolo che ricorda il clima del Finale della Terza Sinfonia, in cui però l'afflato eroico appare sostituito da un clima misterioso. Lentamente questa atmosfera sospesa cresce d'intensità chiarificandosi e sfociando in un unisono in fortissimo dell'intera orchestra. Segue un richiamo al motivo iniziale del primo movimento (una prassi, quella dell'architettura sinfonica su base ciclica, col ritorno nell'ultimo tempo di temi proposti in precedenza, dedotta da Beethoven, Berlioz o Liszt), cui segue uno Sviluppo di proporzioni vastissime: un processo deduttivo che parte dalle singole cellule motiviche per ripresentarle nelle fogge più varie (ivi incluse inversioni e capovolgimenti dell'impianto intervallare), con un alternarsi di esplosioni sonore, suadenti figurazioni dei violini e ardite sospensioni della tonalità. Dopo la ricomparsa del tema dell'Andante, al quale si intrecciano un poderoso corale e un grazioso motivo di carattere popolare, si giunge alla Coda conclusiva. Alla tromba e alla tuba è affidata la perorazione basata sul nucleo generatore della partitura, in una conclusione che appare come solenne esaltazione della forza visionaria connaturata al sinfonismo di Bruckner

Andrea Penna

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Intorno alla metà del secolo scorso la Sinfonia, come e più di tutte le altre grandi forme della civiltà strumentale classica, conobbe una drammatica crisi di identità. La sicurezza formale con la quale Haydn e Mozart, ciascuno a suo modo, avevano affermato il principio della Sonata, aveva ceduto il campo, con il procedere dell'esperienza di Beethoven, a impianti di altrettanto ferrea solidità ma anche più problematici, nei quali la forma non era più un tranquillo a priori, al quale adattare il materiale tematico di volta in volta prescelto a dar vita alla composizione, sibbene un qualcosa che da quel materiale dalle possibilità di elaborazione in esso implicite traeva le proprie leggi; sostituendosi allo schema, sia pure liberamente inteso, un «progetto» compositivo sempre nuovo, determinato dallo stesso specifico contenuto musicale dell'opera e modellato di pari passo con lo sviluppo di quello. Con l'insorgere e il complicarsi degli assunti espressivi propri alla stagione romantica, la costruzione delle grandi forme era divenuta sempre più difficile: donde il rifugiarsi di tanti compositori nel quadro più ristretto di composizioni brevi, magari condizionate nel loro itinerario formale da esigenze extramusicali; oppure le rischiose avventure di lavori di ampio respiro che potevano riuscire splendidi per intensità espressiva o per ricchezza di proposte fantastiche, ma certo un po' traballanti quanto a strutture, e non solo agli occhi filistei di un accademico. La questione si presentava particolarmente grave nel campo della Sinfonia, che la maggior articolazione compositiva imposta dall'ampiezza dell'organico orchestrale, ormai giunto a possibilità coloristiche pressoché illimitate, e l'imponenza anche esteriore che questo genere implicava, rendevano meno di ogni altra forma maneggevole e duttile, e ben difficile da ricondurre a quella registrazione di emozioni e di suggestioni che viceversa poteva essere consentita dalla scrittura pianistica o dal dialogare di un complesso da camera. Esauritasi con l'ultimo rifacimento della Quarta (1851) l'esperienza sinfonica di Robert Schumann, potè veramente sembrare che il grande tronco portato a così rigogliosa maturazione da Haydn non dovesse dare più frutti: dopo di allora, la storia della Sinfonia (che ovviamente si limita a prendere in considerazione soltanto le opere degne di memoria) registra un vuoto di quindici anni.

