Sonata per pianoforte n. 13 in mi bemolle maggiore, op. 27 n. 1

"Sonata quasi una fantasia"

Musica: Ludwig van Beethoven (1770 - 1827)
  1. Andante
  2. Allegro molto e vivace (do minore)
  3. Adagio con espressione (la bemolle maggiore)
  4. Allegro vivace
Organico: pianoforte
Composizione: 1800 - 1801
Edizione: Cappi, Vienna 1802
Dedica: Principessa von Liechtenstein
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

La Sonata op. 26 e le due Sonate op. 27, composte fra il 1800 e il 1801, appartengono al momento in cui Beethoven esce dagli schemi consueti per sperimentare forme nuove di organizzazione della Sonata. Lo shock che questa avventura poteva rappresentare per il pubblico era tale da indurre Beethoven a intitolare Sonata quasi una fantasia l'op. 27 n. 1 e la sua sorellina, l'op. 27 n. 2. Il titolo insolito si addice in verità più alla prima che alla seconda delle due Sonate. Nell'op. 27 n. 2 manca in pratica il tradizionale primo movimento in tempo mosso, ma i tre movimenti restanti sono normali e indipendenti.

Nell'op. 27 n. 1 i quattro movimenti sono collegati e il primo è un tema con variazioni in tempo moderato, che comprende due intermezzi, il secondo dei quali in tempo mosso (si tratta cioè, in pratica, di un Rondò un po' anomalo). Il tema, semplicissimo, popolaresco, è seguito dal primo intermezzo e da una variazione.

Il secondo intermezzo, più ampio e in una tonalità inattesa, irrompe come una ventata d'aria impetuosa, interrompendo l'andamento un po' cantilenante del tema principale. Seguono un'altra variazione ed una brevissima coda. Il secondo movimento è uno Scherzo, misterioso, sfuggente, con il suo bravo "Trio", la parte di mezzo, bizzarro ed umoristico.

Il terzo movimento, lento e molto ornato, serve da introduzione al finale e verrà ripreso prima della conclusione.

E il finale, sebbene in forma di primo movimento di Sonata, è nettamente neobarocco, con giochetti tecnici ispirati alle caratteristiche del clavicembalo con due tastiere. Sperimentazione del nuovo? Sì, ma nel senso di Verdi: "Torniamo all'antico, e sarà un progresso". Le Sonate op. 101, 106 e 110, e le Variazioni op. 120 avrebbero poi sviluppato alla grande questo principio.

Piero Rattalino

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Con le due Sonate pubblicate nel 1803 come op. 27, Beethoven sente giunto il momento di sfidare dichiaratamente il dogma della Forma-sonata, ereditato dai grandi predecessori e sino ad allora ottemperato fedelmente, nonostante le formidabili innovazioni operate all'interno di esso. Ora però il musicista non si perita di sconfinare dai suoi schemi formali per esplorare, al di là di questi, altre dimensioni compositive e saggiarne le peculiarità espressive. Fa pertanto seguire alle due Sonate eterodosse l'indicazione "quasi una fantasia", a giustificarne lo spirito di libertà che le informa: uno spirito che sottraendosi in parte alle leggi della tradizione mira pur sempre a costituire dei valori formali rigenerati nell'ambito di una nuova razionalità costruttiva. Questa tensione sperimentalistica tocca l'acme nella prima delle due Sonate, quella in mi bemolle maggiore, non accidentalmente tra le meno eseguite del repertorio beethoveniano. Si tratta, infatti, della meno tipica tra le trentadue sorelle, nel suo eccezionale frazionamento di tempi, che non va interpretato come soluzione anticipatrice di un frammentismo lirico di stampo romantico. A parte precisi riferimenti a movimenti sonatistici, quali l'"Allegro molto e vivace" in do minore, con evidenti caratteri di Scherzo, e il successivo "Adagio con espressione", palese è lo sforzo di coordinare il fitto susseguirsi di immagini in un ampio ed organico quadro formale, mediante richiami tematici, riprese di motivi e di ritmi, raccordi armonici e tonali.

Giovanni Carli Ballola


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 4 aprile 2008
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 22 aprile 1981

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Ultimo aggiornamento 2 luglio 2016