Il dibattito critico sulla liederistica beethoveniana è pressoché concorde nel riconosere la sostanziale estraneità del maestro di Bonn alla più autentica poetica del Lied. Come ha ineccepibilmente osservato Mario Bortolotto « (...) innegabilmente Beethoven è, in quanto liederista, l'uomo del passato. L'interesse che egli dimostra per questa sorta di canto, nonostante i raggiungimenti di incalcolabile portata, è stato sempre marginale. E, per di più, privo di una direzione unitaria (...)». I singoli Lieder beethoveniani, insomma, sono di fattura anche pregevolissima, ma si rifanno a radici stilistiche dissimili che non vengono poi unificate (come avviene, ad esempio, in Schubert) da una precisa impronta del compositore.
Il Lied goethiano, "Wonne der Wehmut" (Piacere della malinconia), è stato composto nel 1810; nell'intento di valorizzare al massimo il testo poetico, Beethoven attribuisce al brano un andamento quasi di recitativo, a frasi tronche e ansiose che ricalcano il sofferto contenuto emotivo.
Arrigo Quattrocchi
WONNE DER WEHMUT |
ESALTAZIONE DELLA TRISTEZZA |
Trocknet nicht, trocknet
nicht, Tränen der ewigen Liebe! Ach, nur dem halbgetrockneten Auge Wie öde, wie tot die Welt ihm erscheint! Trocknet nicht, trocknet nicht, Tränen unglücklicher Liebe! |
Non vi asciugate, non vi
asciugate, lacrime dell'eterno amore! Ah come appare desolato, morto il mondo all'occhio semiasciutto! Non vi asciugate, non vi asciugate, lacrime dell'amore infelice! |
(Traduzione di Luigi Bellingardi) |