Neue Liebeslieder per soli, coro e pianoforte a quattro mani, op. 65


Musica: Johannes Brahms (1833-1897)
Testo: nn. 1 - 14 da "Polydore" di Georg Friedrich Daumer, n. 15 Wolfgang von Goethe
  1. Verzichi, o Herz (Rinuncia, mio cuore) - Lebhaft, doch nicht schnell (la minore)
  2. Finstere Schatten der Nacht (Ombre oscure notturne) - ... (la minore)
  3. An jedet Hand die Finger (Le dita delle mie mani) - ... (la maggiore)
  4. Ihr schwarzen Augen (Begli occhi scuri) - ... (re minore)
  5. Wahre, wahre deinen Sohn (Proteggi, proteggi tuo figlio) - ... (re minore)
  6. Rosen steckt' mir (Mia madre per me) - ... (fa maggiore)
  7. Vom Gebirge (Dalla montagna) - Lebhaft (do maggiore)
  8. Weiche Gräser (Un campo di morbida erba) - Ruhig (mi bemolle maggiore)
  9. Nagen am Herzen (Sento un veleno rodermi il cuore) - ... (sol minore)
  10. Ich kose süss (Scambio dolci tenerezze) - Espressivo (sol maggiore)
  11. Alles, alles in den Wind (Tutto, tutto perduto nel vento) - Lebhaft (sol maggiore)
  12. Schwarzer Wald (Nera foresta) - Lebhaft (sol minore)
  13. Nein, Geliebter (No, amor mio) - Lebhaft (mi maggiore)
  14. Flammenauge (Occhi di brace) - ... (la minore)
  15. Nun, ihr Musen, genug! (Ma ora basta, o Muse!) - Ruhig (fa maggiore)
Organico: soprano, contralto, tenore, basso, coro misto, pianoforte
Composizione: 1874
Prima esecuzione: Mannheim, Nationaltheater, 8 maggio 1875
Edizione: Simrock, Berlino, 1875
Guida all'ascolto (nota 1)

"Liebeslieder" - ossia "canzoni d'amore" - è il nome dato da Johannes Brahms a due raccolte di valzer per quartetto vocale (coro o solisti) e pianoforte a quattro mani, raccolte che recano i numeri d'opera 52 e 65. Si tratta di composizioni estremamente distanti dall'immagine austera e più diffusa del maestro di Amburgo, circostanza che non mancò di destare stupore già all'epoca in cui questi brani vennero pubblicati («Brahms il serio, il taciturno, il tedesco del nord, il protestante, l'uomo che detesta il mondo scrive dei valzer!» - scrisse Eduard Hanslick a proposito di un'altra raccolta consimile, i valzer per due pianoforti op. 39). In realtà nella sua produzione vocale da camera (ma anche in quella sinfonica; si pensi alla "Ouverture accademica") Brahms coltivò intensamente generi più "leggeri".

Nei Liebeslieder Walzer in particolare il compositore si riallacciò ad una tradizione antica, fertile ed illustre; quella che aveva visto già Beethoven all'inizio del secolo scrivere gli Scottische Lieder. Lungo tutto il secolo scorso i compositori di area austro-tedesca non mancarono di dedicarsi alla stesura di brevi brani vocali da camera, destinati a una o più voci soliste con accompagnamento di più strumenti; caratteristica distintiva di tali brani era quella di basarsi su testi poetici (ed in qualche caso su melodie) di estrazione popolare o pseudo-popolare. È difficile spiegare le contenute dimensioni di questi brani, la loro scarsa complessità esecutiva, il loro contenuto cordiale, senza tenere presente la loro destinazione, che era quella del nutritissimo mercato degli esecutori "dilettanti".

Anche le composizioni di Brahms, insomma, furono pensate per essere eseguite all'interno di una cerchia familiare (e sono pensate infatti più per pochi solisti che per complesso corale). Ma, rispetto alla tradizione, Brahms donò ai suoi "Liebeslieder" una connotazione del tutto particolare, quella del movimento di danza.

