Sinfonia n. 3 in fa maggiore per orchestra, op. 90


Musica: Johannes Brahms (1833-1897)
  1. Allegro con brio (fa maggiore)
  2. Andante (do maggiore)
  3. Poco Allegretto (do minore)
  4. Allegro (fa minore)
Organico: 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, controfagotto, 4 corni, 2 trombe, 3 tromboni, timpani, archi
Composizione: Wiesbaden, Agosto 1893
Prima esecuzione: Vienna, Großer Musikvereinsaal, 2 Dicembre 1883
Edizione: Simrock, Berlino, 1884
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Nel 1883, l'anno in cui compone la Terza Sinfonia, Brahms è all'apice della fama e della maturità creativa: scomparso Wagner nel febbraio di quello stesso anno, egli è considerato unanimemente il maggior musicista tedesco vivente. Dalla sua parte sono schierati non soltanto gli estimatori di vecchia data, come l'ampia cerchia di Clara Schumann e quella di Hans Richter, Joseph Joachim e quant'altri, ma anche neofiti insospettabili come Hans von Bülow, il quale nel 1879 scriveva a un'amica, la contessa von Char, che «dopo Bach e Beethoven egli è il più eminente, il più grande dei compositori». Perfino la sciocca contesa con Anton Bruckner, il suo dirimpettaio viennese, fomentata da partiti avversi più che dalla volontà dei compositori, si è placata: il mondo sembra finalmente sorridere a Brahms, sí da addolcire la proverbiale ombrosità del suo carattere. La prima esecuzione della Terza Sinfonia, avvenuta a Vienna il 2 dicembre 1883 con i Filarmonici diretti da Hans Richter, fu un trionfo, una consacrazione che stupì lo stesso autore, da sempre diffidente verso i cori di osanna profumati d'incenso. Per lui la Terza aveva un solo difetto: quello di essere diventata, subito, «sfortunatamente troppo celebre». Frase tipica della sua ironia; questa volta però non scontrosa bensì permeata di un'intima, consapevole soddisfazione.

Frutto di un Brahms talmente contento di sé da canticchiare per strada, nel corso delle passeggiate quotidiane a Wiesbaden, dove la Sinfonia nacque tra l'estate e l'autunno dell'83, i temi del lavoro - fra i quali quel motivo di tre note, fa-la bemolle-fa, che l'apre ripetendo secondo la nomenclatura alfabetica tedesca (F-a-F) le iniziali del motto giovanile "Frei aber Froh", libero ma felice - la Terza apparve più matura e organica rispetto alle prove precedenti. Scavalcando un momento preziosamente anomalo com'era stata la Seconda, Brahms con essa sembrò esser tornato agli intenti che avevano determinato la fisionomia della Prima, salutata da Hans von Bülow come la «decima di Beethoven»; rifondendo però quanto in quella poteva esservi stato di sperimentale e di costruttivamente dimostrativo in una superiore, più personale sintesi formale e stilistica. Al rispetto anche esteriore per gli schemi classici si univano una disinvoltura, una sicurezza assoluta nella manipolazione sinfonica dei materiali tematici in tutte le loro potenzialità. Ciò dava piena logicità alla compresenza nelle strutture tradizionali di elementi eterogenei derivati dal patrimonio liederistico come dal corale protestante: attestati coerentemente in uno sviluppo che non era meno teso e consequenziale per essere frequentemente oscillante fra impennate e ristagni, sí da conferire organicità e reciproca corrispondenza a tutte le sottili vibrazioni affettive via via proposte da un itinerario espressivo che qui, più forse che in qualunque altra delle quattro Sinfonie di Brahms, si fa sismografo sensibilissimo della percezione musicale, diario intimo di mille esperienze impalpabilmente sfumate.

