Si può dire che la fama di Bruckner sinfonista sia stata postuma e, se si esclude un gruppo di musicisti e direttori d'orchestra di prestigio, come Mahler, Levi, Nikisch, Motti e Loewe, la cultura dominante tedesca, con Liszt e Brahms in testa, non ha mai mostrato simpatia e comprensione per l'organista di Sankt Florian mentre era in vita. Contemporaneamente, però, il Bruckner autore di musica sacra ha avuto ben altra accoglienza sin dall'inizio nei circoli artistici austriaci, legati alla tradizione vocale rinascimentale e barocca, che affonda le radici in Schütz e Bach, senza escludere Palestrina e Orlando di Lasso, e sino a giungere ad Haydn e Mozart. Bruckner, grande organista e studioso della letteratura mottettistica tedesca, aderì al cosiddetto "Movimento ceciliano" che si sviluppò a partire dal 1830 in Germania con lo scopo di ripristinare la polifonia classica in tutti i paesi di lingua tedesca, tenendo conto dell'ispirazione religiosa, nobilmente intesa ed osservata, in questo specifico campo della composizione. Del resto anche Schubert, Schumann e Mendelssohn avevano scritto mottetti dimostrando che anche in epoca romantica era possibile recuperare quell'importante patrimonio polifonico, posto a base spirituale della liturgia chiesastica. Ma Bruckner trasferisce nella sua produzione sacra una semplicità e intimità di sentimento, rivelatrice di un'anima profondamente religiosa e credente in un Dio umano e giusto, secondo la concezione e la fede cattolica. «L'arte trae origine da Dio e ogni lavoro artistico deve esaltare la divinità»; così disse Bruckner ad un suo amico che gli chiedeva spiegazioni su alcuni brani corali, dove è presente la vocazione mistica del musicista. Sin dai primi pezzi corali il compositore ha sempre mostrato un senso religioso fatto di spontaneità e immediatezza, con un'adesione totale al divino, inteso come principio e fine del dramma esistenziale. Da un punto di vista formale l'itinerario di compositore di musica sacra può essere valutato in modo diverso e alcune pagine vocali si presentano più interessanti e più ricche polifonicamente rispetto ad altre, ma se si considera l'impegno e l'adesione al credo cattolico si può cogliere da parte di Bruckner una caratterizzazione stilistica comune che distingue questi componimenti religiosi, dove la scrittura vocalistica punta all'essenziale nell'esprimere la devozione dell'uomo di fronte al mistero della fede. In tal senso l'esperienza delle Messe (otto in tutto, di cui una per coro a cappella) costituisce un momento importante della produzione bruckneriana in quanto si rileva quel senso religioso spontaneo e immediato che fu una delle caratteristiche della personalità del musicista austriaco. La prima Messa in do maggiore, scritta nel 1841-'42 per contralto, due corni e organo, ha un tipo di scrittura molto semplice, probabilmente per far eseguire questo lavoro nella chiesa di un piccolo villaggio. La seconda Messa in fa maggiore per coro a quattro voci a cappella risale al 1844 e reca in un angolo della partitura la sigla preferita da Bruckner O.A.M.D.G. (Omnia ad majorem Dei gloriam), che si ritroverà poi nella Messa in re minore e nel Te Deum. Questa è una Messa più organica e rispecchia con maggiore evidenza quel gusto per il canto corale di derivazione dal Settecento veneziano (Lotti e Caldara) e napoletano (Leo Durante e Scarlatti), esportato dagli italiani accorsi numerosi a coprire i posti di maestro di cappella presso le corti d'Austria. Nelle due Messe abbozzate nel 1846, cioè nella Missa pro Quadragesima, in sol minore e nella Messa in mi bemolle maggiore, si può cogliere una più stretta adesione e coesione delle voci all'orchestra, secondo quello stile che avrebbe avuto più rilevanza nel Requiem e nella Missa solemnis, diretti antecedenti delle tre grandi Messe, in re minore, in rni minore e in fa minore. Nel Requiem, terminato nel marzo del 1849, sono evidenti gli influssi del ben più celebre Requiem mozartiano, mentre nella Missa solemnis in si bemolle minore, conclusa nell'agosto del 1854, traspare una più calda e intima liricità, pur nel rispetto della tradizione accademica della musica sacra viennese.
Non c'è dubbio che il primo significativo frutto
della nuova stagione creativa bruckneriana è la Messa in re minore
per soli, coro e orchestra, composta fra il 4 luglio e il 29 settembre
1864, successivamente revisionata nella parte ritmica nel 1876 e ancora
riveduta in quella vocale nel 1881-'82 e nel 1884. La prima esecuzione
ebbe luogo con successo il 20 novembre 1864 nel duomo di Linz sotto la
direzione del compositore e poco dopo, il 18 dicembre dello stesso
anno, la Messa venne replicata sempre a Linz, tra l'interesse di un
pubblico più largo e sensibile alla polifonia sacra. Il
carattere ampio e solenne del brano si può cogliere sin
dal preludio strumentale, mentre nel salto d'ottava in cui
culmina l'intervento corale si pensa ad una analogia con la Nelson-Messe di
Haydn. Non mancano progressioni tonali abbastanza audaci, ma la tecnica
polifonica è di impianto rinascimentale. Un'aria
di barocca magniloquenza spira nel Gloria,
come nella fuga finale dell'Amen.
Il Credo
è sillabicamente ritmato all'unisono, mentre il disegno
degli archi si collega strettamente con la fuga del Gloria, secondo una
concezione polifonica unitaria. L'atmosfera nobile del "Resurrexit"
viene preparata da una varietà di situazioni espressive; al
tono dolente del "Passus et sepultus est" subentra la concitazione
dell'Allegro, contrassegnato da un lungo pedale dei timpani e da una
fuga grandiosa, le cui proporzioni sono le stesse delle più
immportanti sinfonie bruckneriane. Tranquillo e maestoso è
il Sanctus,
lirico, e pastorale è il Benedictus.
Riassuntivo di idee e temi precedenti è l'Agnus Dei, dove si
possono riascoltare le figurazioni del Kyrie, del Credo e del fugato
del Gloria,
secondo una concezione ciclica della composizione. La seconda Messa in mi minore
(1866) e la terza Messa
in fa minore (1868), appartenenti, come è stato
detto in precedenza, alla grande triade delle Messe, svilupperanno
quello slancio religioso contenuto nei precedenti lavori sacri e
soprattutto metteranno in evidenza quella compenetrazione tra
coralità e sinfonismo, che resta uno dei punti chiave
dell'inventiva di Bruckner.