Quartetto per pianoforte n. 1 in sol minore, op. 25


Musica: Johannes Brahms (1833-1897)
  1. Allegro (sol minore)
  2. Intermezzo. Allegro ma non troppo (do minore) e Trio: Animato (fa minore)
  3. Andante con moto (mi bemolle maggiore)
  4. Rondò alla Zingarese. Presto (sol minore)
Organico: pianoforte, violino, viola, violoncello
Composizione: Novembre 1861
Edizione: Simrock, Bonn, 1863
Dedica: Reinhard von Dalwigk
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Che cosa sia la musica da camera e qual'è la sua caratteristica e la sua funzione nella tradizione artistica dell'Ottocento tedesco ce lo dice Paul Hindemith nel suo libro teorico e critico «A Composer's World» apparso nel 1952 e ricco di spunti e di riflessioni non solo musicali. «In una sala molto piccola - scrive il compositore di Hanau - in una stanza di soggiorno possiamo discernere chiaramente le linee melodiche più elaborate, le armonie più complesse e gli schemi ritmici più intricati, perché siamo in strettissima relazione spaziale con la fonte del suono. E inoltre gli strumenti e i cantanti possono far uso delle più raffinate sottigliezze di tecnica, perché nulla andrà perduto, e gli stessi esecutori possono comunicare le loro impressioni direttamente, come in una conversazione privata. Il compositore che scrive per tali condizioni gode della massima libertà possibile per sviluppare la propria tecnica nei campi più esoterici. Quasi ogni cosa ch'egli scrive ha probabilità d'essere presentata nitidamente e chiaramente percepita. Nulla di strano perciò che la musica da camera sia sempre stata il mezzo preferito per l'audacia tecnica, per quanto riguarda l'applicazione degli elementi musicali».

Ora questo piacere di discorrere familiarmente tra gente colta, che sa cogliere allusioni e sfumature tra le pieghe di un discorso anche elevato e complesso, trova la sua collocazione più naturale e caratteristica nella musica da camera di Brahms. Questi la coltivò affettuosamente per lunghi anni, dopo i lavori giovanili prevalentemente pianistici e prima di affrontare nella piena maturità la composizione sinfonica, con quella Prima Sinfonia che Hans von Bülow considerò come la continuazione della «Nona» beethoveniana. Riunendo i soli strumenti ad arco, con o senza la presenza antagonista del pianoforte, e aggiungendo qualche volta la suggestione timbrica d'uno strumento a fiato (il corno o il clarinetto) Brahms studiava a fondo il materiale sonoro e analizzava gli equilibri fonici e la varietà timbrica del trio, del quartetto, del quintetto e del sestetto d'archi, considerati ognuno secondo le proprie esigenze e possibilità espressive. Ed ecco scaturire da queste premesse l'intimità confidenziale del discorso cameristico brahmsiano, venato di malinconia e di luce crepuscolare che si insinuano perfino nella «Träumerei», nei fantasiosi sogni dei più carezzevoli e brillanti Allegretti. Questa sigla spirituale, arricchita dai popolareschi ritmi tzigani e addolcita dai richiami al valzer viennese, si ritrova nell'intero arco della produzione del maestro di Amburgo in questo specifico settore: dai tre Trii per pianoforte, violino e violoncello (op. 8 in si bemolle maggiore, scritto nel 1854, pubblicato nel 1859 e rifatto nel 1891; op. 87 in do maggiore del 1882; op. 101 in do minore, scritto nell'estate del 1886) al Trio op. 40 per pianoforte, violino e corno (1865) al Trio op. 114 per pianoforte, violino e clarinetto (1891); dai tre Quartetti con pianoforte (op. 25 in sol minore del 1861; op. 26 in la maggiore del 1862; op. 60 in do minore, pubblicato nel 1875) ai tre Quartetti ad arco op. 51 n. 1 in do minore e n. 2 in la minore (pubblicati nel 1873) e op. 67 in si bemolle maggiore (1875) fino al Quintetto con pianoforte op. 34 in fa minore (1864), ai due Quintetti ad arco op. 88 in fa maggiore (1882) e op. 111 in sol maggiore (1890) e al sublime Quintetto con clarinetto op. 115 del 1891, per non dimenticare i giovanili Sestetti ad arco op. 18 e op. 36.