In questo lasso di tempo, il maestro che con maggiore autorità e più caparbio e cosciente senso della storia avrebbe per l'ultima volta rinverdito il ceppo genuino della Sinfonia classico-romantica, Brahms, tentò due volte la composizione di una Sinfonia; ma fu costretto ad arrestarsi, rimandando l'impresa a tempi migliori, imponendosi nel frattempo un faticoso noviziato formale nel campo della musica da camera: la sua Prima e la sua Seconda avrebbero veduto la luce soltanto nel 1876-77. Lo batté di parecchi anni un musicista più anziano di lui anagraficamente, ma di più recente vocazione compositiva, che inaugurando con beata astrazione dalla contingenza del momento storico la genealogia dei grandi inattuali in musica, avviò nel 1865 una delle più singolari esperienze creative della storia della Sinfonia. A differenza di Brahms, che consapevolmente avrebbe siglato la conclusione di un preciso capitolo storico, Bruckner ne scrisse senza rendersene affatto conto, e senza porsi nessun problema rispetto al passato o al futuro, una pagina altrettanto gloriosa, isolata sostanzialmente, mà anche capace di offrire qualche premessa per altre, diversissime, avventure di una forma, o del nome di una forma, per altri versi morta e sepolta. Troppo spesso, certo, si è parlato di lui come del precursore di Mahler, e giustamente questa discendenza è stata più volte revocata in dubbio. Ma è altrettanto certo che l'inedita dilatazione delle strutture sinfoniche di Bruckner, il respiro quasi cosmico delle sue maggiori creazioni, l'anelito a una trascendente totalità espressiva implicito nel suo ricorrere al linguaggio armonico e melodico di Wagner, così proiettato verso più vasti orizzonti tonali, costituiscono il solo precedente che si possa riconoscere alle ambizioni universali di certo sinfonismo mahleriano, ferma restando la radicale divergenza delle poetiche e degli assunti spirituali.

Sostanzialmente estranee, nel loro afflato mistico, al ferreo impegno formale di Brahms, ma anche lontanissime, nel loro vigoroso candore, dai compiacimenti letterari degli incandescenti poemi sinfonici di un Liszt, le grandiose composizioni sinfoniche bruckneriane costituiscono un unicum nella storia dell'ultimo Romanticismo centroeuropeo. Il solo termine di confronto che paia proponibile sul piano linguistico è forse Franck, con il suo tessuto armonico dichiaratamente wagneriano, con il suo colore orchestrale talvolta memore delle scomposizioni di piani timbrici e di volume caratteristiche dell'organo tardoromantico: ma anche qui la dimensione spirituale è profondamente diversa, tingendosi nel musicista franco-belga di venature decadenti, stilizzate in un compiacimento contrappuntistico di sapore neogotico, nell'austriaco di castissime estasi contemplative, di un senso del grandioso e del trascendente autenticamente fuori dal tempo. C'erano dunque tutte le premesse perché Bruckner fosse un musicista solo e incompreso: e lo fu, anche se in misura minore di quanto non ci abbia abituato a pensare tanta facile aneddotica. Al di là del riguardo e dell'affetto di un Mahler e di un Wolf e della benevolenza di Wagner e dei wagneriani, Bruckner seppe guadagnarsi la stima di molti. Ma certo pesò su di lui l'ostilità di un critico come Eduard Hanslick, nemico giurato di tutto ciò che sapesse e si dicesse wagneriano, e quella ancor più temibile di un Brahms: legittima, se si pensa che Brahms aveva da difendere la validità di una propria estetica e di una propria etica del comporre; ma non al punto di giustificare la patente di «idiota» affibbiata a Bruckner dal grande rivale, che lo metteva in un mazzo con «i fratacci di Sankt Florian». Allusione, questa, che nella sua pesantezza ben coglieva un dato importantissimo, e non solo biograficamente, della personalità di Bruckner, quello della fervente e incrollabile fede cattolica, cui bisogna ricondurre il marcato spiritualismo che informa tanta parte della sua musica, come pure talune particolarità del suo lessico di sinfonista. Si è parlato fin troppo, a questo proposito, dell'inconfondibile impronta organistica di tante prospettive timbriche bruckneriane: della strumentazione divisa per famiglie, ricreando le contrapposizioni di registri caratteristiche appunto del grande organo del secondo Ottocento; del frequente arrestarsi del flusso sinfonico in ciclopiche masse sonore, effetti grandiosi ottenuti con un sistema semplicissimo, ossia con la molteplice ripetizione di un medesimo inciso articolato in robusti agglomerati accordali, simili a quelli determinati dalla sovrapposizione di tastiere e pedaliera in più raddoppi; della combinazione orizzontale di due o più linee melodiche, meglio se affidate ai legni, contrappuntisticamente dialoganti fra loro come in un divertimento di fuga suddiviso fra i due manuali, e cqsì via. Ma sarebbe errato far risalire tutto ciò a un'abitudine eminentemente organistica di Bruckner, che fu viceversa compositore di autentica vocazione sinfonica anche in fatto di strumentazione: si trattava piuttosto di una dimensione genuinamente liturgica, ecclesiastica, del suo modo di intendere la musica «a maggior gloria di Dio»: unico canale che potesse accogliere le torrenziali espressioni di quella genuina «febbre della Sinfonia» che Brahms stesso non potè non riconoscergli.

