Venticinque variazioni e fuga in si bemolle maggiore per pianoforte, op. 24

su un tema di Georg Friedrich Händel

Musica: Johannes Brahms (1833-1897)
  1. Tema: Aria (si bemolle maggiore)
  2. Variazione I. Più vivo (si bemolle maggiore)
  3. Variazione II. Animato (si bemolle maggiore)
  4. Variazione III. Dolce, scherzando (si bemolle maggiore)
  5. Variazione IV. Risoluto (si bemolle maggiore)
  6. Variazione V. Espressivo (si bemolle minore)
  7. Variazione VI. Sempre misterioso (si bemolle minore)
  8. Variazione VII. Deciso, con vivacita (si bemolle maggiore)
  9. Variazione VIII. Deciso, con vivacita (si bemolle maggiore)
  10. Variazione IX. Poco sostenuto (si bemolle maggiore)
  11. Variazione X. Allegro energico (si bemolle maggiore)
  12. Variazione XI. Moderato, dolce espressivo (si bemolle maggiore)
  13. Variazione XII. L'istesso tempo (si bemolle maggiore)
  14. Variazione XIII. Largamente ma non troppo (si bemolle minore)
  15. Variazione XIV. Sciolto (si bemolle maggiore)
  16. Variazione XV. (si bemolle maggiore)
  17. Variazione XVI. (si bemolle maggiore)
  18. Variazione XVII. Piu mosso (si bemolle maggiore)
  19. Variazione XVIII. (si bemolle maggiore)
  20. Variazione XIX. Leggiero e vivace ma non troppo (si bemolle maggiore)
  21. Variazione XX. Andante (si bemolle maggiore)
  22. Variazione XXI. Vivace (sol minore)
  23. Variazione XXII. Alla musette (si bemolle maggiore)
  24. Variazione XXIII. Vivace (si bemolle maggiore)
  25. Variazione XXIV. (si bemolle maggiore)
  26. Variazione XXV. Allegro (si bemolle maggiore)
  27. Fuga (si bemolle maggiore)
Organico: pianoforte
Composizione: Amburgo, Settembre 1861
Prima esecuzione: Amburgo, Konzertsaal auf dem Kamp, 7 Dicembre 1861
Edizione: Breitkopf & Härtel, Lipsia, 1862
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Noi non siamo in grado di capire, oggi, qual vero e proprio esercizio di ascesi rappresentasse per Brahms la composizione delle Variazioni su un tema di Händel op. 24. Ma il mantenimento per tutta l'opera della secca quadratura del tema ed i limitatissimi mutamenti di tonalità (tre sole variazioni, su ventiquattro, in si bemolle minore, ed una in sol minore) rappresentavano una vera sfida, un ritorno programmatico a schemi settecenteschi, una rinuncia alla libertà con cui i romantici e Brahms stesso nell'op. 9, avevano affrontato il genere.

«Chiaramente, questo metodo di costruire variazioni - osservava ancora nel 1948 Ernest Hutcheson - è formale all'estremo, ma l'ispirazione di Brahms corre spesso libera sotto le restrizioni auto-imposte, che in altri avrebbero potuto uccidere l'immaginazione. Qualcuno può ritener lungo il pezzo (molti esecutori omettono molti o tutti i ritornelli), ma non può accusarlo di monotonia, tanto le miniature sono contrastanti in sentimento, tempo, e modi maggiore e minore». Sorprendente, ma rivelatrice è la conclusione: «La composizione è stata prodigalmente lodata dagli esperti, ma è più un fatto intellettuale, che un lavoro di bellezza. La poesia è per la maggior parte latente e si afferma senza vergogna solo nella variazione "ungherese" n. 13 e nei meravigliosi cromatismi del n. 20».

Che le Variazioni op. 24 siano un lavoro in cui l'intelligenza raggiunge vertici di incredibile sottigliezza è certamente vero. Basti considerare la variazione ventunesima, di piana, graziosa e un pò sempliciotta scrittura a due voci, nella quale il tema - a "scoprirlo" fu Heinrich Schenker - è nascosto nelle acciaccature.

Il canone della variazione sesta, non mascherato e non «poeticizzato» come nelle op. 9 e 21 n. 1, può suonar gelido alle orecchie dell'ascoltatore, gli artifici contrappuntistici della fuga (tema per moto contrario e per aggravamento, pedale di dominante) hanno tutti, e scoperti, i caratteri della scolasticità, e la ritmica spesso uniforme che può far pensare alla variazione intesa come studio. Ma a stupire è soprattutto una scrittura pianistica che torna a riconsiderare seriamente le due linee: il che, rispetto al romanticismo, rappresenta una vera controrivoluzione.