Il Quartetto in sol minore fu scritto nell'estate del 1861 e il 16 novembre dello stesso anno fu eseguito per la prima volta nella sala dei concerti di Amburgo, con Clara Schumann che sedeva al pianoforte. Molto benevola l'accoglienza sia del pubblico che della critica, mentre in una successiva esecuzione a Vienna, con l'autore al pianoforte, il Quartetto sollevò qualche riserva per il suo tono accademico nell'impianto costruttivo. Naturalmente erano i primi strali più o meno velenosi lanciati dall'agguerrita critica viennese contro Brahms, il quale avrebbe dovuto aspettare molti anni per essere considerato un musicista di grande statura nei paesi di lingua tedesca.

Il Quartetto op. 25 è di ampie proporzioni e abbastanza elaborato strumentalmente, con il pianoforte in posizione dominante, pur nel pieno rispetto del gioco contrappuntistico con gli archi. Il primo tempo si impone all'ascolto sia per la varietà dei temi (sono tre) che per la ricchezza del discorso musicale, avvolto in un clima di dolce e affettuosa malinconia tipicamente brahmsiana. Ad una introduzione basata sul primo tema segue una esposizione sui tre temi principali; nello sviluppo successivo il compositore si serve solo del primo tema, cui fa seguito una riesposizione con tutti e tre i temi, e l'Allegro si conclude con una coda di classica linearità. L'Intermezzo (Allegro ma non troppo) è una pagina di delicato lirismo, tutta soffusa di un sentimento di poesia autunnale; significativo è l'episodio centrale più leggermente vivace nelle sue evanescenti e chiaroscurate sonorità.

L'Andante con moto si apre con una melodia calda e distesa del violino, proiettata con intensità di vibrazioni e trascinante con sé gli altri strumenti in un clima di romantica stimmung. Nella seconda parte del movimento l'atmosfera espressiva diventa vigorosa e marziale, quasi una eco di canti e inni tedeschi di estrazione popolaresca. L'Andante si conclude con un ritorno alla stessa sognante tessitura iniziale.

L'ultimo tempo è un indiavolato Rondò di carattere zingaresco, che si ricollega allo spirito di quelle danze ungheresi così magistralmente trascritte da Brahms, che da giovane aveva compiuto numerose tournées concertistiche con il famoso violinista di Budapest, Ede Reményi. Per due volte tra i ritmi festosi e travolgenti di una musica tzigana fa capolino una curiosa cadenza, raffigurante, secondo un critico francese, una inaspettata stretta di mano tra Bach e Liszt.

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Il primo dei suoi tre quartetti per pianoforte, violino, viola e violoncello, quello in sol minore op. 25, fu iniziato forse nel 1860 ma fu nel 1861 che Brahms vi si dedicò con maggiore continuità, quando si era trasferito a Hamm, a pochi chilometri da Amburgo, dove i genitori di due sue giovani allieve gli avevano trovato una piacevole sistemazione in una stanza con terrazzo in un padiglione isolato nel loro giardino, dove poteva lavorare in tranquillità. Alla fine di settembre il quartetto era pronto e Brahms ne inviò una copia a Joseph Joachim - carissimo amico e grandissimo violinista, ma compositore piuttosto modesto - per averne un parere. Il primo movimento mise in imbarazzo Joachim per la carenza d'invenzione melodica, le irregolarità ritmiche e la forma troppo libera, mentre il finale "alla zingarese" gli strappò un giudizio entusiastico: non sappiamo se, come in altre occasioni, Brahms sia intervenuto sulla sua musica ancora fresca d'inchiostro per apportarvi le modifiche indicate da Joachim. Comunque il quartetto fu eseguito in pubblico immediatamente, ad Amburgo: era il 16 novembre 1861 e in quell'occasione stava al pianoforte un'altra carissima amica del compositore, Clara Wieck, la vedova di Schumann, mentre Brahms stesso si occupò di eseguirlo davanti al pubblico viennese.

