Sonata n. 3 in re minore per violino e pianoforte, op. 108


Musica: Johannes Brahms (1833-1897)
  1. Allegro (re minore)
  2. Adagio (re maggiore)
  3. Un poco presto e con sentimento (fa diesis minore)
  4. Presto agitato (re minore)
Organico: violino, pianoforte
Composizione: Thun, estate 1888
Prima esecuzione: Budapest, Magyar Királyi Operaház, 22 Dicembre 1888
Edizione: Simrock, Berlino, 1889
Dedica: Hans von Bulow
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Alla musica da camera, in genere, Brahms diede un apporto fondamentale nel corso della sua vita; dalla morte di Schubert, il genere camerìstico si era quasi eclissato e fu lui a doverne risvegliare lo spirito. La musica da camera non aveva più raggiunto quegli ideali classici elevati che rimandavano alla produzione beethoveniana; Brahms sentiva fortemente quell'eredità e si adoperò a rigenerarla per il secolo successivo. Nel suo saggio Brahms il Progressivo (contenuto nel volume Stile e Idea) Arnold Schönberg riconosceva a Brahms una straordinaria abilità nell'aprire le forme classiche a nuovi orizzonti, e sosteneva che il compositore «il classicista, l'accademico, fu un grande innovatore nella sfera del linguaggio musicale», quindi non un epigono ma un "rigeneratore" dei modelli classici.

Brahms pubblicò solo tre Sonate per violino e pianoforte ma il suo catalogo comprende altre composizioni che vedono impiegati i due strumenti, una combinazione che evidentemente sentiva vicina forse per l'affinità con le atmosfere del Lied.

La composizione della Terza Sonata, dedicata ad Hans von Bülow, impegnò l'autore per circa due anni (1887/88) e nonostante l'affermazione di Massimo Mila che «nobile compostezza formale ed affettuosa intimità espressiva si pareggiano nelle tre Sonate per violino e pianoforte» questa Terza Sonata ci offre una pienezza di suono diversa dall'intimismo delle precedenti. L'uso moderato del contrappunto e il grande virtuosismo del pianoforte apparvero alla critica un "cedimento" del compositore, che fu accusato di ricercare elementi più esteriori e d'effetto, ma non si può non osservare la felice creatività della linea melodica. Del resto, come spesso accade nella musica di Brahms, il fascino del lavoro sta nella variazione e nella permutazione del materiale tematico, apparentemente inesauribile.

Il primo tema dell'Allegro presenta un'interessante combinazione di elementi melodici (violino) e ritmici (pianoforte); subito, nell'accompagnamento, si sviluppa una forte tensione grazie all'uso di figure ritmicamente instabili come la sincope o la sovrapposizione di tempi ternari e binari. Su questo tappeto fluttuante il violino disegna, al contrario, una linea di grande regolarità ed eleganza. Con il secondo tema in fa maggiore, affidato esclusivamente al pianoforte, il clima generale si fa più sereno anche se "l'incertezza" ritmica ci costringe a mantenere vigile l'attenzione. Nello sviluppo Brahms ci trascina in uno strano clima di staticità, carico di aspettativa: l'effetto è reso possibile dalla ripetizione regolare e incessante di una nota grave (tecnicamente, una nota-pedale), su cui la musica procede attraversando varie regioni tonali. Pur se in pianissimo, le battute acquistano un "nervosismo" crescente fino alla ripresa dei temi della prima parte, presentati questa volta con una più distesa concezione del tempo.

Nel breve Adagio, in re maggiore, Brahms ci offre un bell'esempio della capacità di costruire melodie lunghe, quasi ininterrotte; il violino è protagonista ed alterna due piani melodici contrastanti: l'uno intimo ed espressivo, l'altro acceso e tagliente.

Nel terzo movimento il compositore bandisce ogni melodia giocando essenzialmente sulla frammentazione ritmica e sull'alternanza serrata dei due strumenti (ci sembra quasi di riconoscere il procedimento medievale dell'hoquetus, singhiozzo). Si tratta sostanzialmente di un vivace intermezzo creato allo scopo di preparare l'ascoltatore al conclusivo Presto agitato. La struttura .è simile a quella del primo movimento anche se il tempo in 6/8 crea un'urgenza del tutto nuova; gli accordi densi del pianoforte trovano spazio autonomo nel secondo tema che diventa un inaspettato Corale. Qui Brahms si concentra più sul percorso armonico che su quello melodico e solo una lunghissima coda ristabilirà la giusta direzione tonale.