Scritte nel 1861, le Variazioni di Brahms precedono di un anno le Variazioni su un tema di Bach e di due le due leggende di Liszt. Ma mentre Liszt sceglie in Bach un tema cromatico, tormentato, impiegato in una cantata e nel Crucifixus della Messa in si minore e che si inserisce naturalmente nello sviluppo raggiunto dal linguaggio armonico verso il 1860, Brahms sceglie in Händel un tema diatonico, schematico e sorridente, scritto per la figlioletta del duca di Galles. Mentre nelle leggende la coloratura avvolge le linee fino a diventare imitazione onomatopeica del cinguettare degli uccelli e del mare tempestoso, in Brahms trionfa la scrittura lineare. Il celebre manifesto contro la cosiddetta scuola neotedesca, firmato da Brahms nel 1860, è dunque solo l'aspetto più esteriore di un contrasto profondo che si va delineando negli anni 50 e che all'inizio degli anni 60 si definisce con estrema chiarezza nelle opere, e proprio nelle Variazioni su un tema di Bach e nelle Variazioni su un tema di Händel, che per ciascuno dei due artisti rappresentano momenti creativi cruciali.

Se nelle precedenti serie di variazioni i canoni davano luogo a soluzioni in cui il procedimento dotto veniva mascherato attraverso l'illusionismo timbrico, e se nelle danze antiche la scrittura arcaicizzante veniva trasferita sul pianoforte con pochi ritocchi riferentisi al nuovo strumento, nelle Variazioni su un tema di Händel Brahms reinventa una struttura neoclavicembalistica e neoorganistica che impiega l'armonia in funzione timbrica. Ad esempio, le due linee della prima variazione, eseguite in staccato e percepibilissime, non vengono lasciate isolate ma non vengono raddoppiate parzialmente in ottava (era il modo delle Variazioni op. 21 n. 2) per colmare il vuoto che si crea tra di loro; suoni di armonia ispessiscono invece e modificano timbricamente i suoni più lunghi della mano destra, aumentandone la risonanza. Lo stesso procedimento viene impiegato nella variazione terza, nella quale, attraverso un gioco di silenzi, di vuoti e di pieni, viene simulato un cartone immaginario; e nella variazione quinta vengono ammorbidite con armonie intermedie le distanze quando le due voci si allontanano. Nella variazione undicesima il «riempimento» armonico fa invece nascere un barlume di terza voce, uno di quei controcanti delle parti interne che i pianistici del tardo Ottocento - e Glenn Gould in tempi più recenti - amarono poi mettere in evidenza in Mozart o nel primo Beethoven.

Più tradizionali sono i raddoppi in ottava e in sesta, assai frequenti. Nella variazione sesta, ad esempio, l'ottava serve però non a rinforzare, ma a incupire la sonorità (anche se, in questo caso, l'indicazione di legato non è realizzabile se non con un lavoro di tocco e pedale di difficilissima calibratura).

Il culmine dell'arcaismo viene toccato, più che nella fuga, nella variazione diciannovesima, con la didascalia leggero e vivace, che è una siciliana e che potrebbe appartenere ad una raccolta di danze antiche: non è lontano lo Scarlatti delle pastorali. Ma alla diciannovesima segue la variazione ventesima, con i suoi cromatismi in cui, a detta di Ernest Hutcheson la poesia «si afferma senza vergogna».

Ad osservare con attenzione si scorge però nella variazione ventesima una scrittura organistica di pedale e due manuali. Di organo romantico, non di organo antico. E se nelle Variazioni su un tema di Händel Brahms inventa una scrittura pianistica in cui rivive l'antico, impiega anche il suono pianistico espressivo, diretto, che era stato dei romantici.

Non solo nella variazione ventesima o nella tredicesima, l'«ungherese». Gli scivolamenti cromatici delle parti nella variazione seconda non sono immaginabili se non con la sonorità fremente e sensuale dei romantici, sebbene la scrittura sia rigorosamente a parti reali; e così la melodia della variazione quinta o la melodia sinuosa della variazione dodicesima, soave, per la quale vengono alla memoria le lunghe spiegazioni del romanticissimo Antoine de Kontski sul tocco carezzando. L'accostamento di un passato sognato e amorosamente ricreato e di un presente voluttuosamente goduto raggiunge un momento di sublime poesia nella fuga, quando un procedimento strettamente contrappuntistico, l'inversione del soggetto, dà luogo alla più bella, alla più cullante barcarola che si possa immaginare.