È proprio il pianoforte ad aprire l'Allegro iniziale, presentando un tema misterioso e possente, le cui prime quattro note sono la cellula che dà vita a tutto il movimento. Al pianoforte si aggiungono uno alla volta gli altri tre strumenti, dal più grave al più acuto, finché un maestoso fortissimo degli archi, contrappuntato dalle veloci figurazioni del pianoforte, dà inizio a quella che, formalmente, deve essere considerata la vera e propria esposizione del primo tema, mentre il secondo tema appare molto più in là, presentato dal violoncello, in un flusso melodico molto espressivo e pieno di calore, dapprima in tonalità minore poi in maggiore. Una terza idea, che deriva dalla precedente, conclude l'esposizione. Il possente e grandioso sviluppo si basa interamente sul primo tema, valorizzato da una serie di combinazioni contrappuntistiche e ritmiche. Una regolare ripresa della sezione iniziale, senza però l'introduzione del pianoforte, sfocia in un'ampia coda, dove ancora una volta predomina totalmente il primo tema, finché il movimento si conclude in pianissimo.

L'Intermezzo (Allegro ma non troppo) è una di quelle pagine sognanti e dolcemente malinconiche, dall'atmosfera notturna, che talvolta in Brahms prendono il posto dello scherzo, di cui questa volta è però conservato il tradizionale schema tripartito. La prima parte è costruita su due temi, accomunati da un simile chiaroscuro e da un simile carattere intimo e misterioso, con un tono da ballata nordica tipico del giovane Brahms. L'episodio centrale è un trio, Animato, e presenta anch'esso due temi diversi ma dal simile carattere lirico, la terza parte è perfettamente simmetrica alla prima, ma si conclude con una coda che riprende pianissimo il motivo iniziale del trio.

L'Andante con moto è in forma di romanza, ma non ha niente del tono sentimentale spesso associato a queste pagine. I tre temi sono certamente espressivi, ma vigorosi: i primi due, dal carattere robusto e dalla pienezza quasi orchestrale, sono ripetuti due volte, alternativamente, su due distinti accompagnamenti ritmici, con un ritmo di marcia che cresce d'intensità fino al fortissimo, mentre l'episodio centrale è costruito su un tema quasi eroico. Come conclusione, ritorna leggermente modificata la parte iniziale.

Il finale, un Rondò alla zingarese (Presto), introduce nella musica di Brahms un elemento nuovo, che ritornerà in seguito in molte altre sue musiche. Fu questo movimento a entusiasmare Joachim, che, come violinista-compositore, aveva già sfruttato più volte questo filone "ungherese" o "zigano" allora molto in voga, ma si dichiarò sconfitto e superato dall'amico sul suo stesso campo. È un movimento di grandi dimensioni e di forma liberissima, eppure non sfugge mai al controllo dell'autore. Oltre all'indipendenza della forma, che sfida tutte le regole classiche, questo rondò dimostra una grande attenzione alle peculiarità anche più minute della musica zigana: quindi vi si riconoscono non solo la libertà selvaggia propria di questa cultura ma anche le imitazioni del cimbalon - tipico strumento zigano - e le cadenze virtuosistiche, che danno vita a piccoli sviluppi indipendenti, molto curiosi in un'ottica formale classica. Si noterà anche l'alternanza tipicamente zigana d'umori contrastanti: melanconia e gioia selvaggia, languore ed esuberanza.

Mauro Mariani

Guida all'ascolto 3 (nota 3)

Il Quartetto in sol minore op. 25 venne scritto da Brahms nell'estate del 1861 ad Hamm, a pochi chilometri da Amburgo, e vide la sua prima esecuzione il 16 novembre dello stesso anno con l'amata Clara Schumann al pianoforte.

