Trio in mi bemolle maggiore per violino, corno e pianoforte, op. 40


Musica: Johannes Brahms (1833-1897)
  1. Andante (mi bemolle maggiore)
  2. Scherzo. Allegro (mi bemolle maggiore). Trio: Molto meno allegro (la bemolle minore)
  3. Adagio mesto (mi bemolle minore)
  4. Finale. Allegro con brio (mi bemolle maggiore)
Organico: pianoforte, violino, corno
Composizione: 1865
Prima esecuzione: Karlsruhe, Badisches Hoftheater, 7 Dicembre 1865
Edizione: Simrock, Bonn, 1866
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Pur essendo uno degli strumenti più amati da Brahms, il corno venne utilizzato quasi esclusivamente nelle opere orchestrali, mentre la sua unica comparsa nella musica da camera fu nel Trio op. 40, in sostituzione del violoncello. Non avendo l'agilità e la disinvoltura di fraseggio degli altri due strumenti, il corno assolve sostanzialmente il compito di collante sonoro, dando a questo singolare complesso strumentale un impasto timbrico suggestivamente e profondamente romantico.

Con una scelta piuttosto insolita Brahms rinuncia in apertura alla forma-sonata, utilizzando un Andante articolato su due distinti episodi. Il sobrio motivo iniziale, che si dipana sereno sull'accordo di dominante, costituirà una sorta di ritornello ricorrente; a esso si alterna, con uno squisito gioco di imitazioni, un canto appassionato che comparirà tuttavia una sola volta. Al carattere sostanzialmente statico e contemplativo della prima parte fanno da contrappeso le accalorate pulsioni che sostengono la parabola espressiva del secondo episodio. Il ritorno variato del tema evidenzia ulteriormente il contrasto tra la due sezioni, che vengono trasportate di tonalità senza le rispettive parti centrali, ma con l'aggiunta di un'impennata conclusiva con rielaborazioni di parti del primo tema.

Scolpito a ottave in tempo ternario, il tema dello Scherzo si scontra con una cadenza accordale dalla scansione ritmica contrastante, per poi ripartire con la medesima baldanza di stampo settecentesco ed evolvere senza ostacoli verso un secondo tema dal profilo cantabile. La presenza di un'elaborazione del primo tema in forma di Sviluppo e la ripresa dei due temi danno allo Scherzo la configurazione di quella forma-sonata che era mancata nel primo movimento. Monotematico è invece il Trio, un interludio venato di melanconia che si frappone tra lo Scherzo la sua ripetizione.

Il motto pianistico iniziale con cui si apre l'Adagio introduce un mesto bicinium di corno e violino, che gradualmente si schiarisce con delicatezza nel modo maggiore. Il corno disegna quindi un lento profilo come soggetto di un fugato, con intrecci imitatativi, che si dispiega lentamente per espandersi in un'ampia parabola dinamica. Dopo una laconica citazione del fugato, sul motto pianistico iniziale ecco la ripresa del tema iniziale, mentre uno statico e luminoso arpeggio maggiore precede la liberazione del tema verso il suo climax espressivo.

Nell'Allegro la corsa a briglie sciolte iniziale viene punteggiata da un particolare inciso ritmico, una sorta di invocazione che aggiunge verve e brillantezza al primo tema. Dopo una sosta improvvisa il ritmo torna a pulsare su una nota ribattuta del corno: è la transizione al secondo gruppo tematico, costituito da un fraseggiare interrogativo del violino che si scioglie su fluidi arpeggi del pianoforte. Nello Sviluppo una breve citazione del primo tema riaccende il motore ritmico, che riprende così il suo battito ostinato a sostegno di un nuovo e multiforme soggetto tematico. Alcune invocazioni del corno, che ricordano l'ìdea secondaria del primo tema, concedono un breve momento di respiro prima della galoppata finale, con la ripresa dei due temi e la coda conclusiva.

Carlo Franceschi De Marchi

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

La storia del Trio in mi bemolle maggiore per pianoforte, violino e corno op. 40 è assai meno travagliata. Stando ad un racconto fatto nel 1867 dal compositore all'amico Albert Dietrich durante una passeggiata estiva nei boschi della Foresta Nera nei pressi di Baden-Baden, l'idea originaria del Trio sarebbe nata nel trentunenne Brahms nell'estate del 1864 nel corso di un'analoga escursione: «Una mattina stavo camminando, e quando giunsi in quel punto il sole iniziò a brillare tra i rami degli alberi: subito ebbi l'idea del Trio con il suo primo tema». Dopo questa ispirazione iniziale, il Trio fu completato nella primavera seguente, dopo che un evento terribile aveva funestato la vita di Brahms: la morte della madre.

La prima esecuzione pubblica ebbe luogo il 28 novembre del 1865 a Zurigo con l'autore al pianoforte; pochi giorni dopo il Trio fu ripreso a Karlsruhe, sempre con Brahms alla tastiera insieme al violinista Strauss e al cornista Segisser, due musicisti dell'orchestra granducale. Pubblicato da Simrock alla fine del 1866, il Trio fu eseguito anche a Lipsia, nel dicembre del 1866, e a Vienna, nel dicembre del 1867. Se alcune di queste prime esecuzioni incontrarono delle difficoltà, è anche dovuto al fatto che Brahms, a differenza di quanto aveva fatto Schumann nel suo Adagio e Allegro op. 70, aveva deciso di continuare ad adottare il Waldhorn (corno naturale) piuttosto che il più recente e sofisticato Ventilhorn (corno a pistoni), creando non pochi problemi agli interpreti. In occasione di una ripresa viennese del brano, il 19 gennaio del 1870, accolta senza troppo entusiasmo dal pubblico, Clara Schumann scrisse: «Non hanno capito questo lavoro così ispirato e interessante, benché il primo tempo, ad esempio, trabocchi di insinuanti melodie e l'ultimo di vitale freschezza. Anche l'Adagio è splendido, però arduo da capire al primo ascolto».

Il Trio si apre insolitamente con un poetico Andante che deriva il suo andamento libero e rapsodico dall'alternanza ripetuta di due sezioni contrastanti: un sognante Andante in 2/4 e un più scorrevole e agitato Poco più animato in 9/8. Nello Scherzo (Allegro), vivace e ritmico, l'atmosfera si fa più spensierata, con le serene sortite del corno, anche se la sezione del trio (Molto meno allegro), non immemore della corrispondente pagina dell'op. 8, fa riaffiorare un tono vagamente malinconico e nostalgico.

Ma dopo il rapido ritorno dello Scherzo, all'apparire dell'intenso e doloroso Adagio mesto in mi bemolle minore tutto sembra sospendersi in una dimensione innaturale che prolunga le sue ombre cupe sul resto del brano, costringendoci a modificare l'immagine che ce ne eravamo fatti fino ad ora. Dal silenzio emerge sommessamente il vivace Finale (Allegro con brio), serena pagina in 6/8 costruita in forma-sonata in cui l'evocazione della natura e del fantastico mondo silvano, così cari al Romanticismo tedesco, tornano a percorrere lievemente il Trio come una brezza fresca e leggera.

Carlo Cavalletti


(1) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 160 della rivista Amadeus
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 2 maggio 1996

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Ultimo aggiornamento 26 ottobre 2014