Fabrizio Scipioni

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Nata anch'essa durante i soggiorni sulle rive del lago di Thun, l'ultima delle tre sonate (op.108) richiese una gestazione più lunga rispetto alle precedenti, con una lavorazione che si suddivise nell'arco delle tre estati comprese tra 1886 e il 1888. Dedicata all'amico e collaboratore Hans von Bülow, con il quale si era da poco riconciliato dopo circa due armi di incomprensioni, essa si distingue dalle precedenti, oltre che per la presenza di quattro tempi, per un carattere decisamente più esuberante, incisivo, spesso incline al virtuosismo (soprattutto nella parte pianistica), che negli anni a venire ne avrebbe garantito una notevole diffusione nelle sale da concerto con un consistente apprezzamento da parte del pubblico.

Mentre il canto del primo terna dell'Allegro si distende con un sottovoce ma espressivo ricco di pathos, il breve inserimento di alcuni accordi in tempo terzinato ne rallenta l'affrettato svolgimento quasi fossero dei sospiri. Un ampio e concitato episodio che si apre con uno spunto imitativo del motivo iniziale, fa invece da transizione alla romantica melodia del secondo tema, esposta in successione da pianoforte e violino e seguita da una breve coda a completamento dell'Esposizione. Singolare è l'impianto dal sapore prettamente organistico della sezione di Sviluppo: sopra un lungo pedale di dominante si sgrana infatti un fitto intreccio di crome dei due strumenti, al quale il violino contrappone successivamente dei frammenti melodici dilatati in valori più ampi, per poi concludere, sempre sullo stesso pedale, con una scala discendente a seste spezzate. Si giunge cosi alla Ripresa, nella quale il primo gruppo tematico presenta un accompagnamento dalla trama più fitta che crea una sorta di continuità ritmica cori lo Sviluppo, mentre l'episodio di collegamento viene variato per giungere al secondo tema in re maggiore (omonima maggiore della tonalità principale). Il movimento si chiude con un duplice richiamo: il primo alla coda dell'Esposizione, che con un crescendo porta a una nuova e più concitata ripresa del primo tema, il secondo all'ordito musicale dello Sviluppo riproposto sopra un pedale di tonica che, negli epigoni finali, si interrompe lasciando spazio agli ultimi echi del primo terna con i quali si giunge alla cadenza filiale.

Il secondo tempo della sonata è un Adagio in 3/8 la cui semplice struttura è imperniata intorno a una struggente melodia del violino seguita da un'ampia sezione cadenzale. Tale sequenza viene quindi ripetuta con il tema che inizia all'ottava superiore sostenuto da un accompagnamento terzinato più mosso, e con un ampliamento della sezione cadenzale, mentre una coda con accenni del tema conclude il movimento.

Nel terzo tempo Un poco presto con sentimento il tema principale esposto dal pianoforte presenta un motivo reso particolarmente accattivante dagli staccati del fraseggio, e dal delicato fluttuare dell'armonia che, nel suo cadenzare, viene attraversata come da un brivido da un rapido arpeggio discendente. A tale motivo fa seguito uno spunto secondario tracciato da entrambi gli strumenti, e quindi la riesposizione del terna da parte del violino. Il successivo episodio che Brahms ripete due volte con delle varianti si compone invece di arpeggi cadenzali seguiti da una rapida progressione accordale e dal riecheggiare del tema nel pianoforte, mentre il breve accenno al tema trasposto in modo maggiore che segue, appare come un inatteso squarcio di luce che prepara la ripresa del tema stesso con la variante dell'accompagnamento pizzicato del violino. Un'ulteriore elaborazione del tema effettuata con bicordi del violino conclude infine il movimento.