Questi caratteri si riflettono nella produzione sinfonica di Bruckner fin dalle prime realizzazioni; ed emergono con particolare pienezza nelle corrusche e grandiose architetture della Terza (1873), che contribuì, anche per il fatto di essere dedicata a Wagner, all'impopolarità di Bruckner presso la cerchia viennese dei brahmsiani (i «bramini»), e in quelle più dilatate e distese, nel turgore delle evocazioni naturalistiche, della Quarta, da Bruckner stesso, o comunque con sua approvazione, intitolata Romantica. La composizione di questa Sinfonia occupò Bruckner per molti anni, cominciando immediatamente dopo il completamento della prima versione della Terza. Il lavoro fu subito molto impegnativo: basterebbe a dimostrarlo un aneddoto fra i tanti che si raccontano su Bruckner, a testimonianza del suo incredibile candore (che era anche nevrosi, però, sia pur celata dietro l'aspetto di una fanciullesca ingenuità). Verso la fine del 1873, Otto Kitzler, l'amico che, sebbene più giovane di età, era stato insegnante di Bruckner dopo che questi, trentasettenne, si era finalmente diplomato in composizione, andò a trovarlo; sconcertato dall'incredibile disordine nel quale viveva il musicista, gli suggerì di trovarsi moglie, ma si ebbe solo una risposta indignata: «Caro amico, non ho tempo; debbo comporre la mia Quarta sinfonia!». La partitura fu terminata nel novembre del '74: subito dopo Bruckner stese l'abbozzo della Quinta, che lo impegnò fino a tutto il '76; poi realizzò revisioni della Seconda e della Terza, e solo nel '78 rimise mano alla Romantica, la cui seconda versione, che comprendeva un nuovo Scherzo, fu pronta il 5 dicembre. Fra il '79 e l'80 terza revisione, con la sostituzione del finale; e in questa versione il 20 febbraio 1881 il grande Hans Richter, sul podio della Filarmonica di Vienna, tenne a battesimo la Quarta, portandola al trionfo: il primo vero successo come compositore di Bruckner, allora quasi cinquantasettenne. L'affermazione si era profilata già durante le prove: Richter si era impegnato con grande convinzione, disegnando un'esecuzione che dovè essere superba; e tale era parsa a Bruckner, che al termine della prova generale, incapace di resistere alla commozione e alla gratitudine, se ne era andato dritto da Richter e si era cavato di tasca un tallero, offrendolo all'illustre direttore perché si bevesse una birra alla sua salute. Un gesto rimasto giustamente proverbiale, perché in esso c'è tutto Bruckner; e del quale Richter seppe comprendere il toccante significato, tant'è vero che volle portare appesa alla catena dell'orologio quella moneta, in ricordo di un fatto che l'aveva commosso fino alle lacrime.

L'attenzione di un interprete di tanto prestigio e il lieto esito dell'esecuzione giugevano a compensare Bruckner di lunghi anni di amarezze. Quella stessa Quarta tanto applaudita veniva a conoscenza del pubblico più di sei anni dopo che Bruckner ne aveva terminata la prima stesura; erano ancora ineseguite altre due Sinfonie, la Quinta e la Sesta; la Terza, presentata da Bruckner stesso nel '77, era andata incontro a un autentico disastro, al punto che solo una decina di persone avevano resistito fino al termine dell'esecuzione. Nessuna delle Sinfonie di Bruckner era ancora stata pubblicata: c'era in giro solo una riduzione per pianoforte a quattro mani della Terza, realizzata da uno dei più giovani fra i pochi fedeli di Bruckner, Gustav Mahler. Ora la Quarta veniva ad assicurargli, pur nel persistere dell'opposizione di Hanslick e dei brahmsiani, una certa popolarità (con tutto che in dicembre, diretta a Karlsruhe dal giovane Felix Motti, dovesse incontrare anch'essa un bel fiasco): non per questo l'incontentabile Bruckner ritenne perfetto il suo lavoro, e nel 1887, dopo anni e anni dall'inizio della composizione, compì una quarta e definitiva revisione, che lo stesso Richter diresse il 22 gennaio 1888 a Vienna, insieme con il Te Deum, con successo ancor maggiore rispetto all'esecuzione di sette anni prima. Un altro trionfo si ebbe a Monaco nel '90: poi la Romantica divenne cavallo di battaglia di direttori prestigiosi come Mahler e Weingartner, e la sua sempre crescente fortuna rallegrò gli ultimi anni di Bruckner.

