Verrat (Tradimento), op. 105 n. 5

lied per voce grave e pianoforte

Musica: Johannes Brahms (1833-1897)
Testo: Carl Lemcke Organico: voce, pianoforte
Composizione: 1886
Prima esecuzione: Vienna, Singakademie von Gesellschaft der Musikfreunde, 5 dicembre 1888
Edizione: Simrock, Berlino, 1889
Guida all'ascolto (nota 1)

Nella produzione liederistica assai vasta di Brahms (oltre 300 canti per voce sola con accompagnamento di pianoforte) si possono individuare alcune costanti fondamentali. Essenziale rimane sempre l'incidenza della voce, cui è affidata una linea espressiva melodica e ritmica di stretta adesione al testo. Assai varia appare poi l'inventiva che privilegia, tra le voci, i registri profondi, fornendo quindi un'altra testimonianza dello stretto nesso da sempre intercorso tra il compositore amburghese e la poetica dell'età barocca, durante la quale la voce del basso appunto aveva un rilievo dominante. Il culto della forma, pure sempre importante per Brahms, si è applicato anche al genere liederistico, nell'impegno prestato all'esemplare osservanza dell'unità organica delle melodie e all'elegante strenua articolazione dei differenti motivi. Infine ha assunto sempre un rilievo decisivo la simmetria nell'articolazione dei Lieder, con predilezione per i canti strofici in senso stretto o per le strofe più o meno variate.

Brahms era fermo assertore infatti del concetto che «la forma strettamente strofica era veramente la più elevata di tutte le forme del Lied». Egli era solito imparare a memoria i testi, anche delle raccolte più estese, e comporre poi le melodie all'aria aperta. Da una parte ebbe ad adottare melodie in sé definite, come nei motivi d'origine popolare, assegnando al pianoforte la parte del mero accompagnamento, da un'altra parte si curò di articolare il Lied ih forma dialogica, mutuandone lo sviluppo dalle Sonate per pianoforte e strumento ad arco; da un'altra parte ancora Brahms riuscì ad arricchire la parte del pianoforte di tutta la ricchezza armonica più audace e sontuosa, oltrepassando, qualche volta, in fatto di tecnica alla tastiera, i raggiungimenti schumanniani nei chiaroscuri emotivi. Parecchi Lieder, scritti in gioventù, preannunciano gli stilemi della maturità e, assieme alla vena malinconica o alla profonda tenerezza d'atmosfera, determinante è risultato sempre il rapporto con gli schemi del passato, sì che il notissimo giudizio di Wagner - «Quante cose si possono ancora dire nelle forme antiche, quando arriva qualcuno in grado di padroneggiarle a dovere» - vale anche per gran parte della produzione vocale di Brahms.

Verrat è il quinto dei Fünf Lieder scritti originariamente per voce bassa nel 1886 e inizia nella tonalità del si minore, con un tempo che solo verso le ultime battute sembra vivacizzarsi: vi si può enucleare il modulo caratteristico della Ballata in funzione drammatica, nonostante la ripetizione delle ultime parole alla fine di ogni riga, procedimento accostabile agli stilemi propri del canto popolare.

Luigi Bellingardi

Testo

VERRAT

Ich stand in einer lauen Nacht an einer grünen Linde,
der Mond schien hell, der Wind ging sacht,
der Giessbach floss, geschwinde, geschwinde.
Die Linde stand vor Liebchens Haus,
die Türe hört ich knarren.
Mein Schatz Hess sacht ein Mannsbild raus:
« Lass morgen mich nicht harren;
lass mich nicht harren, süsser Mann,
wie hab' ich dich so gerne!
Ans Fenster klopfe leise an,
mein Schatz ist in der Ferne, ja Ferne! »
Lass ab vom Druck und Kuss,
Feinslieb, du Schöner im Sammetkleide,
nun spute dich, du feiner Dieb,
ein Mann harrt auf der Heide, ja Heide.
Der Mond scheint hell, der Rasen grün
ist gut zu unsrem Begegnen,
du trägst ein Schwert und nickst so kühn,
dein Liebschaft, dein Liebschaft will ich segnen, ja segnen
Und als erschien der lichte Tag,
was fand er auf der Heide?
Ein Toter in den Blumen
lag zu einer Falschen Leide, ja Leide.
TRADIMENTO

Stavo in una notte calma
presso un verde tiglio,
la luna splendeva luminosa, il vento soffiava soavemente,
il ruscello scorreva impetuoso e lesto.
Il tiglio s'ergeva davanti alla casa dell'amata,
sentivo cigolare una porta.
Il mio tesoro dolcemente rivolta a un ritratto d'uomo:
"Non farmi attendere domani;
non farmi attendere, o uomo dolcissimo,
quanto ti ho caro!
Alla finestra batti dolcemente,
il mio tesoro è lontano, sì, lontano!"
Smetti ogni pressione e bacio,
o mio amato, bellissimo, vestito di velluto,
affrettati ora, mio caro ladro,
un uomo attende nella brughiera, sì nella brughera.
La luna splende luminosa, il prato erboso è verde
propizio al nostro incontro,
tu reggi una spada e annuisci così audace,
l'oggetto del tuo amore, il tuo amore
voglio io benedire, sì benedire!
E quando sorse il giorno luminoso,
cosa trovò sul prato erboso?
Un morto giaceva tra i fiori
per dolore d'una simulatrice, sì per dolore.

(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia;
Roma, Sala Accademica di via dei Greci, 23 febbraio 1977

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Ultimo aggiornamento 27 novembre 2015