Tre sono i gruppi tematici del Presto agitato finale. Il primo di questi è caratterizzato dalla rapida alternanza tra i due strumenti di un vigoroso tratto melodico in 6/8 che disperde gradualmente la propria energia nell'episodio subito conseguente. Si giunge così a un secondo tema più cantabile, la cui conduzione viene qui affidata integralmente al pianoforte per essere poi ripetuta dal violino, mentre il terzo gruppo tematico presenta un risoluto canto del violino introdotto da un breve arpeggiare a ottave del pianoforte che, dopo un intenso crescendo, si ricollega, attraverso gli arpeggi a ottave iniziali, al primo tema. Lo Sviluppo si apre con un accompagnamento accordale su cui un nuovo elemento tematico tratto dall'incipit del primo tema si dispiega culminando in un crescendo che porta a una sezione più concitata. Un pedale di dominante contenente elementi secondari del primo tema conduce quindi a una inusuale Ripresa nella quale viene saltato il primo terna, passando direttamente al secondo e al terzo. La mancanza del tema iniziale viene tuttavia compensata dalla riesposizioue successiva al terzo tema (che già avevamo trovato nell'Esposizione) e dalle citazioni presenti nella coda conclusiva.

Carlo Franceschi De Marchi

Guida all'ascolto 3 (nota 3)

La particolare dimensione della musica per insieme da camera è tra le più congeniali alla natura di Johannes Brahms, e occupa infatti, nel suo catalogo, uno spazio paragonabile a quello dei lavori per pianoforte, assumendo anche similari profili di familiarità e, a volte, di confessione; emerge, tuttavia, un'ansia della rifinitura e dell'equilibrio formale molto più meticolosa. Raggiunta l'età adulta, il compositore tende a esprimersi in campo cameristico più regolarmente che non in gioventù, quando pagine del genere rimanevano sovente incompiute o messe da parte. Certo, una forma di supremo impegno, come quella del quartetto per archi, sarà da Brahms intrapresa soltanto nella, piena maturità, dato il peso ingombrante del lascito beethoveniano; lo stesso condizionamento gli pesa, come si sa, in campo sinfonico. D'altra parte, egli si riprenderà il suo spazio anche volgendosi a formazioni strumentali - quali il quartetto con pianoforte, il sestetto d'archi, il trio con il corno, le sonate per clarinetto - poco frequentate.

Sul piano del trattamento formale, il musicista rimane fedele alla tradizione e alle sue esigenze di equilibrio e di ordine, scevre di innovazioni originali. Forma-sonata e tecnica della variazione seguono, quindi, la linea della grande memoria di Beethoven; ma emergono quali novità una straordinaria ricchezza inventiva e, soprattutto, un'originale flessibilità di scrittura. Alla base, l'istintivo senso della melodia, elaborata nel costante esercizio della scienza contrappuntistica e della pratica polifonica. Il tutto governato da un'eccezionale capacità di sintesi. Sintesi, inevitabilmente, tra gusto classicheggiante e romantico; ma, ancor più, capacità di intesa tra rispetto della forma, espressione del sentimento, e una certa libertà estetica. Una sintesi tra esigenze a volte contrastanti, tra razionalismo e spontaneità, che più tardi guadagnò a Brahms anche l'ammirazione di Schönberg.

Più volte Brahms ha scritto, a breve distanza di tempo, due lavori dello stesso tipo. Solitamente, il primo dei due è stato concepito con tratto più immediato e diretto, mentre il secondo risulta fondato su basi più solide e ponderate. Tale costume si ripete anche nel caso della terza Sonata per violino e pianoforte in re minore op.108, abbozzata già al tempo della seconda, l'op. 100 del 1887, ma accantonata sul momento, e condotta a termine nel 1888. Durante l'estate di quell'anno, il compositore è in vacanza sul lago di Thun - è l'ultima villeggiatura da lui trascorsa in quell'accogliente e tranquilla località elvetica - e, tra gli altri impegni, riprende e conclude questa Sonata op. 108. Il lavoro è dedicato ad Hans von Bülow, e appare ideato con fattezze diverse da quelle delle due analoghe pagine precedenti. Brahms è nella maturità dei suoi cinquantacinque anni, ed è mosso da un'ispirazione più aristocratica e meditata, lungo la vena di un lirismo elaborato invisibilmente, senza sbalzi, e nutrito da una particolare fecondità di idee.