Per quanto sia difficile ricondurre a un'unica istanza espressiva un'opera tanto composita dal punto di vista delle cifre stilistiche ed emotive in essa armoniosamente e organicamente conviventi, la Terza Sinfonia si configura come una creazione musicale intrisa di tragico fatalismo, di pathos e di eroismo sublimati nelle categorie della musica assoluta: crogiolo dove si fondono, in continuo ed equilibrato ma inquieto divenire, le esigenze espressive più diverse, ciascuna simboleggiata via via da diverse proposte tematiche, e soprattutto dalle diverse connotazioni ritmiche, armoniche, timbriche conferite nel corso della composizione a quelle proposte tematiche. Le imponenti, drammatiche misure iniziali del primo movimento, Allegro con brio, avviano esplosivamente l'esposizione di un materiale motivico come sempre in Brahms straordinariamente denso e nutrito, strutturato in modo da influenzare profondamente ma non univocamente tutto il decorso del movimento. Se ne differenzia nettamente il secondo tema principale, tenero e cullante quanto il primo è appassionato nel suo poderoso ondeggiare: ma la relazione fra i due motivi è mantenuta più nei termini dell'analogia che del contrasto grazie alla presenza di numerose proposte secondarie, tutte collegate ad ambedue i temi da intime relazioni di struttura, e che tendono a evidenziare più i lati comuni che non gli elementi di diversità. E in questa maniera procede tutto l'intenso tessuto compositivo del primo tempo, serrato e compatto fino alla ricomparsa, dopo molti ritorni sospesi, dell'inciso iniziale nella chiusa, con accenti placati che assumono carattere e ruolo rasserenanti.

Nell'Andante che segue, Brahms sembra dapprima indirizzarsi verso toni di contenuta partecipazione psicologica, con l'elegante lirismo di un tema tutto nordico, dalle movenze malinconicamente popolareggianti. Ma questo motivo incontra successivamente sottili modificazioni espressive, di pari passo con le manipolazioni formali determinate da un attento e approfondito uso della variazione, ancora una volta ricomponendo un orizzonte emotivo particolarmente ricco e complesso. Il ruolo di epicentro espressivo e psicologico, tradizionalmente assegnato, nella grande forma, al tempo lento, viene qui prolungato nel terzo tempo che, pur rispettando l'architettura formale dello Scherzo, stabilisce una compartecipazione con l'Andante nel creare un blocco di due movimenti dedicati alla riflessione lirico-elegiaca, e addirittura in questa direzione lo scavalca. Il tema che apre il Poco allegretto, in do minore, cantato dai violoncelli a mezza voce, è una gemma ineguagliata dell'invenzione melodica brahmsiana, fecondo tuttavia di sviluppi imprevedibili. Specialmente inatteso è l'episodio centrale del "Trio", che viene a interrompere l'incedere nostalgico e meditativo di questo terzo tempo con un andamento di danza stilizzata presago addirittura di Mahler. Il ritorno della sezione principale delimita la costruzione perfetta e armoniosa di questo movimento, tanto più generoso espressivamente quanto più la sua intensità lirica si cela dietro forme eleganti e concise, sfumate quasi pudicamente dall'impiego impercettibilmente variegato del timbro.

Aspirazioni epiche sembrano ritornare nell'avvio del Finale, Allegro: dalle nervose curve del primo tema al corale sommesso che lo segue da presso, alla cantabilità espansiva della terza idea, si propone in breve spazio un materiale motivico densissimo, che dà vita a sviluppi incessanti, nell'incalzare di spunti, variazioni, trasformazioni e intrecci. Un divenire che spesso si fa aspro, drammatico, sempre più finalizzato a un'esigenza costruttiva monumentale in grado di governare il corso degli eventi musicali in funzione di nuove elaborazioni compositive. Alla risoluzione dei contrasti che nella forma sonata classica è scopo principale della conclusione si sostituisce qui quasi un trarre le conclusioni di un lungo dialogo a più voci, per sospenderlo da ultimo in assorta contemplazione: di cui è simbolo il ritorno del tema iniziale del primo movimento, nella dissolvenza delicatissima e solenne al tempo stesso della chiusa.

Sergio Sablich

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

La via brahmsiana alla Sinfonia si definisce più puntualmente a sei anni dalla Seconda con l'ultima coppia di sinfonie. Anni di intensa attività creativa, tra i cui frutti non possiamo tacere le due ouverture e la ricca raccolta dell'anno che precede la Terza: il Gesang der Parzen per coro e orchestra, il Trio op. 87, il Quintetto per archi op. 88 e i Lieder op. 85 e 86. Il Brahms che dedica l'estate 1883 - piacevole estate di lavoro, trascorsa nella località termale di Wiesbaden, ospite di amici - alla nuova sinfonia, unica partitura di un anno intero, esprime con mano sicura un progetto ideologico ormai individuato come personale. Condotto con una stringatezza che testimonia la raggiunta chiarezza, stilistica, il progetto mal sopporta, data la brahmsiana complessità sentimentale, l'appellativo di «eroica» attribuito alla Sinfonia da Hans Richter, che diresse i Wiener Philharmoniker nella «prima» del 2 dicembre 1883 alla viennese Gesellschaft der Musikfreunde, aprendo la via allo straordinario, immediato successo del lavoro in tutta Europa e in America.