Alieno in genere da tentazioni di ordine «programmatico», Bruckner con la Romantica si lasciò un po' andare in questo senso: più tardi volle descrivere il primo tempo come una sorta di affresco storico nel clima di Lohengrin o di Tannhauser, parlando di una città medievale, dell'alba, di richiami mattutini di trombe, di cavalieri galoppanti per il primo movimento, accennando anche al canto degli uccellini, mentre per gli altri disse di aver pensato a una preghiera e a una serenata (secondo tempo), a una caccia (Scherzo), a una festa popolare (Finale: ma per questo quarto movimento in altra occasione confessò di non ricordarsi più a che cosa avesse pensato). Tutte cose di cui non c'è molto bisogno di tener conto: basterà riconoscere alla Quarta una dimensione espressiva nutrita (caso non frequentissimo in Bruckner) di un profondo senso della natura, veduta attraverso vaghe suggestioni poetiche e storiche; un connotato che dà ragione del coesistere nella Romantica di modi espressivi anche molto diversi, fusi però in una sostanziale unità d'ispirazione, rispecchiata (ed è quello che più importa) dalla profonda coerenza della scrittura e dell'elaborazione tematica. Gran parte del materiale motivico della Romantica è infatti germinato dal tema esposto in apertura dal corno contro il tremolo degli archi, e che è a sua volta derivato (secondo il principio forse non inconscio di una «ciclicità» riferita a tutto il complesso dell'opera bruckneriana) dal motivo fondamentale della Terza sinfonia. Più o meno riconoscibile nelle successive trasformazioni, il tema fondamentale si pone come garanzia di unitarietà, tramite la reminiscenza, di tutto l'apparentemente debordante sviluppo della sterminata Sinfonia (un'ora di durata, in media). Dal poderoso e giubilante primo movimento all'intensa espressività dell'Andante, (che peraltro contiene anche le tipiche esuberanti esplosioni sonore di Bruckner), allo scalpitante impulso ritmico dello Scherzo, inframmezzato dall'oasi più cantabile e pacata del Trio, al solenne e movimentato Finale, che conclude la Sinfonia fra grandiose perorazioni degli ottoni, la Romantica scorre forte della sua organicità formale e della sua ricchezza di significati, con respiro immenso e intimo, documento fra i più fascinosi di una spiritualità tanto elevata quanto semplice e sincera.

Daniele Spini

Guida all'ascolto 3 (nota 3)

Anton Bruckner scrisse la sua Quarta Sinfonia a Vienna nel 1874. I quindici anni successivi videro nascere un'intricata serie di revisioni e modifiche (alcune delle quali estranee alla volontà del compositore) che confusero e disorientarono esecutori, storici e studiosi bruckneriani. Soltanto nel 1953, con la pubblicazione dell'edizione critica di Leopold Nowak, la storia delle versioni della Sinfonia divenne chiara. Una prima revisione generale avvenne ad opera del suo autore nel 1878 con modifiche al primo, al secondo e al quarto movimento e una riscrittura integrale del terzo; nel 1879 Bruckner ritornò sulla partitura modificando profondamente il movimento finale, ora più intenso e drammatico rispetto al precedente. Il 20 febbraio 1881 Hans Richter a capo dei Wiener Philharmoniker diresse questa versione della Sinfonia (conosciuta come "seconda versione", quella qui presentata); ma dopo questa data Bruckner mise mano ancora alla partitura scorciando l'Andante e modificandone la strumentazione. La storia delle versioni della Quarta discende direttamente dalla storia delle sue edizioni a stampa (Lõwe e Schalk 1887-88, Gutmann 1889, Eulenburg 1895, Wõss 1927, Redlich 1954, Nowak 1953 e 1975), alcune fedeli alle modifiche volute da Bruckner, altre più inclini a raccogliere le revisioni di amici e allievi del musicista.

