Brahms resta sostanzialmente un romantico, felice come Schumann nell'espressione immediata in forme libere, volta per volta inventate. Cerca però di piegare il suo linguaggio all'ideale forma classica: caratteristiche in tal senso le sue frasi spezzate, ma di lunghissimo respiro, intessute l'una all'altra con paziente lavoro contrappuntistico in un ininterrotto monologo. E' il procedimento che si usa indicare col vocabolo tedesco durchkomponieren: non c'è più il tema (ed il conseguente sviluppo), ma non c'è più neanche il motivo, definito ed incapace di elaborazione perchè già chiaro e ricco di tutte le sue derivazioni (come in Schubert ed anche in Schumann). Con Brahms il motivo si espande a tutta la composizione, il movimento stesso si fa tema. Attraverso il durchkomponieren e la ricchezza del sottofondo armonico-contrappuntistico Brahms dà luogo ad una elaborazione continua, che nasce da una ricchezza di relazioni interiori e di intersezioni: ne deriva il senso di un'arte densa e piena, pienissima di nessi e collegamenti, ben contesta e connessa come una prosa musicale dalla piana, fluente, discorsiva bellezza.
Il fondamento su cui Brahms poggia tale atteggiamento linguistico è il Lied, e, con il Lied, il Volkslied, il canto popolare. Ma anche il Lied non è più trattato da Brahms come motivo, come momento spirituale. Anche nel Lied Bramhs porta il suo durchkomponieren. Il carattere dei Lieder bralimsiani è intimo e profondo e per questo essi appaiono più vicini a quelli di Schubert che non a quelli di Schumann: oltretutto Brahms è estraneo alla concezione tipicamente schumanniana della «suite» di Lieder, del Liederkreis (il canto delle Magelone-Romanzen op. 33 è del tutto eccezionale e particolare). Nei Lieder popolari (Volkslieder), il più spesso vere e proprie originali creazioni che non trasposizioni dal vero, Brahms lascia il posto per una più distesa ed aperta stroficità, ma l'attenzione è in genere volta alla Stimmung, alla intonazione e all'accordo tra la parola e il suono, alla dizione: voce e pianoforte sono due elementi che si intrecciano e la voce acquista una funzione polifonica inserita nel tessuto strumentale.
Trost in Tränen («Conforto nelle lacrime») è il quinto dei sette Lieder pubblicati come op. 48 nel 1868.
Carlo Marinelli
TROST
IN TRAENEN Wie komimt's, dass du so traurig bist, da alles froh erscheint? Man sieht dir's an den Augen an, gewiss, du hast geweint. « Und hab ich einsam auch geweint, so ist's mein eigner Schmerz, und Tränen fliessen gar so süss, erleichtern mir das Herz ». Die frohen Freunde laden dich, o komm an unsre Brust! Und was dn auch verloren hast, vertraue den Verlust. « Ihr lärmt und rauscht und ahnet nicht, was mich, den Armen quält. Ach nein, verloren hab ich's nicht, so sehr es mir auch fehlt » : So raffe denn dich eilig auf, du bist ein junges Blut. In deinen Jahren hat man Kraft und zum Erwerben Mut. « Ach nein, erwerben kann ich's nicht, es steht mir gar zu fern. Es weilt so hoch, es blinkt so schön, wie drohen jener Stern ». Die Sterne, die begehrt man nicht, man freut sich ihrer Pracht, und mit Entzücken blickt man auf in jeder heitern Nacht. « Und mit Entzücken blick ich auf so manchen lieben Tag; verweinen lasst die Nächte mich; so lang ich weinen mag ». |
CONFORTO
NELLE LAGRIME Perché quella mestizia allor che tutto sorride, o sospirosa, intorno a te? Veggo che tu piangesti; ancora asciutto il ciglio tuo non è. «E se pur solitaria avessi io pianto chiudo in me studiosa il mio dolor. E' pur dolce la lagrima, ed ho quanto, quanto solleva il cor!» Svela il dolor che l'anima ti preme. Vieni, misera, vieni al nostro sen, noi, benché lieti, ci dorremo insieme del tuo perduto ben. «Nella vostra loquace orgia festiva manifestarsi il mio dolor non può. Oh no! perduto, ancorché ne sia priva quell'amor mio non ho.» Dunque ti racconsola; hanno gli affanni non durevole regno in gioventù: Provati e vincerai; ne' tuoi begli anni potente è la virtù. «Il mio ben lungi è troppo, e non potrei riaver ciò che tolto, ahi! m'ha l'avel. Splende come una stella agli occhi miei ma chi lo invidia al ciel?» E le stelle non sanno meraviglia e stupor sempre novo in noi destar? Né con gioia sogliam le nostre ciglia nelle notti serene a loro alzar? «Al ciel, lieto del sole, io pur commossa e rapita lo sguardo alzo così, ma pianger amo fin che pianger possa allor che muore il dì.» |