Le primissime battute dell'Allegro con brio contengono in nuce il progetto dell'intera Sinfonia. Le misure 1-3 presentano tre poderosi accordi dei fiati (fa - la bemolle - fa, corrispondenti alle lettere FAF: acrostico del motto brahmsiano froh aber frei, «felice ma libero»), portale solenne del primo tempo, ma soprattutto suo fondamentale Leitmotiv unificatore. Sull'ultimo accordo gli archi, sostenuti da tromboni e timpani, lanciano il primo tema, energico e appassionato, non immemore di Schumann, né del tutto solare nel suo continuo inabissarsi verso regioni gravi. Il Leitmotiv contrappunta l'Esposizione del primo tema e torna nel corso della transizione al lirico secondo tema. Le voci predilette di clarinetto e viola (l'anno successivo usciranno gli Zwei Gesänge op. 91, con l'accompagnamento di quest'ultimo strumento) presentano il nuovo tema, costruito su minime variazioni di un piccolo inciso, in la maggiore, grazioso e a mezza voce; noncurante, dalle movenze di valzer, il motivo rimane incastonato nel raffinato contesto timbrico caratterizzato dal pizzicato dei violoncelli. Il gioco imitativo dei legni prosegue nella coda dell'Esposizione, dove s'insinua nuovamente il Leitmotiv. Una pagina drammatica conduce allo Sviluppo, aperto su gesti discendenti memori del primo tema, cui segue corposo il secondo ad archi gravi e fagotti, agitato e in tonalità minore. Il risuonare del Leitmotiv al corno su dolci sincopi degli archi e il successivo ritorno del primo tema, preludono alla Ripresa che espone due volte il Leitmotiv seguito dal primo tema, mentre lievi movenze di danza ai violini e un gesto ascendente del fagotto annunciano l'entrata del secondo tema al clarinetto. La coda inizia citando l'esordio della Sinfonia, per concludersi, dopo un lungo e accidentato percorso, pacificata; l'ultima apparizione del primo tema (di cui Carl Dahlhaus ha rilevato la connotazione intimistica) ricorda l'Incantesimo del fuoco con cui si chiude La valchiria di Richard Wagner, in scena a Vienna durante il Festival dedicato al suo autore, morto nel febbraio dello stesso anno, proprio in quel dicembre 1883 che vide la «prima» della Terza sinfonia brahmsiana.

L'Andante è un esercizio esemplare, sulla corda dell'elegia, dell'arte della variazione. Ancora una volta i clarinetti presentano in do maggiore un tema semplice, coadiuvati da fagotti, flauti, corni, che creano una sonorità da serenata settecentesca, tardo retaggio di quel complesso di fiati imperiale della Vienna giuseppina per cui Mozart aveva scritto alcuni capolavori. Su sonorità antiche Brahms immette un nuovo pensiero sinfonico: le quattro misure del temine ricompaiono sottilmente variate, e così una terza e una quarta volta. Il discorso si anima con l'innestarsi felice di ornamentali quartine di semicrome, finché una pagina interlocutoria non conduce alla sezione centrale di questo tempo in forma ternaria (ABA'). Clarinetto e fagotto vi presentano un tema derivato dal primo, ossessivamente insistente sulle medesime note, recitativo inquietante nonostante l'indicazione dolce, forse anche a causa dell'incedere funebre degli archi. La sospensione d'ogni moto prelude all'elaborazione del primo tema, la cui testa circola per le varie sezioni orchestrali, unitamente alle quartine e alle sincopi in crescendo dei violini. Il primo tema ritorna compiutamente a flauto e oboe (seppure contraffatto nel ritmo dell'attacco e nell'accento metrico) con accompagnamento di quartine, inaugurando la ripresa della sezione principale. Da continue variazioni melodico-ritmiche fiorisce inaspettato un tema espressivo del tutto nuovo ai violini; un'ultima pagina di sospensione (analoga a quella che aveva introdotto la sezione B) porta alla coda, dapprima riservata alle voci gravi di clarinetto (che ripropone nostalgico il primo tema), fagotti (cui spetta il sapore cromatico della pagina), violoncelli e contrabbassi. Si chiude sulla magia pastorale degli arabeschi dei legni.