Le Variazioni su un tema di Händel furono pubblicate nel 1862 senza dedica. Il 7 dicembre 1861 erano state eseguite ad Amburgo, per la prima volta, da Clara Schumann; e in una lettera di Clara alla figlia Marie, del 3 novembre 1861, troviamo scritto: «Johannes ha scritto alcune bellissime cose e delle variazioni che mi hanno proprio deliziata, piene di genio e con una fuga alla fine che combina abilità ed ispirazione in una maniera di cui raramente ho visto l'eguale. Sono spaventosamente difficili, ma le ho quasi imparate - sono dedicate "a una cara amica", e tu puoi immaginare quale gioia mi da il fatto ch'egli abbia pensato a me mentre scriveva queste magnifiche variazioni».

Piero Rattalino

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Johannes Brahms compose le Variazioni e fuga su un tema di Händel op. 24 nell'estate 1861, pressoché contemporaneamente alle Variazioni su un tema di Schumann op. 23; dopo un'anteprima pubblica eseguita dallo stesso autore, la raccolta op. 24 venne presentata a Lipsia da Clara Schumann, il 14 dicembre dello stesso anno - la stessa Clara doveva lamentare, qualche anno più tardi, la fatica fisica imposta dall'esecuzione di questo brano. All'interno della produzione pianistica di Brahms, le Variazioni e fuga su un tema di Händel rappresentano uno dei punti nodali, in cui si sovrappongono e si coagulano al più alto grado delle tematiche presenti in modo più o meno pressante in tutta l'opera del compositore di Amburgo: il ritorno al passato, la tecnica della variazione e le sue implicazioni, la ricerca sulla scrittura e sul suono.

Il riferimento a Händel, innanzitutto, presentato già nel titolo, rende immediatamente evidente quel gusto della ricerca antiquaria che appartiene, in qualche modo, a tutta la seconda metà del secolo scorso, ma che acquista in Brahms una valenza del tutto peculiare. L'esecuzione della Passione secondo Matteo di Bach, promossa e curata da Mendelssohn nel 1829 a Berlino, viene assunta in genere come data chiave della scoperta della "Storia", ossia dell'idea che la musica del passato può rivivere nel tempo presente sfuggendo all'oblio e restituendo stimoli di volta in volta rinnovati. Brahms fu però un compositore che guardò alla storia musicale in modo personale e sistematico, con un attento studio di manoscritti nelle biblioteche, sia per trarne le radici di un'arte "tedesca", sia per assimilarne principi di costruzione e di scrittura che venissero a donare nuova linfa alle ragioni di chi, come il compositore di Amburgo, guardava alle forme del passato come modelli da attualizzare, non da rinnegare. Il nome di Händel, in particolare, venerato da Mozart e Beethoven, valeva come modello alternativo a quello di Bach. Le tracce di entrambi i grandi maestri del barocco si ritrovano nelle Variazioni op. 24, sia per il fatto che esse ricalcano l'austera severità della musica strumentale barocca, sia per la scelta di chiudere la raccolta con una vasta fuga.

La forma della variazione venne peraltro prediletta da Brahms nel corso di tutta la sua esistenza. Già nel 1856 l'autore ne poteva scrivere all'amico Joachim: «Rifletto talora sulla forma della variazione e trovo che esse [le variazioni] dovrebbero essere condotte in maniera più rigorosa e più pura. Gli antichi conservavano completamente il basso del tema, si attenevano rigorosamente al loro proprio tema. In Beethoven la melodia, l'armonia e il ritmo sono così ben variati. Però qualche volta devo scoprire che gli innovatori (noi due) rovistano di più (non so dirlo con esattezza) nel tema. Noi ci atteniamo ansiosamente alla melodia, ma non la trattiamo liberamente, non creiamo da essa nulla di veramente nuovo, bensì ci limitiamo ad appesantirla e a caricarla». Parole che mostrano da una parte una volontà di ricerca in direzione della variazione, dall'altra il desiderio di respingere il modello libero di variazione proposto da Schumann negli Studi Sinfonici e di tornare a una variazione rigorosa, in cui i valori formali del tema iniziale vengano sempre rispettati.