Nell'intera produzione sinfonica di Bruckner la Quarta Sinfonia "Romantica" è l'unica ad avere un titolo; furono gli amici e gli intimi di Bruckner a insistere perché lo stesso autore fornisse delle indicazioni programmatiche alla Sinfonia, che sono piuttosto generiche ma aiutano l'ascoltatore a entrare nel giusto clima musicale: una città medievale, l'alba, il richiamo delle trombe, il galoppo dei cavalieri nella foresta (Primo movimento); una marcia funebre (Secondo movimento); una caccia alla lepre seguita dal pranzo dei cacciatori (Terzo movimento); una festa popolare (prima versione del quarto movimento, poi completamente riscritto). Ma forse la chiave di comprensione per la musica di Bruckner è da cercare nelle parole di Giacomo Manzoni: «Nelle sue partiture sinfoniche il tempo a volte sembra arrestarsi nella contemplazione, come se volesse tornare all'armonia della natura, all'infinita armonìa dell'universo: primo e secondo tema, esposizione e sviluppo, tutto si fonde in un vasto affresco sonoro dove non c'è più lotta ma solo adorazione e fede, olocausto di gioie e di dolore umani all'Ente supremo».

La forma del primo movimento, Bewegt, nicht zu schnell (Mosso, non troppo veloce) è quella impiegata da Bruckner in tutti i suoi lavori sinfonici, ovvero la forma-sonata, costituita da una sezione di esposizione (192 misure), dalla sezione elaborativa (172 misure), dalla ripresa (136 misure) e dalla coda finale (72 misure). La prima area tematica è articolata in due temi entrambi in mi bemolle maggiore: una specie di lontano richiamo dei corni introdotto da un tremolo misterioso degli archi e una solenne scala discendente affidata agli ottoni. Il richiamo dei corni, basato sull'intervallo di quinta giusta, è il vero e proprio nucleo fondante dell'intero lavoro sinfonico: dalle misteriose brume sonore rappresentate dal tremolo degli archi sorge, solenne ed eroico, questo semplice ma intenso motivo che garantisce unitarietà a tutto l'impianto sinfonico (circa un'ora di musica).

La seconda area tematica si apre con una sensuale movenza di danza affidata ai violini primi (re bemolle maggiore) sulla quale si innesta il morbido controcanto delle viole: è un richiamo musicale al verso della cinciallegra (chiamato da Bruckner zizi-be); il suo sviluppo, intenso e incalzante, conduce a un secondo motivo (sempre in re bemolle maggiore) formato da una serie di scale discendenti presentate in imitazione da violini e legni. Nella terza area tematica (in si bemolle maggiore) è presente un solo tema, esposto in fortissimo da tutta l'orchestra e chiaramente derivato dalla solenne scala discendente della prima area tematica: è il richiamo dei cavalieri in groppa ai loro destrieri. La coda dell'esposizione, annunciata da una sorta di fanfara degli ottoni, vede il ritorno del tema di danza che si spegne lentamente in pianissimo.

Lo sviluppo può essere diviso in quattro sezioni: la prima è annunciata da una dolente scala cromatica discendente degli archi cui rispondono oboi e clarinetti col tema principale. La seconda si apre col tremolo degli archi e col richiamo dei corni (tema principale) che, in un poderoso crescendo orchestrale, conducono alla terza sezione dello sviluppo, interamente basata sul tema della terza area tematica: qui si raggiunge il climax emotivo e sonoro del movimento. Un improvviso pianissimo (tremolo dei violini) apre l'ultima sezione di sviluppo, nella quale udiamo ancora il richiamo dei corni seguito da un solenne corale degli ottoni, momento di raccoglimento interiore dopo le "battaglie" musicali precedenti.

La ripresa si differenzia dall'esposizione per il delicato controcanto col quale il flauto accompagna il tema principale dei corni; per il resto corre parallela all'esposizione, con i dovuti aggiustamenti tonali (seconda area tematica in do bemolle maggiore = si maggiore; terza area tematica in mi bemolle maggiore). La coda, che parte quasi misteriosamente con un più che pianissimo degli archi, elabora fino al parossismo il tema principale (richiamo dei corni) col quale si conclude il movimento in fortissimo.

Anche l'Andante quasi Allegretto è scritto in forma-sonata; il primo tema (in do minore), presentato dai violoncelli, è una melodia struggente ma dolente che contiene al suo interno riferimenti motivici al primo movimento (l'intervallo di quinta giusta, il ritmo puntato); un breve episodio affidato agli archi, sorta di preghiera corale, conduce al secondo tema (in sol minore), costituito da una lunga melodia delle viole sorrette dal pizzicato dei violini. La fine dell'esposizione è affidata a un nuovo motivo, anch'esso dal carattere di corale, esposto agli archi. Lo sviluppo si apre in tonalità maggiore e combina magistralmente elementi dei due temi principali. Nella ripresa del primo tema ai violoncelli si unisce ora l'oboe con un delicato controcanto; Bruckner omette la ripresa della preghiera corale degli archi e passa direttamente al secondo tema delle viole (ora in la minore). Ma, anziché passare alla coda (come prevede la forma sonata canonica), Bruckner riprende ancora il primo tema, ora esposto con passione da flauti, oboi, clarinetti e corni e arricchito dalle inquiete scale di semicrome dei violini. È un passaggio di grande intensità emotiva che culmina in un grandioso crescendo orchestrale; la coda finale si spegne in pianissimo sui rintocchi quasi funebri dei timpani.