Il tempo di valzer, danza borghese per eccellenza, riallaccia compiutamente le raccolte brahmsiane all'atmosfera della Vienna "Biedermeier" fatta già propria dalle danze pianistiche di Schubert. Le date delle composizioni sono a questo proposito significative; la prima raccolta di Liebeslieder Walzer, op. 52, è del 1868 e segue dunque di sei anni il trasferimento del compositore nella capitale dell'impero. La seconda raccolta, op. 65, doveva seguire nel 1874.

Un'altra osservazione si impone a proposito di entrambe le raccolte. L'impiego della poesia popolare, nonché delle forme semplici e regolari ad essa connesse, non ha per Brahms un valore "esotico", di curiosa evasione dalla propria attività "colta", bensì un significato "ideologico", che mira ad assumere il canto popolare come barriera e come ineludibile punto di riferimento rispetto alla libertà formale propria della nuova corrente neotedesca di Wagner e Liszt.

Basterebbe osservare i contenuti dei testi poetici. Come le diciotto canzoni dell'op. 52, anche i quindici canti dell'op. 65 sono tratti dall'antologia di canti popolari Polydora raccolta da Georg Friedrich Daumer, che conteneva canti russi, polacchi e ungheresi (unica eccezione, come si dirà, è l'ultimo canto). Si parla di pioggia, di prati, di foreste, di venti, di campagna, di sole e di ghiaccio; e questi elementi naturali diventano i metri di paragone per i sentimenti amorosi, lieti o infausti, o dei particolari del corpo dell'amato/a, o ancora diventano i luoghi che circondano gli amanti. Sotto il profilo musicale, l'accompagnamento pianistico dell'op. 65 è più sobrio di quello della prima raccolta, e inoltre si fa strada con maggiore evidenza la caratteristica influenza magiara che tanta parte riveste nella stessa cameristica di Brahms. Identica è peraltro l'idea di base, secondo la quale le melodie tradizionali dei vari paesi vengono fra loro assimilate, grazie all'uso del ritmo del valzer, che ottiene così l'effetto di "viennesizzare" tutte le culture della Mitteleuropa. E diversissime sono poi le sfumature espressive dei vari valzer, che toccano i diversi toni dell'elegiaco, della festa, dell'estatico, della mestizia. Quasi la metà dei canti, sette su quindici, viene intonata dalle quattro voci; fanno eccezione otto brani, affrontati da voci soliste, i nn. 3 (per soprano), 4 (basso), 5 (contralto), 6 (soprano), 9 (soprano), 10 (tenore), 11 (soprano) e 13 (soprano e contralto). Alle dimensioni contenute delle varie pagine si contrappone la lunghezza maggiore delle ultime due. Nel n.14 a una prima sezione nel modo minore, affidata alle voci femminili, si contrappone una seconda sezione in maggiore, con tutte le voci. Caso a sé stante è l'ultimo pezzo, "Zum Schluss", "Conclusione"; come si è accennato, infatti, Brahms abbandona qui l'antologia di Daumer, e fa ricorso ai versi dell'amato Goethe; si tratta di una "Invocazione alle Muse", che per certi versi rimanda al testo goethiano della "Harzreise ini Winter" ("Viaggio invernale nello Harz") prescelto nel 1869, pochi anni prima, per la Rapsodia per contralto. Nella celebre Rapsodia la musica diviene l'antidoto possibile contro le sciagure provocate dall'odio umano; nella piccola ma mirabile miniatura sono le Muse che sole possono donare sollievo al cuore innamorato. L'arte, insomma, ha funzione consolatoria nell'odio come nell'amore, e la mirabile silloge dei "Neue Liebeslieder", nel suo tono apparentemente cordiale e spensierato, trasmette invece una delle idee che più profondamente innervano la poetica di Brahms.

Arrigo Quattrocchi


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia;
Roma, Villa Giulia, 15 luglio 1998

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Ultimo aggiornamento 26 gennaio 2013