Il primo movimento, Allegro, si apre con un tema misterioso presentato dal pianoforte in ottava e subito ripreso dal violoncello seguito dagli altri due archi: si tratta in realtà di una sorta di introduzione, perché la vera e propria esposizione comincia su un fortissimo degli archi che riprendono il tema principale con enfasi rinnovata. Il secondo tema, esposto dal violoncello, è una calda melodia che si espande verso l'acuto con un andamento tipicamente brahmsiano. Un terzo motivo in re maggiore, chiaramente derivato dal secondo, conclude l'esposizione. Una breve riapparizione del primo tema apre la sezione di sviluppo, estesa e basata quasi interamente su di esso, che circola con equilibrio fra i quattro strumenti. Alla ripresa, regolare, fa seguito una coda, ancora dominata da elementi motivici del primo tema.

L'Intermezzo (Allegro ma non troppo) è tripartito e prende le mosse da una nervosa pulsazione ritmica nel violoncello sulla quale violino e viola (con sordina) ricamano un delicato arabesco sonoro'in do minore. L'ingresso del pianoforte è sognante e sviluppa l'idea di partenza fino al secondo motivo melodico, malinconico ma fremente allo stesso tempo, cifra inequivocabile dello stile di Brahms. Il trio centrale, in la bemolle maggiore, ha invece un carattere spensierato e vagamente gioioso, avendo in comune con la prima parte soltanto la pulsazione ritmica ternaria. La ripresa della prima parte è integrale e viene seguita da una coda in pianissimo che richiama la prima idea motivica della seconda parte.

L'Andante con moto, in forma di romanza, presenta tre temi espressivi ma non languidi, esposti da Brahms sempre con vigore e carattere quasi sinfonici: il primo tema, in mi bemolle maggiore, è affidato alle voci di violino e violoncello, con la viola che abilmente disegna intensi controcanti e il pianoforte che sostiene con un disegno regolare di crome. Il secondo tema, in do minore, prende invece le mosse da una pulsione ritmica quasi ossessiva nel pianoforte, sulla quale si leva la melodia del violoncello, seguito in imitazione da viola e violino. La parte centrale del movimento (Animato) ha invece un piglio quasi eroico: il ritmo diventa marziale e scorre ininterrottamente fra gli archi, mentre il pianoforte espone un tema nobile ed austero prima in do maggiore poi, con aumentata enfasi, in do minore. Raggiunto l'apice emotivo, Brahms ritorna alla dolcezza iniziale con la ripresa del primo tema e la delicata conclusione in mi bemolle maggiore.

L'ultimo tempo, Rondo alla Zingarese, è una pagina travolgente e indiavolata basata su un ritornello dal carattere zigano che si alterna a svariati episodi formalmente liberi. Il primo episodio è costituito da una delicatissima ma vorticosa serie di scalette del pianoforte (piano molto leggiero) contrappuntate dal pizzicato degli archi. Il secondo episodio è condotto invece dal pianoforte attraverso massicci accordi a piena tastiera che ricordano il clima espressivo delle Danze ungheresi brahmsiane. Il trio che segue, affidato agli archi, è pieno di malinconia, subito interrotta dal ritorno del primo episodio, con le sue vorticose scalette. Il ritmo zigano ritorna in un terzo scatenato episodio seguito da una cadenza del pianoforte che imita il cimbalon, strumento tipico della musica popolare ungherese. L'ultima, travolgente, apparizione del ritornello conclude questa pagina, giustamente famosa, che incontrò l'entusiastica approvazione dell'amico Joseph Joachim, al quale Brahms aveva inviato una copia del Quartetto per averne un giudizio.

Alessandro De Bei


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Sala Accademica di via dei Greci, 27 Novembre 1981
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 29 gennaio 2004
(3) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 285 della rivista Amadeus

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Ultimo aggiornamento 13 febbraio 2014