Un tremolo di violini e viole in pianissimo (simile a quello che avevamo udito all'inizio della Sinfonia) apre lo Scherzo tripartito (Bewegt), uno dei movimenti sinfonici più famosi di Bruckner, che qui racconta in musica una movimentata scena di caccia, coi richiami dei cacciatori, la concitazione della muta, l'incertezza dei cacciatori e infine la gioia del successo finale. Nella prima parte, sopra il tremolo degli archi, si staglia solenne una gioiosa fanfara nella quale si rispondono, in un gioco di echi tipici della musica di caccia, i corni e le trombe. Il secondo tema, più delicato e sereno, è invece affidato agli archi. Da notare che entrambi i temi dello Scherzo sono costruiti sull'intervallo di quinta giusta, il nucleo fondante della Sinfonia. La seconda parte, Etwas langsamer (Un poco più lento) riutilizza i due temi, alternandoli e combinandoli variamente; la ripresa integrale della prima parte conclude lo Scherzo. Il Trio è un delizioso Ländler popolare che si apre con un delicato tema esposto da oboi e clarinetti sorretto ritmicamente dal pizzicato degli archi; il tema passa poi ai violini che lo sviluppano e lo elaborano. Regolare la ripresa dello Scherzo che conclude il movimento.

Il Finale Bewegt, doch nicht zu schnell (Mosso, ma non troppo veloce) in forma-sonata è formato da un'ampia introduzione, dall'esposizione (con tre aree tematiche, come nel primo movimento), dallo sviluppo (diviso in cinque parti) e della ripresa. L'introduzione in si bemolle maggiore (dominante di mi bemolle maggiore, tonalità d'impianto) è una pagina piena di attesa e di trepidazione che, attraverso un grandioso crescendo orchestrale, sfocia nell'esposizione, Langsamer (Più lento). La prima area tematica è costituita da un solo motivo, esposto da tutta l'orchestra all'unisono in fortissimo (mi bemolle minore), quasi brutale nella sua durezza. La seconda area tematica contiene due temi: il primo (in do minore), Noch langsamer (Ancora più lento), ha il carattere della marcia funebre (tema ai violini, sostegno ritmico a celli e bassi in pizzicato), il secondo (in do maggiore) ha carattere "arabeggiante" e viene affidato ai legni, sempre sul sostegno ritmico dei bassi in pizzicato, e poi ripreso dagli archi ed elaborato dall'intera orchestra in un gioco continuo di ambiguità fra tonalità maggiore e tonalità minore. La terza area tematica contiene un solo tema (in si bemolle minore), robusto, violento, drammatico, quasi urlato a piena voce dalla sezione degli ottoni sopra le ribollenti sestine di fiati e archi.

Lo sviluppo, enorme nelle proporzioni, è diviso in cinque sezioni: la prima si apre in pianissimo con le stesse figurazioni che avevano aperto il movimento, la seconda ripropone il tema "arabeggiante" in drammatica opposizione fra ottoni e archi, la terza è basata sulla marcia funebre (ora in fa minore) mentre l'ultima, la più estesa, è tutta dedicata al terzo tema violento e drammatico. La ripresa presenta alcune differenze rispetto all'esposizione, sia dal punto di vista armonico-tonale che da quello strutturale (la più evidente è la mancanza della terza area tematica). Nella coda ritorna il clima musicale misterioso e brumoso dell'introduzione che mano a mano si "apre" alla tonalità maggiore in un finale mistico e quasi visionario.

Alessandro De Bei


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia;
Roma, Auditorium Parco della Musica, 19 maggio 2007
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto del Maggio Musicale Fiorentino,
Firenze, Teatro Comunale, 18 ottobre 1980
(3) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al numero 341 della rivista Amadeus

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Ultimo aggiornamento 2 agosto 2018