Nascono così le varie raccolte di variazioni pianistiche, su temi di Schumann, Paganini, quelle orchestrali sul Corale di Sant'Antonio di Haydn (o meglio attribuito a Haydn, come oggi sappiamo); nasce così anche l'idea della variazione-sviluppo, per cui ogni tema di Brahms subisce sempre una continua trasformazione. Le Variazioni su un tema di Händel hanno origine anche dall'intento di accostare una nuova ambiziosa raccolta ai monumenti tastieristici del passato, quali le Variazioni Goldberg di Bach e le Variazioni su un tema di Diabelli di Beethoven.

Non meno importante l'argomento della scrittura, a cui Brahms guardava con l'occhio del pianista professionista. Se la produzione pianistica del Romanticismo aveva generato composizioni che sfruttavano le risorse della tastiera in direzione di un virtuosismo trascendentale e della creazione di sonorità grandiose e rivoluzionarie, le prospettive che si aprivano a Brahms erano due: quella della ricerca di un nuovo intimismo - magistralmente raggiunto già con le Ballate op. 10 e perseguito ancora con le Variazioni op. 23 - o della scoperta di un nuovo virtuosismo, che non mirasse più a stupire, ma inglobasse le tecniche di scrittura derivate dallo studio delle opere del passato e acquistasse una tendenza sinfonica, tale da alludere spesso a sonorità orchestrali.

Da queste problematiche e da queste riflessioni nascono dunque le Variazioni op. 24, che raggiungono la loro statura di capolavoro per la compiutezza delle risposte offerte ai tanti quesiti. Il tema di Händel - si tratta dell'Aria che costituisce il terzo movimento della Suite n. 1 in sì bemolle maggiore (1733) dal secondo libro delle Suites de pièces (Lessons) pour le clavecin - si presenta nudo ed essenziale, dunque ideale per essere sottoposto alle rielaborazioni più incisive e complete.

Le prime quattro variazioni mostrano già l'intento di una progressiva intensificazione della scrittura, che procede dai barocchismi della prima alla massa d'urto della quarta. In minore sono la quinta e la sesta variazione (innervata da un canone), entrambe di contenuto elegiaco. A richiami di ottoni alludono la settima e l'ottava; la nona e la decima sono accostate secondo un forte contrasto, mentre le due successive costituiscono, con la loro ricchezza polifonica, un palese esempio dell'ispirazione barocca della raccolta. Ma il barocco si somma ad influenze folkloriche nella tredicesima e quattordicesima variazione.

Il barocchismo torna a imporsi nel successivo gruppo di quattro variazioni (15-18), che procede secondo un'evoluzione coerente; con la diciannovesima troviamo un cullante ritmo di siciliana (6/8). Magistrale è la progressione armonica degli accordi della ventesima variazione, che da un lato riassume l'esperienza del pianismo romantico, dall'altra guarda al wagnerismo. Gli arpeggi alla Mendelssohn della ventunesima cedono alla garbata "musette" della ventiduesima. Le ultime tre variazioni costituiscono poi un climax tecnico-espressivo perfettamente calibrato.

Il gusto barocco-romantico della raccolta trova la sua sintesi assiomatica nella ventiseiesima sezione dello spartito, che è la Fuga del titolo, e costituisce in effetti un'ultima variazione che non ricalca il metro del tema originario, ma prende spunto da una sua citazione per una grandiosa costruzione. Brahms parte dalla testa del tema di Händel, e dopo una esposizione rigorosa nelle prime battute passa a una libera elaborazione che, nei suoi giochi contrappuntistici, scarica la tensione accumulata nelle sezioni precedenti. «Si vede che cosa si può fare ancora nelle vecchie forme quando arriva chi le sa trattare», aveva detto Richard Wagner ascoltando le Variazioni op. 24 nell'esecuzione dello stesso autore, nel 1864; un complimento che all'epoca poteva sembrare equivoco, dalle labbra dell'esponente di punta della corrente neotedesca, e che involontariamente coglieva nel segno, attribuendo all'indagine storicistica di Brahms la capacità di inverarsi in capolavori che affrontavano e risolvevano le tematiche cruciali del dibattito musicale del secondo Romanticismo.

Arrigo Quattrocchi


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia;
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 10 Aprile 1991
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 11 marzo 1999

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Ultimo aggiornamento 25 gennaio 2015