Diversamente dalle altre due, la Sonata in re minore si articola in quattro movimenti, il secondo dei quali, Adagio, costituisce il punto più alto e toccante di questa pagina così autorevole e significativa. Allegro alla breve è l'andamento del primo tempo, segnato dalla dovizia degli spunti ispirativi nell'esposizione, alla quale segue uno sviluppo breve, ma originale nel profilo sostanzialmente diverso del contenuto tematico; alla fine, un'importante coda suggella il tutto. Limpido e relativamente corto è, per contrasto, il secondo movimento, introdotto da un'appassionata melodia, dalla quale si distingue il secondo tema, scandito da ampi accordi arpeggiati del pianoforte. Il terzo episodio, Un poco presto e con sentimento, è una specie di scherzo, snodato in tre momenti che elaborano largamente due motivi. La prima idea è essenzialmente ritmica, di condotta leggera e fantasiosa, mentre la seconda consolida la supremazia melodica del violino. L'esteso finale, Presto agitato, presenta un'architettura rigorosa, ma deve il suo senso di omogeneità anche alla costante presenza di crome, derivate dallo spunto introduttivo, tanto nella parte violinistica quanto in quella del pianoforte.

Francesco A. Saponaro

Guida all'ascolto 4 (nota 4)

«Ho mandato agli Herzogenberg la Sonata per violino di cui Le parlavo l'altro giorno, e ho ricevuto una lettera con espressioni cosi inaspettatamente cortesi su di essa che mi domando se non possa piacere anche a Lei... Mi perdoni, se non Le ho spedito prima la sonata: non potrà mai credere quale sia stata la ragione principale di ciò. La verità è che io non posso mai concedere ad un mio pezzo che esso possa piacere a qualcuno; e questo è quel che sento a proposito di essa... Se questa sonata non Le piacesse ad una prima lettura, non la provi con Joachim, ma me la rimandi indietro». Questa lettera [è diretta a Clara Schumann) rispecchia un'incertezza che nel caso della Sonata in re minore è più marcata del solito: Brahms fu a lungo perplesso circa l'opportunità di pubblicare quest'opera, che gli era costata due anni di lavoro (verrà data alle stampe nell''89, con la dedica a Hans von Bülow); in realtà con essa aveva toccato uno dei vertici della propria produzione. Non tanto, e non solo, perché l'impianto formale di questa sonata (unica delle tre a rispettare la suddivisione classica in quattro tempi] mostra una grande solidità architettonica; quanto per la straordinaria coerenza e perfezione dell'elaborazione tematica, che consente, grazie alla profonda unità e organicità del tessuto compositivo, di dirigere l'itinerario espressivo dell'opera attraverso i mutamenti più sottili, conservandole però piena connessione logica e stilistica.

Nell'Allegro iniziale, il primo gruppo tematico è ancora una volta ampio, e sviluppa l'idea principale in una serie di capillari rielaborazioni intervalliche e ritmiche. Il secondo tema è esposto dal pianoforte, e lascia emergere numerosi spunti secondari; riprendendolo, il violino ne accentua la cantabilità tesa e generosa. Lo sviluppo, quanto mai conciso, è interamente costruito su un pedale (la, dominante della tonalità d'impianto) affidato ai bassi del pianoforte, ed utilizza per lo più elementi del primo gruppo tematico. Particolarmente ampia è anche la ripresa, che dopo la ripetizione del secondo tema in re maggiore ritorna nella tonalità d'impianto in una lunga coda, basata di nuovo sul primo tema, che nella conclusione viene esposto esso stesso in re maggiore.

Nella sua semplicità, l'Adagio è una delle pagine più dense di Brahms, profondamente lirica ma mantenuta in una ininterrotta tensione espressiva, pur nel variare sottilissimo delle atmosfere. Quasi il suo contrario è il terzo movimento, in tempo veloce, più simile ad un intermezzo che allo scherzo classico: un motivo frammentato, scivoloso nell'itinerario armonico, si presenta con successive variazioni in un clima di enigmatica eleganza. Il finale sviluppa su un ritmo quasi di giga, interrotto da brusche cesure, un motivo «passionato» (cosf indica Brahms: l'aggettivo è un po' goffo, in italiano, ma molto suggestivo; lo troviamo anche nel finale della quarta Sinfonia), che viene sottoposto a incessanti sviluppi e ad imprevedibili modulazioni.

Daniele Spini


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 11 Maggio 2001
(2) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 102 della rivista Amadeus
(3) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 24 febbraio 2005
(4) Testo tratto dal programma di sala del Concerto del maggio Musicale Fiorentino,
Firenze, Teatro Comunale, 3 dicembre 1978

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Ultimo aggiornamento 6 dicembre 2018