Il Trio in re maggiore è dei tre il più raccolto e contemplativo, «meno delizioso ma più profondo», come ha notato un critico inglese. E il Mersmann ne mette in rilievo «la tranquilla dolcezza dei temi, il fluido scorrere delle voci, l'assenza .di abbandoni patetici» che l'avvicinerebbero alle Sonate per pianoforte e violino op. 12, ma con maggior «limpidezza ed autonomia» di struttura.
Il primo movimento, allegretto, è basato su due temi, il prmo enunciato pianissimo dai violini e poi man mano definito attraverso un disegno caratteristico che viene via via ripreso da tutti gli strumenti, il secondo, più disteso, affidato al violino e alla viola. Nell'andante quasi allegretto, dal carattere di romanza, si vede una certa preminenza del violino. Il minuetto ha piuttosto l'aspetto di uno scherzo, specie nella seconda parte, per la quale il Prod'homme parla di «ritmo misterioso», di «mormorio che vibra oon monotonia quasi immateriale». L'allegro finale, in forma di rondò, è strardinariamente vivace nel continuo e perfetto ricambio degli strumenti, che si rimandano l'un l'altro i vari motivi tematici e di passaggio.
Carlo Marinelli