Un ennesimo gioiello - Poco allegretto, momento lirico letteralmente indimenticabile - in terza posizione. Brahms esalta la potenza di un canto sublimato dalla più struggente Sehnsucht romantica, abbandonando la consueta complessità formale per approdare a una struttura di limpida, classica chiarezza. La forma ternaria (ABA'), con ulteriore tripartizione della sezione A (AxA-B-A'xf'A'), moltiplica la presenza del formidabile tema principale, che, come un'onda, viene esposto a mezza voce dai violoncelli (appena increspato dalle terzine degli archi superiori sul pizzicato dei contrabbassi) e in seguito dai violini, che introducono l'intermezzo x, proseguendo insensibilmente sul fluire del primo tema ai fiati (in tutto il movimento ogni contrasto tematico vero e proprio viene annullato a vantaggio dell'unico, grande tema). La sezione B, fondata su cullanti sincopi, oppone staticamente le diverse sezioni orchestrali, come spesso avviene in questo movimento. La ricomparsa della testa del tema ai legni prelude al momento magico della Ripresa della sezione A: il canto viene inaspettatamente affidato al corno, tenuto in serbo come solista per la grande occasione dall'a solo del primo tempo. Il tema passa all'oboe e, dopo il ritorno dell'intermezzo x, ai violini. La coda, dolce e piano, è fondata, come la sezione B, su sincopi dei fiati, cui si uniscono gli archi in un'estrema fiammata sentimentale che si stempera nel gesto discreto del pizzicato.

Come i suoi omologhi, anche l'Allegro finale della Terza sinfonia si dimostra originale già dall'ambiguità tra i suoi possibili modelli strutturali: forma-sonata con introduzione oppure forma-sonata senza ripresa delle prime due parti del primo gruppo tematico. Seguendo quest'ultima ipotesi il primo gruppo tematico esordisce misteriosamente, piano e sottovoce (come già il finale della Seconda sinfonia) con l'unisono dei violini nella regione grave e l'apporto cupo dei fagotti, per passare ai legni su un accompagnamento particolarmente morbido e leggero, caratteristico di tutto il movimento. L'orchestra piena, ma in pianissimo, presenta un tema di marcia derivato da quello secondario dell'Andante, mentre aleggia il fantasma ritmico del terzo tempo della Quinta beethoveniana, finché i tromboni non introducono la terza parte del primo gruppo tematico (il primo tema dello schema alternativo): quest'ultima, stentorea, animata da salti ascendenti in levare, contrasta nettamente col secondo tema, cantato con slancio eroico da violoncelli e corno (libera citazione dell'inno Die Wacht am Rhein?). Anche questo tema lirico presenta una seconda parte complementare, esposta in fortissimo dall'orchestra piena, tra fitte indicazioni dinamiche (accenti, sforzando, ben marcato), analoga nello spirito, ma esaurita, coerentemente con il serrato alternarsi di atteggiamenti contrapposti in tutto il movimento, nel ricordo della testa del tema dell'esordio foriero dello Sviluppo (che consta di variazione ed elaborazione contrappuntistica delle prime due idee tematiche). La Ripresa impiega soltanto la terza idea del primo gruppo, cui fa seguire l'intero secondo tema e il tema dell'esordio. Un breve duetto dei corni porta alla coda della Ripresa, che combina, come già lo Sviluppo, seconda e prima idea tematica. L'indicazione Un poco sostenuto apre l'ultima, sorprendente sezione, solenne e misteriosa a un tempo, in cui, capovolto in maggiore il fa minore d'impianto, fra gli accordi statici dei fiati e il mobile fruscio degli archi, circolano fantasmatiche apparizioni di temi ben noti, tra cui - estremo, sibillino messaggio simbolico - il motto FAF su cui la Sinfonia si era aperta.

