Sonata per pianoforte n. 15 in re maggiore "Pastorale", op. 28


Musica: Ludwig van Beethoven (1770 - 1827)
  1. Allegro
  2. Andante (re minore)
  3. Scherzo. Allegro vivace
  4. Rondò. Allegro ma non troppo
Organico: pianoforte
Composizione: 1801
Edizione: Bureau des Arts et d'Industrie, Vienna 1802
Dedica: Joseph Sonnenfels, direttore del Wiener Theater
Guida all'ascolto (nota 1)

Sotto il profilo formale, rispetto alle Sonate immediatamente precedenti, la Sonata op. 28 sembra rappresentare un passo indietro, verso il modello monumentale della Sonata da concerto in quattro movimenti, che aveva interessato Beethoven soprattutto nelle sue prime Sonate. Così l'op. 28 comprende una forma-sonata, un tempo lento, uno Scherzo, un Rondò. Altrove sono invece le novità. Non a caso questa Sonata - pubblicata dal Bureau d'arts et d'industrie nell'agosto 1802 - è nota con il soprannome di Pastorale, apocrifo ma attribuitole già in una edizione del 1805. Superfluo osservare che nessun rapporto ha lo spartito con la omonima Sinfonia del 1808, se non per il fatto che entrambe le pagine fanno uso di alcuni stilemi impiegati per evocare una musica pastorale - codificati da una lunga tradizione che affonda le proprie radici in Corelli, Scarlatti, Händel - in particolare, per la Sonata, quelli riecheggianti il suono delle cornamuse, con un cosiddetto "pedale armonico" e le suddivisioni ternarie del tempo. È proprio questo aspetto arcadico, contemplativo, volto a smussare i contrasti, che attribuisce una coerenza forte a questo mirabile brano.

Manca infatti nell'op. 28 quel forte contrasto tematico che altrove si faceva espressione del conflitto etico dell'autore; il contenuto espressivo è invece di ispirazione lirica e intimistica. Già l'Allegro iniziale mira allo stemperamento della dialettica, con la lunga sinuosità della frase iniziale, il soffice effetto timbrico del pedale armonico ribattuto; il discorso non procede secondo una logica oppositiva e i vari elementi tematici scivolano dolcemente l'uno dentro l'altro, tanto che lo stesso secondo tema non viene enunciato con chiarezza. L'unico vero contrasto del movimento si trova nella sezione dello sviluppo, con il serrato scambio dei ruoli di guida e accompagnamento delle due mani.

Nell'Andante - pagina di grande densità meditativa, prediletta, sembra, dall'autore anche negli anni della maturità - Beethoven ritorna a un tipo di scrittura che già aveva sperimentato nell'op. 2 n. 2, con il basso staccato che sorregge i fermi accordi della melodia; si tratta di una scrittura che porta alla definizione di un timbro pianistico del tutto peculiare, poiché le note staccate del basso mettono in azione tutti gli armonici dello strumento; da qui nascono il particolare alone che circoscrive la melodia accordale e la concentrazione espressiva di questo tempo; al risultato altissimo della pagina contribuiscono l'episodio "sereno" e diversivo in maggiore, con le garbate "cascate" della mano destra, e la ripresa del tema, variata con soffusi ricami melodici.

Segue un brillante ed epigrammatico Scherzo, attraversato da un Trio che allude agli echi di strumenti campestri. Ed è soprattutto nel finale che si affermano gli stilemi "pastorali", con un refrain segnato da un bordone, un accompagnamento che insiste su una nota grave; tutto il movimento si svolge così in una medesima ambientazione idilliaca, suggellata da una coda vorticosa ed incisiva, nella quale si distingue chiaramente il bordone. Ma c'è di più; a ben guardare il tema di questo finale è una trasformazione di quello che aveva aperto l'intera Sonata, che delinea così con assoluta chiarezza la sua arcata costruttiva e la sua coerenza espressiva.

Arrigo Quattrocchi


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 11 novembre 2005

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Ultimo aggiornamento 5 dicembre 2012