Raffaele Mellace

Guida all'ascolto 3 (nota 3)

Le quattro sinfonie di Brahms vengono considerate, è noto, come abbinate non solo per i periodi nettamente distinti della loro composizione (la «Prima» completata nel 1876, la «Seconda» composta nel 1877, la «Terza» e la «Quarta» rispettivamente nel 1883 e nel 1885), ma anche per i caratteri stilistici. Mentre infatti le prime due risentono in certo qual modo del lunghissimo travaglio che aveva subito l'elaborazione della «Sinfonia in do minore», durata ben 14 anni durante i quali Brahms aveva dovuto affrontare e risolvere progressivamente quei problemi di ordine strutturale che costituivano per lui un assillo costante, la «Sinfonia in fa maggiore», e ancor più poi quella «in mi minore», è opera di un compositore giunto al culmine delle sue possibilità.

Non si dimentichi anche che fra le prime due sinfonie e la «Terza» intercorrono altre composizioni per orchestra o per strumenti solisti quali il «Concerto in re maggiore, op. 77» per violino (1877), la «Ouverture tragica, op. 81» (1880), il «Concerto n. 2, in si bemolle maggiore, op. 83» per pianoforte (1881), nelle quali Brahms ha via via superato, con la sua straordinaria capacità di elaborazione, una serie di problemi linguistici pur senza mai raggiungere appieno la concisione e l'equilibrio caratteristici delle opere dei grandi classici, secondo un ideale sempre perseguito e mai realizzato perché storicamente inattuale. Lo slancio rivoluzionario del primo Romanticismo si è dissolto infatti nell'epoca di Brahms in un atteggiamento sempre più raccolto e nostalgico che si traduce, sul piano musicale, in una nuova struttura che ignora la contrapposizione drammatica di grandi blocchi sonori, alla maniera di Beethoven, per un linguaggio più lirico e sfumato. Cosi, si può oggi anche sorridere della confessione del musicista amburghese di «udire sempre il Gigante marciare dietro di sé» (con riferimento, ovviamente, a Beethoven), ma si deve poi riconoscere la fondatezza di questa preoccupazione; per cui anche la definizione di «Eroica» che venne data alla «Terza Sinfonia» di Brahms va intesa in un spirito ben diverso da quello dell'analoga composizione beethoveniana. Scrive infatti il Niemann, a proposito de! lavoro, che «malgrado la drammaticità e l'ardore veramente eroico e virile, la sua parola ultima e definitiva è di saggezza e di serena rassegnazione. E questa è espressa con tale sincerità, e la forma musicale di cui si riveste raggiunge effetti di così alta commozione, da indurci ad affermare che essa è la composizione più tipica, più personale e più importante di Brahms».

Se sono questi i caratteri stilistici della «Sinfonia in fa maggiore», è' indubbio che essi sono realizzati con un'assoluta chiarezza in una struttura in cui l'eccezionale bellezza dell'invenzione tematica si unisce alla consueta capacità di elaborazione degli sviluppi.

L'Allegro con brio iniziale si apre con un tema drammatico e appassionato che, malgrado il contrasto con un secondo tema di carattere più lirico, dà il tono all'intero movimento. L'Andante costituisce una pausa più serena con il suo tema idilliaco che dà luogo ad una magistrale serie di variazioni del miglior Brahms. Nel terzo tempo, Poco allegretto, i violoncelli enunciano un tema appassionato di grande bellezza che sembra rievocare antichi canti popolari e si sviluppa con slancio improntando di sé l'intero Scherzo pur nel fluire degli altri temi parzialmente contrastanti.

Il finale in Allegro viene considerato generalmente come il momento più alto di questa pur sempre superlativa Sinfonia; il primo tema esposto da archi e fagotti contrasta con un secondo tema dall'andamento di corale fino alla comparsa di un nuovo tema esposto dal corno. Dopo una serie di sviluppi di grandiosa ma contenuta drammaticità e forza espressiva fra i diversi temi, torna il tema iniziale del primo movimento che conclude la Sinfonia.

Mario Sperenzi


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 23 Aprile 1994
(2) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 46 dello speciale della rivista Amadeus
(3)br> Testo tratto dal programma di sala del Concerto del Maggio Musicale Fiorentino,
Firenze, Teatro Comunale, 27 novembre 1976

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Ultimo aggiornamento 1 marzo 2019